Nesti: "Juve e giustizia, il museo degli errori (o meglio...orrori)"

Nesti: "Juve e giustizia, il museo degli errori (o meglio...orrori)"TuttoJuve.com
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di Giuseppe Giannone

Sui propri canali social, il collega Carlo Nesti parla di giustizia sportiva e dei casi che hanno coinvolto la Juventus, rilevando un certo accanimento nei confronti della società bianconera: "

Quando ho cominciato l'attività giornalistica, 50 anni fa, pensavo di occuparmi soprattutto di un aspetto del calcio, quello più elementare, e cioè il gioco.

Non avrei mai immaginato, col passare del tempo, di dovere documentarmi anche su altri argomenti, apparentemente extra-sportivi, come il teppismo, la moviola, l'economia, la finanza, e la giustizia. Ecco, appunto, la giustizia...

Quella giustizia sportiva che, negli anni 70, è nota a tutti come un vanto del calcio. Nel senso che la maggiore celerità, rispetto alla giustizia ordinaria, la rende quanto mai efficace, e invidiabile, perché velocità non significa ancora fretta, superficialità, sospetto.

Spesso, fra gli anni 70 e gli anni 90, mi capita di imbattermi in campionati, in cui la Juve viene accusata di abusare del potere della famiglia Agnelli, e della Fiat. In sostanza: dei suoi proprietari. Esistono finali di tornei ricchi di episodi controversi, come il famoso gol annullato Turone.

Poi, con il nuovo secolo, avviene un autentico ribaltone.

Tutto comincia con la scomparsa dell'avvocato Gianni Agnelli (2003), e del fratello Umberto Agnelli (2004). Non a caso, con la perdita di quello straordinario scudo protettivo, si scatena, nel 2006, il ciclone di Calciopoli. Per la prima volta nella storia, la Juve, considerata quasi intoccabile, si trova sul banco degli imputati. È il capovolgimento delle parti.

Cade il sistema Moggi-Giraudo, che aveva suscitato tanta ostilità, da parte degli altri club: la loro grande competenza, ma anche la loro grande onnipotenza, che arrreca fastidio.

E la giustizia sportiva, proprio sfruttando la prerogativa rappresentata dalla rapidità, spedisce la Juve in Serie B, revocando uno scudetto, e non assegnandone un altro.

Ma quello, che sembra un cadavere bianconero esanime al suolo, sorprendentemente, si risveglia, ed è in grado, con Andrea Agnelli presidente, di vincere 9 scudetti di fila, suscitando altre evidenti antipatie.

Questo atteggiamento si accentua, nel momento in cui lo stesso Agnelli compie un clamoroso autogol, e cioè tentare l'avventura della Superlega, che lo scredita nei riguardi dell'UEFA.

In un clima totalmente sfavorevole, la Juve dà l'impressione a volte di difendersi, e a volte no, tanto da essere coinvolta in 8 casi di giustizia ordinaria o sportiva, in poco più di 30 anni, e cioè dall'avvento della Triade.

Questo dossier non vuole proporsi come un museo degli orrori, per forza, di marca juventina, ma semplicemente ricordare una serie di errori, che potrebbe toccare a qualsiasi società, non sufficientemente attrezzata, dinanzi ai poteri forti del momento.

In particolare, sono quanto mai sotto accusa le due velocità diverse, alle quali viaggiano giustizia sportiva e giustizia ordinaria, e soprattutto quante volte la giustizia sportiva assume decisioni affrettate, che poi vengono smentite dalla giustizia ordinaria.

IL "CALVARIO" BIANCONERO

La carrellata si apre con il commissario straordinario della Federcalcio Rossi, destinato a occuparsi, dal maggio all'agosto 2006, di Calciopoli. Un personaggio, che avendo fatto parte del Consiglio di Amministrazione dell'Inter, ed essendo molto vicino alla famiglia Moratti, per quanto professionista stimato, con i suddetti precedenti, non può dare garanzie di obiettività, ed equidistanza dalle parti.

Carraro, allora presidente della Federcalcio, si accorge, pochi giorni fa, 19 anni dopo, che lo scudetto tolto alla Juve non andava attribuito all'Inter, ma anch'esso non assegnato.

Quando, nel 2011, la palla passa alla giustizia ordinaria, il giudice, una donna, Teresa Casoria, smentisce la giustizia sportiva, e cioè la retrocessione in Serie B, la revoca di uno scudetto, e la non assegnazione di un altro, ai danni della Juve. Questo perché, fin dal primo grado del processo, afferma che "gli eventi accertati di frode sportiva non hanno determinato alcun mutamento nella classifica". Quindi, la gustizia ordinaria smentisce la giustizia sportiva.

II procuratore Palazzi sostiene che sono da considerare prescritti i reati, che possono configurare un illecito sportivo da parte dell'Inter. La Juve, dunque, si ritrova completamente sola, nel dovere pagare le conseguenze delle intercettazioni telefoniche, nelle quali, però, non figurano soltanto voci di dirigenti bianconeri.

Il presidente della Juve Andrea Agnelli, visto che la giustizia ordinaria assolve, di fatto, la Juve, si rivolge al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport, che, però, dichiara la propria incompetenza, in merito alla revoca dello scudetto 2005-2006. In pratica, quella giustizia sportiva, che ha giudicato colpevole la Juve, adesso, non è più in grado di giudicarla.

Voltando pagina, nel 2019, Andrea Agnelli denuncia lui stesso una serie di anomalie in Curva, nel settore che ospita le frange estreme del tifo. Perciò, la Digos di Torino dà vita all'inchiesta Last Banner. Sulla base del filone, riguardante il bagarinaggio, la giustizia sportiva infligge la squalifica di un anno, paradossalmente, a carico proprio di colui che aveva denunciato i reati, e cioè Andrea Agnelli.

La Juve, in quel periodo, appare, dunque, l'unica società d'Italia a vivere un fenomeno di questo genere, mentre è il segreto di Pulcinella il fatto che in tutta Italia, al contrario, esistano infiltrazioni malavitose di questo genere. Solo 6 anni dopo, a Milano, nell'inchiesta Doppia Curva, emergono i contatti fra la ndrangheta, e le società di Inter Milan.

Nel 2021, il giudice Santoriello, membro del pool di magistrati che indaga sulla Juve, in merito all'inchiesta Prisma-plusvalenze, dichiara, pubblicamente, di essere tifoso del Napoli, e di essere soprattutto "anti-juventino", pronunciando in un convegno la frase: "Odio la Juventus". Sconcertante.

Il Procuratore federale Chinè, sempre sul fronte delle plusvalenze, non attende, come dovrebbe, il rinvio a giudizio degli imputati, ma richiede e ottiene dalla magistratura intercettazioni che non gli spettano, non essendo ancora riconosciute come prove. Tratta severamente la Juve, che è costretta a saltare una stagione di Coppe europee, con gravi perdite economiche, ma non adotta altrettanta solerzia nell'affrontare il caso Osimhen.

L'amministratore delegato della Juve Arrivabene viene squalificato dalla Giustizia Sportiva per 24 mesi, a causa di operazioni legate alle plusvalenze, ma il grave errore è che quelle imputazioni riguardano un periodo, nel quale lo stesso Arrivabene non aveva ancora assunto la carica. Sono necessari 4 anni perché la giustizia ordinaria determini il "non luogo a procedere" nei riguardi dello stesso Arrivabene, smentendo, per l'ennesima volta, la giustizia sportiva.

Berruto, responsabile nazionale dello sport per il Partito Democratico, formula una richiesta di indagine conoscitiva sul tema della giustizia sportiva. Afferma che questo sistema, da riformare, è diventato ormai "una clava per demolire gli avversari delle governance federali, in fantomatici tribunali dove i giudici vengono scelti da chi dovrebbe essere giudicato".

CONCLUSIONE

Ciò, che ho raccontato, sarebbe una retrospettiva cronistica, e basta, se non servisse per sostenere una battaglia, che Andrea Agnelli sta combattendo non solo per la Juve, ma per tutto il calcio italiano. Infatti, il dirigente, per quanto riguarda il caso plusvalenze, ha patteggiato a livello di giustizia ordinaria, ma non lo ha fatto a livello di giustizia sportiva. Perché?

Perché, di ricorso in ricorso, rimasto ormai solo in questa scalata, è arrivato sino alla Corte di Giustizia UE, in Lussemburgo, con il coinvolgimento, come auspicava, della Federazione Italiana Gioco Calcio. Agnelli chiede di valutare la compatibilità normativa della giustizia sportiva italiana con quella comunitaria. Se venisse accolta la tesi dell'ex presidente, sarebbe un altro ciclone, ma stavolta bianconero. La fine della Giustizia Sportiva italiana, per come l'abbiamo intesa, e ben poco apprezzata, in questi circa 25 anni.

Sulla base di tanti macroscopici errori, infatti, sarebbe veramente il caso di riportare al passo con i tempi una istituzione, che è diventata inadeguata per dirimere i problemi del calcio, sempre più caratterizzato da enormi interessi economico-finanziari.

Ripeto ancora: è una battaglia combattuta per il bene di tutti, cercando di non considerare coloro, che hanno avuto miglior fortuna rispetto alla Juve, e si sono salvati da ingiustizie, che vanno al di là delle divisioni del tifo.

Che lo si voglia ammettere, o non lo si voglia ammettere. Amen".