Danilo: “Nelle squadre come la Juventus, dove la pressione è massima, capita di essere fischiati ma sono quei momenti di difficoltà che mi hanno insegnato la vera forza"

13.03.2025 21:40 di  Marta Salmoiraghi  Twitter:    vedi letture
Danilo: “Nelle squadre come la Juventus, dove la pressione è massima, capita di essere fischiati ma sono quei momenti di difficoltà che mi hanno insegnato la vera forza"
TuttoJuve.com
© foto di www.imagephotoagency.it

Il difensore Danilo è stato ospite di una puntata del podcast "Più , condotto dal portiere ed ex compagno di squadra alla Juventus Mattia Perin e dalla mental coach Nicoletta Romanazzi. Il format esplora la profondità della mente umana, tema molto caro al difensore brasiliano, e le strategie che trasformano gli atleti in vere e proprie leggende. 

Durante l’episodio, ripercorrendo il suo percorso professionale, ha svelato ciò che lo ha maggiormente aiutato a superare le sfide e a raggiungere i suoi obiettivi, a cominciare dalla conquista della prima squadra del Santos a soli 16 anni: "Mi ricordo una volta dovevamo fare un allenamento di corsa, dei giri di campo ed io di solito ero sempre tra gli ultimi, non facevo mai i tempi giusti. Ad un certo punto ho detto basta, non voglio essere quello che arriva per ultimo, voglio essere il primo. Sono partito il giro successivo ed ero davanti a tutti, gli allenatori erano sorpresi. In quell’allenamento lì, alla fine, avevo fatto i tempi migliori di tutti e da lì in poi ho pensato ‘Da quì non posso tornare indietro’. Quel giorno lì, quell’allenamento mi ha portato tante cose buone. Il calcio ci fa maturare troppo presto, abbiamo sempre l’ansia di raggiungere le cose più velocemente possibile. Avevo 16 anni e credevo fosse già tardi."

Le prime difficoltà al Porto: "Al Porto le cose sono iniziate ad essere difficili, nonostante guadagnassi i miei primi soldi perchè in quel momento lì ero tra gli acquisti più costosi della storia del club e nel primo anno non riuscivo a rispettare le aspettative, dei tifosi e le mie. Non giocavo come volevo e quella era la principale frustrazione. Il primo anno ogni giorno pensavo di voler tornare inBrasile, poi ho pensato ‘Io voglio diventare un calciatore importante per il mio Paese’ volevo essere un qualcosa in più, fare la storia."

Sull’importanza dello psicologo dello sport: “ La vita ti fa dei regali e in quel periodo un mio compagno di squadra, al Real, Lucas Silva mi aveva presentato uno psicologo dello sport. All’inizio avevo accettato per educazione, rispetto. Avrei giocato il sabato e lui è venuto il mercoledì prima. La prima seduta era per cercare di capire il perchè di quelle ansie e di quelle paure. Una delle prime cose che mi ha insegnato è l’importanza dell’attivazione, della respirazione. Gestire la respirazione per evitare di perdere troppe energie in campo. Poi, la mia testa volava in campo, pensavo a tante cose e abbiamo lavorato anche su questo, prima di entrare in campo mi ha insegnato a scrivere tutto ciò che mi passa per la testa. Infine, porsi piccoli obiettivi, ‘in questa partita voglio fare 3 cross, voglio fare 5 interventi’ e celebrare ogni obiettivo che raggiungi. La partita successiva ci ho provato ed è andata bene. Avevo voglia di imparare cose nuove, di essere un essere umano completo soprattutto per i miei figli. Il lavoro con questo psicologo mi è piaciuto tanto, mi sono avvicinato molto al mondo della psicologia. Una persona deve riconoscere le proprie debolezze, essere vulnerabile per poi potenziare."

Ottavi di Champions con il Wolfsburg e la reazione ai fischi :”I momenti di difficoltà ci insegnano sempre qualcosa anche se in quel momento lì non te ne rendi conto. Agli Ottavi di Champions contro il Wolfsburg per esempio avevamo perso 0-2 e mi fischiavano tutti, ce l’avevano con me e anche nel weekend quando sono entrato al 70esimo tutto il Bernabeu mi fischiava, avevo paura, non sapevo cosa fare o lasciare andare e accettare la sconfitta onon mollare. Ho giocato quei venti minuti come se fosse la finale di Champions, a fine partita le persone mi applaudivano. Ad oggi, con la Juventus, con la Nazionale Brasiliane capita di essere fischiati, soprattutto in squadre dove la pressione è massima, oggi riesco a girarmi e dire ‘faremo meglio’. Quel momento di difficoltà mi ha insegnato ad avere questa forza, questa consapevolezza. Mi ha anche aiutato a capire che un piccolo momento non definisce l’intera situazione ”

Una carriera fatta di cambiamenti: “ La mia carriera, alla fine, non è stata lineare. Ci sono stati tanti cambiamenti ed io li ho accettati, anche con paura mi davano motivazione. Ad oggi, a quasi 33 anni dopo 13 anni alla Nazionale Brasiliana, da capitano e anche alla Juventus, guardo indietro e penso menomale che ho avuto tutte quelle difficoltà, non sarei arrivato così, con questa consapevolezza sull’importanza di questo lavoro. La vita è fatta di incertezza, il cambiamento è importante nell’evoluzione di una persona. Sono grato di quei momenti difficili."

Essere d’ispirazione per i bambini :”Nel mio futuro vorrei far arrivare questi messaggi sull’incertezza della vita e su ciò che imparato in questa vita calcistica a più persone possibili ma principalmente ai bambini, sono appassionato di psicologia infantile e so che inizia tutto da lì."