Cabrini: “Quando una squadra come la Juve subisce tre o quattro gol, è evidente che manca qualcosa a livello difensivo. C'è del lavoro da fare per ritrovare solidità”

Antonio Cabrini sul big match Juventus-Atalanta a Gazzetta: «Mi aspetto una sfida equilibrata. Il 4-4? Quello non è calcio. Quando una squadra come la Juve subisce tre o quattro gol, è evidente che manca qualcosa a livello difensivo. C'è del lavoro da fare per ritrovare solidità. A me piacevano i risultati da 2-0 o 1-0, tipici di una squadra equilibrata».
Juventus-Atalanta, il pronostico di Cabrini: «Con queste due può succedere di tutto»
«Pronosticare il risultato tra Juventus e Atalanta è sempre complicato», prosegue Cabrini. «Mi aspetto una partita aperta, ma con meno gol rispetto al 4-4 visto contro il Borussia Dortmund in Champions League. Juventus e Atalanta sono due squadre imprevedibili. La squadra ha dimostrato carattere. Rimontare da 4-2 a 4-4 in Champions significa che la mentalità c’è. Ora serve ritrovare la solidità mostrata a inizio stagione per restare agganciati al Napoli e sperare in qualche passo falso dei campioni d’Italia in carica».
Chi servirebbe alla Juve per battere l’Atalanta? Cabrini non ha dubbi: «Scirea»
Se potesse scegliere un campione della sua Juventus da affiancare alla rosa attuale, Cabrini è sicuro: «Direi Gaetano Scirea, subito. In coppia con Bremer, riporterebbe equilibrio e sicurezza alla difesa».
Vlahovic, Openda o David? Cabrini punta su Cambiaso e Locatelli. Sui bomber più attesi, Cabrini sorprende: «Io punto su Cambiaso, un azzurro imprevedibile, pericoloso per le difese come quella dell’Atalanta. E mi aspetto molto anche da Locatelli: ha la stoffa del capitano, è un vero leader. Il mio preferito resta Vlahovic. L’alternanza in attacco può essere un punto di forza per Tudor, se gestita con intelligenza».Se fossi Tudor, temerei soprattutto Pasalic.
Il consiglio di Cabrini a Yildiz? «Ti racconto Platini…»
Infine, Cabrini torna ai suoi ricordi bianconeri: «A Kenan Yildiz racconterei di Michel Platini. Era un genio, dentro e fuori dal campo. Amava dire di essere un “finto francese” perché giocava per la squadra, non solo per se stesso. Un vero fuoriclasse».