Spendere meno non significa sempre avere una squadra meno forte
"Questo fenomeno di sproporzione della possibilità di investire sui calciatori ha creato un’inflazione degli stipendi e dei cartellini dei giocatori anche al di fuori delle stesse squadre interessante a un certo tipo di livello. Oltre un certo limite credo non sia sano andare, per noi ma non solo". Le parole di Maurizio Scanavino sono lo specchio dei tempi e, di fatto, c'è l'idea di volere sconfessare tutto quanto era stato fatto da Andrea Agnelli nell'ultimo periodo della sua reggenza. Perché l'inflazione l'ha portata la Juventus da Ronaldo in poi, ma c'era già un livello troppo alto per essere sostenibile: dei quindici giocatori, nel 2019, ben tredici erano della Juve.
Prosegue Scanavino. "È vero, un campione può fare la differenza, ma il calcio è un gioco di squadra e ci sono tanti altri elementi da tenere in considerazione. Con la parte sportiva rappresentata da Giuntoli e Motta stiamo lavorando molto nell’avere dei giocatori forti che possano far parte di una squadra e che possano fare la differenza colmando il livello verso certi club, che sì hanno una raccolta di campioni ma spesso risultano difficili da tenere insieme".
La verità è che la Juventus non può essere paragonata alle grandi d'Europa a causa di ricavi in merchandising e da incassi dallo stadio. Non potrà mai essere competitiva economicamente e dunque il grandissimo campione, quello da 31 milioni di euro all'anno per intenderci, in casa Juve sarà impossibile da stipendiare. Forse è meglio così, visto che Allegri con una squadra forte ma "normale" negli ingaggi era arrivato due volte in finale di Champions League. Alle volte spendere meno non significa creare qualcosa di peggio.