Spalletti identitario tra il 4-2-3-1 e il 4-3-3. Ma non è detto che basti
Identità, finalmente? Luciano Spalletti nelle ultime 693 partite ha utilizzato sostanzialmente due moduli: 4-2-3-1 o il 4-3-3. Un rientro alla Thiago Motta, un ritorno all'antica. Perché era la scelta dell'italobrasiliano prima di Igor Tudor, anche lui identitario nel suo 3-5-2. Sconfessato nelle ultime partite con un 4-3-3 raffazzonato, confusionario. Non dovrebbe essere il caso di Spalletti, convinto nelle sue idee e capace di dare un'impronta quasi sempre credibile alle proprie formazioni.
Non lo ha fatto con la Nazionale, anzi. Ha deciso di cambiare in corsa, dopo il 4-3-3 con la Svizzera (figura barbina) era riuscito con il 3-5-2 ad abbattere la Francia vicecampione del Mondo. È stata probabilmente la sua tomba, visto quanto poi successo con la Norvegia di Haaland, un tre a zero senza grosse possibilità di replica. Ed è il risultato che, almeno per ora, pregiudica la presenza della nazionale ai prossimi Mondiali.
Non ha un complito semplice, ma va detto che allenatore e commissario tecnico sono sostanzialmente due ruoli molto diversi. Uno può essere il miglior selezionatore al mondo ma non un buon tecnico e viceversa. Il curriculum precede Spalletti, quindi si può essere cautamente ottimisti rispetto al recente passato. Ammesso (e non concesso assolutamente) che possa fare la differenza sin da subito, in un ambiente decisamente complicato.
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