Non è tempo di processi ma di stare vicini alla squadra. Basta gestire, si deve giocare!

E' finito il tempo della gestione. Ora si può e si deve soltanto vincere.
23.04.2018 15:15 di  Enrico Danna   vedi letture
Non è tempo di processi ma di stare vicini alla squadra. Basta gestire, si deve giocare!
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Non è tempo di tragedie greche, di funerali anticipati né tanto meno di suicidi collettivi. Al contrario, è il momento di stare uniti, compatti e sostenere la squadra da qui al 20 maggio come se non ci fosse un domani. Ci sarà tempo per i bilanci, per le critiche o gli applausi. Il nostro compito è quello di stare vicini alla Juventus, di incitare i ragazzi più di prima, incessantemente, senza condizioni di sorta. Il compito della squadra e del mister in primis, è quello di stare in silenzio, lavorare e soprattutto GIOCARE. Sì, perché le partite si possono vincere o perdere, ma occorre almeno giocarle. E ieri sera, in tal senso, s'è veramente toccato il fondo. La speranza è che, come a Madrid, non avendo più nulla da gestire, si scenda in campo a San Siro con gli occhi della tigre, con la bava ala bocca, pronti ad azzannare l'avversario. Del resto, d'ora in avanti, si potrà solamente vincere, mentre il tirare a campare segnerà, inevitabilmente, la fine di ogni sogno di gloria. E' tutto ancora nelle nostre mani, anche se, tra Crotone e Napoli abbiamo dilapidato un bel gruzzolo. Ci rimane un punto di vantaggio: certo, è una miseria rispetto ai sei di una settimana fa, ma è sempre un vantaggio (minimo, ma reale). L'importante è rendersi conto di aver fatto una gara imbarazzante sotto tutti i punti di vista (concentrazione, idee, cattiveria agonistica, dedizione, voglia) e ripartire dagli errori commessi per essere più forti di prima. Gli altri stanno già celebrando il nostro funerale: bene, cerchiamo allora di dimostrargli che siamo più vivi che mai; trasformiamo la rabbia in fervore agonistico e andiamo a prenderci questo scudetto.

Ci abbiamo creduto a Madrid, a maggior ragione dobbiamo crederci oggi. I primi a crederci, però, devono essere il mister e i calciatori. Basta col “braccino corto”. Non commettiamo nemmeno l'errore di sottovalutare i segnali di ieri. Si potrebbe fare finta di nulla e dire che in fondo, è stato un episodio a decidere la gara, nonostante il dominio territoriale del Napoli. Sarebbe un errore non grave, ma gravissimo. Se Sarri dice di aver capito di poterla vincere nel primo tempo, noi, dagli spalti, abbiamo capito di poterla perdere già nei primi dieci minuti quando, con Chiellini in campo in evidenti condizioni di precarietà fisica, i compagni continuavano a passargli la palla, al limite della nostra area di rigore, col rischio di perderla e farsi infilare come polli. Errori del genere, da parte di giocatori esperti, denotano uno stato mentale non sereno. A voglia a dire che la partita era stata preparata bene e in un altro modo: a vedere ciò che è successo in campo, parrebbe più che fosse stata preparata a cacchio di cane. Dare la colpa a questo o quel giocatore è assurdo, visto che la squadra ha fatto malissimo dal primo all'ultimo dei suoi elementi (mister in testa). Ora, ci sarà una settimana di tempo per alleggerire mente, gambe e cuore. Fino alla fine è, e fino alla fine dovrà essere.