MUGHINI su Libero: "Lumiltà della Signora. Per il Fatto i tifosi bianconeri sono geneticamente altezzosi. Che cantonata..."

I tifosi juventini appartengono tutti a una razza speciale e maledetta, da come ha scritto Stefano Caselli su un’intera paginata de “il Fatto quotidiano” di mercoledì 29 dicembre: «Il tifoso della Juventus non si rassegnerà mai alla democrazia sportiva. Rinunciare a guardare tutti - nel senso più letterale del termine -, dall’alto in basso è un’affronto difficile da digerire». Caselli scrive esattamente così, con l’apostrofo a congiungere “un”e il sostantivo maschile, un errore di italiano di quelli gravi. Volessi essere altrettanto perentorio e volgare, potrei affermare che tutti i collaboratori de “il Fatto quotidiano” zoppicano mica male nell’uso della lingua italiana. Sarebbe per l’appunto un’affermazione perentoria e volgare che non mi passa neppure per la testa. Le generalizzazioni sono bandite. In ogni campo della vita, e del giornalismo, ciascuno risponde di quello che fa e solo di quello. Oltretutto lo spunto di partenza del pezzo di Caselli è sacrosanto. Succede difatti che un sito di tifosi juventini avesse eletto Zibì Boniek una delle 50 “stelle” della storia del calcio juventino, uno dei 50 giocatori le cui immagini pavimenteranno l’esterno del costruendo stadio della Juventus a Torino.
Il nodo Zibì - Succede anche che la parte più fondamentalista della tifoseria juventina, quella che in fatto di valutazioni su quanto successo nell’estate 2006 non ammette “se” e “ma” (è stata una rapina e una distruzione della storia juventina, il suo nome è “Farsopoli”), si sia impennata a sentire pronunciare il nome di Boniek. Il grande campione polacco, che da molti anni era in rapporti conflittuali con la Triade, lo dice e lo ripete tutte le volte che può: che Luciano Moggi non era uno stinco di santo, che le telefonate ai designatori arbitrali non fanno parte del galateo del calcio, che in fatto di uso di medicinali illegali la società Juventus non era stata adamantina tanto che per una parte delle accuse contestategli l’assoluzione era avvenuta per “prescrizione” e non per “non aver commesso il fatto”. Ed ecco che il nome di Boniek viene depennato dalla lista dei magnifici 50. Una scelta demenziale. L’uomo Boniek ha il diritto di dire tutto quello che vuole quando parla di Calciopoli o di altro, il che non toglie nulla alla abbagliante lucentezza di quelle sue dirompenti cavalcate fin dentro le aree avversarie nelle partite di Coppe europee, e furono anni in cui la Juve di Boniek portò a casa successi su successi in campo internazionale. Ai miei occhi Boniek è senz’altro una delle 50 stelle della nostra storia ultrasecolare e nessuno ci può mettere becco. Tornare indietro su quella decisione è stato un atto di cattivo gusto. Deprecabilissimo.
Vetrine intatte - Che poi quella dei tifosi juventini sia una razza maledetta, è tutto da dimostrare.
Non un tifoso juventino ha lesionato una vetrina mentre i giudici sportivi scaraventavano un paio di bombe atomiche sulla storia e sulla identità della Juve, e questo mentre vi ricordate - e tanto per fare un esempio - di come Firenze venne messa a ferro e fuoco dai tifosi fiorentini quando arrivò la notizia che Roberto Baggio era stato ceduto alla Juve. Anziché rompere vetrine, la buonaparte dei siti juventini ha cominciato un lavoro di documentazione e di analisi dei documenti relativi a Calciopoli e del libro fondante su cui Calciopoli è basata: il famoso memoriale che prende il nome da un ufficiale ambizioso e inesperto di calcio, quel tenente colonnello Auricchio che si faceva imbeccare da un giornalista della “Gazzetta”suo amico. I siti juventini hanno prodotto montagne di documenti, libri, analisi circostanziate dei nomi e dei fatti che hanno messo quel memoriale con le spalle al muro del ridicolo. Questo hanno fatto. È poi ameno dire che i tifosi juventini con conoscono il sapore della sconfitta. Dopo il quinquennio 1930-1935 e per 14 anni la Juve non vinse lo scudetto. Dopo i primissimi anni Cinquanta e per almeno setteotto anni la Juve si barcamenò nella mediocrità e ci fu un anno che Giampiero Boniperti fece il voto di non più fumare se la squadra non fosse precipitata in B. Durante gli anni della Grande Inter di Suarez e Corso, noi il grande calcio lo guardavamo e lo ammiravamo in tv giocato da atleti in maglia nerazzurra. All’uscita di Platini dal calcio giocato arrivò la corazzata milanista e per noi furono nove anni di umiliazioni. Nove anni lunghi lunghi. Chi sa di calcio tutto questo lo ricorda a memoria, e del resto è la legge dello sport. C’è quando vinci, c’è quando perdi.
Dedica a Peppino - Per quel che mi riguarda ho dedicato uno dei due libri che ho scritto sulla Juve alla memoria dell’avvocato Peppino Prisco, mio indimenticabile rivale di cento e cento duelli televisivi. Nel secondo di quei libri ho scritto che ci fu un anno in cui gli errori arbitrali a favore della Juve furono tali e tanti che al mister (Gigi Simoni) dell’Inter che da quegli errori fu danneggiata andrei personalmente a cucire lo scudetto dalla maglia. In diretta televisiva ho detto una volta a Massimo Moratti che avevo cominciato ad apprezzare il calcio moderno dal guardare alla televisione la squadra costruita da suo padre, la Grande Inter. Aggiunsi che aspettavo da parte sua un altrettale gesto cavalleresco sotto forma di apprezzamento di una delle Grandi Juve di questi ultimi anni. Sto ancora aspettando. E quanto a lezioni di cavalleria sportiva, sto ancora aspettando che qualcuno dei tifosi emeriti dell’Inter, un Michele Serra o un Beppe Severgnini, dicano che quando passano accanto alla bacheca dove sono allineati i trofei dell’Inter devono turarsi il naso da quanto è forte il fetore del quattordicesimo scudetto, quello che sa di merda e di cartone.