ANTONIO CONTE E LA JUVENTUS VINCENTE

01.06.2011 20:30 di  Thomas Bertacchini   vedi letture
ANTONIO CONTE E LA JUVENTUS VINCENTE
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© foto di Alberto Fornasari

In quella mattinata di inizio novembre del 1991 Giampiero Boniperti avrebbe dovuto sbrigare due pratiche veloci, utili per correggere i difetti di una Juventus che nel corso dell’estate era stata completamente ridisegnata dopo il recente fallimento sotto la guida di Maifredi e la regia di Montezemolo. Definito il ritorno all’Atalanta di Lamberto Piovanelli, attaccante promettente ma sfortunato, arrivò poi il momento di limare gli ultimi dettagli della trattativa per l’acquisto di Antonio Conte, centrocampista ventiduenne all’epoca in forza al Lecce.

Domenico "Mimmo" Cataldo, direttore sportivo della società salentina, giunto nella sede bianconera di Piazza Crimea in compagnia del ragazzo si lasciò andare ad un breve (e lusinghiero) giudizio nei suoi confronti davanti ai giornalisti presenti sul posto: "Come giocatore è da sette, come uomo da otto".

"Otto" fu anche il numero della sua maglia bianconera, che indossò per la prima volta dall’inizio di una gara nel corso di un’amichevole organizzata nel Principato di Monaco, disputata dalla Juventus contro la squadra locale il 19 novembre 1991. Soltanto due giorni prima aveva debuttato in serie A con i nuovi compagni, entrando al posto di Schillaci quando il derby della Mole si stava ormai avviando verso la conclusione con la vittoria di Madama per 1-0 (il goal venne realizzato da Casiraghi).

Trapattoni utilizzò la trasferta monegasca per vederlo all’opera nel contesto di una linea mediana improvvisata, dove Conte apparve talmente in difficoltà da generare lui stesso la rete della vittoria dei francesi con un errato disimpegno verso Tacconi sul quale si avventò Fofana, la punta dei padroni di casa, abile poi a trafiggere il numero uno juventino.
Uscì dal campo dopo ottantuno minuti di gioco, sostituito da Angelo Alessio, suo attuale collaboratore.
Tra le fila del Monaco militava un giovanissimo Lilian Thuram, che risultò uno dei migliori tra i calciatori scesi in campo.

La timidezza dei primi giorni fece spazio alla grinta di un uomo che finì col diventare nel tempo uno dei simboli delle Juventus vincenti di Marcello Lippi. Dopo tredici stagioni da protagonista abbandonò la casa madre per tornarvi adesso, trascorsi altri sette anni dal momento del suo allontanamento.
Antonio Conte inizia ora un nuovo percorso, e la domanda che tutti si pongono è se riuscirà a vincere da allenatore qualcuno dei trofei conquistati a Torino nelle vesti di calciatore.

Nei primi campionati dal momento del suo ritorno in serie A Madama è passata dal terzo al secondo posto: mandato via Ranieri, concessa (e confermata) la fiducia a Ferrara, è iniziato il lento e inesorabile declino che l’ha portata a piazzarsi stabilmente in settima posizione nei due anni immediatamente successivi, traghettata da Zaccheroni prima e guidata dal "dittatore democratico" Del Neri poi.

A volte i cicli vittoriosi di alcuni club vengono ricordati nel tempo citandone semplicemente l’allenatore, oppure snocciolando i nomi di alcuni tra i giocatori fondamentali per le loro fortune. Viceversa, quando i progetti delle società finiscono col cadere a pezzi a farne le spese nell’immediato sono sempre gli stessi: i tecnici. Si tratta di un giochino che ha una sua scadenza, variabile a seconda del numero dei fallimenti: prima o poi si finisce col puntare il mirino delle critiche molto più "in alto", direttamente alla fonte, laddove nascono quelle decisioni che poi originano trionfi o sconfitte.

Premesse e promesse lasciano il tempo che trovano, e Conte ha dimostrato nelle recenti dichiarazioni rilasciate a mezzo stampa di aver compreso la situazione che attraversa la società che ama, per la quale ha giocato e che adesso proprio lui che siederà sulla sua panchina dovrà aiutare a rialzarsi. Sacrificio, lavoro, sudore sono gli ingredienti giusti per riportare la Vecchia Signora in prima fila tra le candidate alla vittoria finale e per riproporla come protagonista, sempre e comunque.
Le storie si raccontano ogni stagione sino a gennaio, la storia si scrive tra aprile e maggio: l’obiettivo è farsi trovare pronti al posto giusto nel momento giusto.

Quando incontrò la Vecchia Signora per la prima volta, uscito dalla sede di piazza Crimea, disse: "Sono venuto a conoscere i dirigenti della squadra in cui spero di giocare. Boniperti mi ha spiegato che la Juve deve ritornare a vincere subito. Come non essere d’accordo?".
A distanza di poco meno di vent’anni è stato lui a dover rispondere ai cronisti in merito alle domande su quanto dovranno ancora aspettare i sostenitori bianconeri per vedere nuovamente una Juventus vincente: "Chi ha tempo non aspetti tempo".
Nell’attesa: bentornato a casa, Capitano.