ANDREA FORTUNATO ED IL SUO GOAL SEGNATO A ROMA...

20.10.2011 22:00 di Thomas Bertacchini   vedi letture
ANDREA FORTUNATO ED IL SUO GOAL SEGNATO A ROMA...
© foto di Giuseppe Celeste/Image Sport

Accadde allo stadio "Olimpico" di Roma, il 12 dicembre 1993: con un violento sinistro scagliato a pochi metri di distanza dalla porta laziale difesa da Luca Marchegiani, Andrea Fortunato mise a segno il suo primo e unico goal con la maglia della Juventus.
La Vecchia Signora, a digiuno di scudetti ormai da sette stagioni, in quella quindicesima giornata di campionato si presentò nella capitale falcidiata nella propria rosa dalla contemporanea assenza di più elementi importanti nello scacchiere tattico di Giovanni Trapattoni.

Nonostante ciò i torinesi iniziarono la gara col piede giusto: ben sistemati sul campo e pronti a bloccare con tempestività i rifornimenti a Signori e Boksic (il duo d’attacco dei padroni di casa), non si lasciarono sfuggire le occasioni di riproporsi velocemente in fase di contropiede guidati dall’intraprendenza di Antonio Conte, il più abile tra i presenti nel trasformare le azioni juventine da difensive ad offensive.

Il centrocampista bianconero, dirimpettaio del laziale Di Matteo sulla linea mediana, si alternò con Dino Baggio nella custodia del talentuoso e bizzoso Paul Gascoigne, al rientro sui terreni di gioco dopo un’assenza forzata durata quasi due mesi a causa di un infortunio derivante da una tendinite alla gamba sinistra.

Terminata in parità la prima frazione di gioco, nella ripresa l’autorete dello juventino Kohler spezzò l’equilibrio dell’incontro per qualche minuto. Giusto il tempo necessario a Madama per conquistare una punizione in prossimità dell’area di rigore avversaria: l’altro Baggio, Roberto, centrò in pieno la traversa; il pallone s’impennò verso l'alto, salvo poi ricadere a pochi passi di distanza dalla porta avversaria, dove Kohler (ancora lui) lo porse di testa all’indisturbato Fortunato pronto a dirottarlo con forza in rete.

Nessuno, all’epoca dei fatti, avrebbe mai potuto immaginare che a quel ragazzo la vita non avrebbe concesso molte altre opportunità di poter vivere simili momenti di gioia. La sua corsa piena di felicità nel prato verde dello stadio "Olimpico", con i capelli al vento ed il dito indice della mano sinistra alzato in segno di gioia, è rimasta impressa nella testa e nel cuore di milioni di tifosi della Vecchia Signora, che ancora oggi lo ricordano con affetto.

Di tutti gli avversari che aveva affrontato lungo le sue scorribande sulla fascia, ne trovò uno insuperabile: una forma di leucemia acuta linfoide che ne minò il fisico sino a renderlo talmente debole da non disporre più delle forze necessarie per poter lottare per la sopravvivenza.

Pochi giorni prima della morte confessò in una toccante intervista le emozioni provate nell’uscire dall’ospedale di Perugia dopo il secondo trapianto subito dall’inizio della sua lotta contro la malattia (allorquando gli vennero infuse le cellule sane del midollo del padre): "Non immaginavo quanto potesse essere meravigliosa anche una semplice passeggiata".

Il pensiero correva alle sfumature di una vita ormai stravolta: "Capisci che l’amicizia è la prima cosa; io, per esempio, ho un fratello in più, Fabrizio Ravanelli. È stato incredibile, mi ha messo a disposizione una parte della sua vita, non solo la sua famiglia e la sua casa di Perugia; non si può descrivere con le parole. Il giorno più bello, in questi mesi di malattia, l’ho vissuto quando lui ha segnato 5 goal al Cska, in Coppa; quella sera ho capito davvero che cosa è la felicità; ed è stato altrettanto bello, vedere Fabrizio esordire in Nazionale, proprio a Salerno, la mia città".

Ravanelli, che in quella domenica di dicembre del 1993 si ritrovò solo al centro dell’attacco bianconero (Gianluca Vialli era infortunato, e caso vuole che qualche mese prima proprio allo stadio "Olimpico" si fece male nella gara contro la Roma) non riuscì a portare la Juventus alla vittoria sulla Lazio: Madama, infatti, affondò sotto i colpi di Boksic e Gascoigne.

L’appuntamento per lo scudetto slittò di una stagione: in quella successiva arrivò a Torino il tricolore numero ventitré. Il 25 aprile 1995, poco tempo prima della certezza matematica del successo finale, Fortunato partì per un viaggio dal quale non avrebbe mai fatto ritorno. Il sabato seguente, nella difficile trasferta di Firenze, Ravanelli e Vialli con le loro reti furono tra i principali protagonisti del trionfo bianconero contro gli eterni rivali viola, conclusosi col risultato di 4-1 per gli uomini di Marcello Lippi.

Vialli, il capitano alla guida di un gruppo che aveva perso uno dei suoi giocatori più promettenti, durante la cerimonia funebre lesse un ultimo saluto al giovane terzino "a nome di tutta la squadra", concluso con un pensiero commovente: "Onore a te, fratello Andrea Fortunato".
Sarebbe stata dura per chiunque scegliere parole migliori di quelle.