L’ultimo dei romantici: Ronaldo a Manchester, una fuga d’amore. Juve ferma così? Un grosso rischio

31.08.2021 00:00 di  Ivan Cardia  Twitter:    vedi letture
L’ultimo dei romantici: Ronaldo a Manchester, una fuga d’amore. Juve ferma così? Un grosso rischio
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C’è la bella che ti ha sedotto e di cui non ti sei davvero innamorato. Vi siete visti un mercoledì sera, qualcuno in più a dirla tutta, vi siete piaciuti, vi siete detti perché no. C’era chi, a essere onesti, chi diceva no: la bella l’ha mandato via, pur di averti, a fare felice qualcun altro. E poi c’è il tuo primo amore, quello che ti fa battere il cuore e che si emoziona ogni volta che ti vede. Non è più affascinante come un tempo, ma gli anni passati non hanno intaccato il sentimento reciproco. È questione di punti di vista. Da questo, Cristiano Ronaldo che torna al Manchester United è una fuga d’amore, è l’ultimo dei romantici nel calcio dei milioni. Altro che Messi, finito a Parigi tra lacrime di coccodrillo e petrodollari nelle tasche. Macché, CR7 s’è persino ridotto lo stipendio e ha rinunciato a un regime da paradiso fiscale o giù di lì: questo sì che è vero amore. Certo, c’è stato di mezzo un tradimento agognato, perché il City era l’unica che voleva Sua Maestà. Certo, saranno stati utili i buoni uffici all’Old Trafford di Jorge Mendes. Certo, è scappato da Torino in fretta e furia, manco fosse prigioniero. Nell’estate della Superlega, però, è una bella storia d’amore.

Il fatto è che dall’altra parte della barricata c’è la Juventus. Sedotta e abbandonata in men che non si dica. Intendiamoci: i tempi erano maturi per la separazione reciproca. È un peccato che il non aver neanche sfiorato, ma nemmeno da lontano, la Champions League debba rovinare il ricordo di quello che è stato il colpo del secolo. Affare o flop? Ronaldo non è stato all’altezza della Juventus o la Vecchia Signora non è stata all’altezza di Cristiano? Tre anni si portano dietro così tanti interrogativi, a tali e tanti livelli, che una risposta univoca è pressoché impossibile. Era arrivato il momento di dirsi addio, si era capito dal ritorno di Allegri. La Juve, nella sua nuova dirigenza, ne esce anche bene per il messaggio che ha mandato convocando a palazzo Mendes e per la fermezza che ha dimostrato nel chiudere la trattativa (a ora, manca il comunicato, non è proprio un dettaglio) soltanto alle proprie condizioni. Un po’ meno bene se si considera che ha scelto Ronaldo se e dove andare, ma soprattutto quando.

La tempistica, in fin dei conti, è la principale problematica di un affare che lascerebbe tutti contenti. Lo United evita lo smacco di vedere il figlioccio di Ferguson al City, e pazienza se ha da pelare la gatta del numero 7 e del brand che si porta dietro; Ronaldo fugge da una sorta di gabbia dorata in cui le prospettive di vittoria a livello europeo sono andate scemando col passare degli anni; la Juve respira ossigeno puro, tirando una boccata da 55 milioni e passa (il comunicato di cui sopra, si diceva, manca). Ceduto un papa, di solito, se ne fa però un altro. Perché, se è vero che il colpo Ronaldo non ha reso quanto sperato, e a livello economico era diventato un peso quasi insostenibile, non va via un giocatore qualsiasi. 101 gol in tre anni, tanto per cominciare, sono un’enormità. Massimiliano Allegri assicura che la Juve li ha nelle gambe, che li hanno i Dybala, i Morata, i Chiesa, i Rabiot, i McKennie. Sono gli stessi dell’anno scorso, e in quelle gambe non s’è visto così tanto. Oltre alla quantità, c’è la qualità: per dirne una, nell’ultima campagna europea vagamente accettabile (Allegri, uscito con l’Ajax) fu proprio Ronaldo a tirare la carretta, segnando tutte le reti della Juve nella fase a eliminazione diretta. Quanto al contraccolpo psicologico, s’è visto contro l’Empoli, una delle peggiori partite della Juve degli anni recenti. Nella quale c’è, lo si dica per onestà, molto di più.

E invece radiomercato racconta che la Juve resterà così. Dovrebbe, almeno. Ripreso Moise Kean, avanti senza ulteriori innesti. Due righe sull’attaccante classe 2000: dal ritorno di Allegri in poi, è come se a Torino si stia cercando di rinnegare e azzerare quasi tutto quello che è successo negli ultimi due anni. In parte è comprensibile, perché alcuni errori la Juve li paga tuttora; in parte meno, perché non è stato tutto sbagliato e soprattutto i colpi di spugna sono la pars destruens, a cui dovrebbe seguire quella construens. La Juventus è convinta (queste le indicazioni alla mezzanotte dell’ultimo giorno di mercato, almeno, poi le sorprese son sempre dietro l’angolo) che quest’ultima si possa fondare sulla rosa che Allegri ha già a disposizione. Ecco, il livornese non ce l’ha ovviamente, ma una bacchetta magica servirebbe eccome. Per esempio, per trovare un regista in una squadra che non è: non lo prescrive il dottore, ragion per cui si potrebbe per esempio cercare un’altra via che eviti di dover adattare di volta in volta il Danilo o il Ramsey di turno. Qualche innesto ulteriore, magari due (un centrocampista e Icardi, come minimo quest’ultimo), sarebbero (stati) utili a una squadra che da alcune stagioni ha croniche ed evidenti lacune nella propria rosa. Il 9 manca da troppo, per esempio. Se ne può anche fare a meno, sull’altare dell’austerity che interessa tutto il calcio italiano, se è vero come è vero che quasi tutti i migliori giocatori della scorsa stagione sono andati all’estero. Però, al di là degli uomini, dei rinforzi, del mercato, a questa squadra manca un’identità. È quello, si direbbe dal labiale, che si sono detti lo stesso Allegri e Chiellini. L’ha smarrita sulla strada, nelle ultime tre stagioni. È l’unico acquisto davvero essenziale, e lì il mercato non può arrivare, anche se fermarsi qui rappresenta un grosso rischio perché la rosa ha comunque dei limiti che sono evidenti. Servirà la mano di Allegri, comunque una delle migliori possibili.