Gli eroi in bianconero: Igor TUDOR

Pionieri, capitani coraggiosi, protagonisti, meteore, delusioni; tutti i calciatori che hanno indossato la nostra gloriosa maglia
23.04.2021 10:30 di  Stefano Bedeschi   vedi letture
Gli eroi in bianconero: Igor TUDOR
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport


ANGELO CAROLI, “HURRÀ JUVENTUS” DELL’OTTOBRE 1988
Dici pilone e pensi a un giocatore di rugby, robusto come una quercia ma statico. Igor Tudor è il nuovo pilone della Juventus, ma nessun accostamento può essere fatto con i mastini della palla ovale. Questo è un molosso altissimo, dunque non veloce, ma con buona progressione e abbastanza rapido di gambe con la palla al piede. La storia del viaggio che porta il difensore croato da Spalato a Torino è così sintetizzabile. Piaceva a Luciano Moggi ed è diventato uno dei nuovi alfieri della Signora. Il “direttore” non si è sbagliato neppure stavolta.
Già l’inverno scorso ha mandato i suoi “occhi” fidati Pezzotti, Tornei e Ceravolo a osservare Igor in Croazia. I responsi sono stati tutti lusinghieri. E la trattativa è stata subito aperta. In verità non si è trattato di un’operazione agevole, poiché si erano intromessi il Manchester United, l’Arsenal e addirittura il Real Madrid con vagoni di sterline e pesetas. Il particolare ha stuzzicato ancor più Moggi, il quale è andato di persona a sbirciare il giovane Igor. Se ne è invaghito (calcisticamente, è ovvio) e ha concluso l’affare in un lampo.
Come è sua consuetudine quando punta il dito su un giovane talento. E ha trasformato il progetto in realtà, sono sue parole, anche grazie all’aiuto del procuratore di Igor, D’Onofrio. E ora il ragazzone, un’autentica pertica, ci sta davanti con il faccione pacifico, l’aria serena e sicura, capelli castano chiari e cortissimi, sopracciglia folte al punto da disegnare una linea unica sopra occhi miti che però riflettono una voglia matta di sfondare in quella che ritiene “la passerella più importante del mondo”.
L’interprete è il delizioso Mirkovic. Gli farà da paggetto finché il difensore venuto da Spalato non avrà approfondito i dolci misteri della lingua italiana. Parli e Igor ti fissa dando la sensazione di non soffrire emozioni, nemmeno davanti alla prospettiva di debuttare nel nostro campionato al fianco di Montero e davanti a Peruzzi, dopo essersi espresso su alti livelli di rendimento nel Trofeo Berlusconi conquistato a San Siro quando la Juve ha battuto il Milan.
Lo scuotono appena i complimenti di Lippi, di fronte ai quali non resiste: «Poiché arrivano da lui hanno un sapore speciale, ho infatti capito di avere a che fare con una persona e un tecnico di grande valore, anche se ho avuto a disposizione un arco di tempo piuttosto breve. E poi ci sono gli effetti speciali, San Siro di notte costruisce atmosfere davvero fantastiche. Probabilmente la platea mi ha caricato al punto giusto, e allora è stato quasi facile fare bella figura di fronte a Weah, Kluivert e Bierhoff, che sono campioni vaccinati».
La storia di Igor Tudor somiglia a quella di tanti giovani e ha il profumo di una fiaba. Apre il primo capitolo cominciando da quando era poco più che un bimbo: «Che cosa si fa a quell’età se non correre dietro a un pallone per strada improvvisando due porte con libri o pietre? Mi hanno messo presto davanti a un obiettivo, dicevano che ero bravo, e mi hanno tesserato. Avevo poco più di 11 anni. Nell’Hajduk ho percorso tutte le tappe, dalla Primavera alla prima squadra. Ho debuttato che ero diciassettenne. E sono arrivato alla Nazionale maggiore dopo aver indossato le maglie di tutte le rappresentative giovanili».
Igor ha esordito in Nazionale contro l’Ucraina e ha accumulato cinque gettoni, compresi quelli che gli hanno fruttato il bronzo in Francia. E adesso è il nuovo pilone bianconero, di immensa stazza essendo alto 193 centimetri con un peso di 90 chili. Ha senso della posizione, grossa personalità, eccellente nel gioco aereo, come molto valido nella tecnica individuale. Ed è pertanto misurato e preciso nella distribuzione del pallone. L’interessato spiega il particolare con «la scuola dell’Hajduk, dove la didattica specifica è importantissima. È un aspetto che in Croazia si cura molto. Qui da voi si punta di più sulla forza e sulla tattica. I miei maestri sono stati Jalic, Katalinic e Jozic. Se tolgo sei mesi del 1996 per un’esperienza vissuta nel Trogir, squadra il cui valore equivale alla vostra serie C1, ho sempre militato nel club più blasonato di Spalato».
– E gli studi?
«Mai trascurati. Ho frequentato per otto anni le scuole elementari, poi ho scelto un indirizzo economico, ottenendo il diploma. Ed eccomi qui».
– Con quali obbiettivi?
«Sparare tutte le cartucce, vincere il maggior numero di trofei possibile e tornare in Croazia, magari tra dieci anni, con valigie piene di esperienze entusiasmanti. E con denaro, quel tanto che mi permetta di vivere in modo sereno per il resto dei miei anni. Ci terrei molto a lasciare in Italia un’ottima impressione. Mi auguro, insomma, che quando partirò da Torino lascerò dietro di me, nel cuore della gente voglio dire, un buon ricordo, come uomo e come juventino».
Tra una risposta e l’altra Tudor, che spera di diventare il principe Igor nel cuore dei tifosi, batte su un tasto con amorevole ossessione, citando il nome di Bilic, «resta il mio idolo, è inutile che mi facciate osservare che al di là dei confini croati c’è materiale migliore. Per me il top è lui. Punto e a capo. Se poi volete sconfinare in altri settori di una squadra, allora aggiungo Boban e Boksic come prodotti migliori della nostra ultima generazione. Ed è un vero peccato che Boksic non abbia potuto disputare i campionati del mondo a causa di un menisco. Visto che siamo arrivati terzi, mi chiedo quali traguardi avremmo centrato con lui».
– Un po’ di Juve, a cominciare da Del Piero e Inzaghi.
«Risposta fin troppo ovvia: la Juve è una delle maggiori realtà mondiali, la televisione mi ha insegnato a conoscerla, un contratto e la frequentazione mi stanno insegnando ad amarla. Voglio tanti successi con lei. Sappiate che sono testardo, che non ho paura di nulla e che ottengo ciò che mi ficco nella testa. Per quanto concerne il tandem Del Piero-Inzaghi cosa aggiungere? Lo sanno tutti che si tratta di una coppia formidabile. Con quei due davanti il gol ci scappa sempre».
– Parla e si toglie il sudore dalla fronte con la manica della camicia beige. Anche stavolta ha lavorato molto per seguire i comandamenti di Lippi e Ventrone. Domanda: hai mai sofferto così tanto in Croazia?
«Sì, un anno, l’allenatore era Bomacic. Ma il lavoro fa bene, scagli la prima pietra chi sostiene il contrario».
– In base alle conoscenze televisive, o dirette, maturate finora a chi aggiudicheresti lo scudetto ‘98/99?
«Alla Juve e all’Inter, che metto sullo stesso piano. Poi vedo bene la Lazio».
– Igor, raccontaci un po’ della tua vita, della famiglia, degli hobby.
«Ho una sorella di nome Ivona che ha diciotto anni e i genitori che ora vivono qui con me. Mia madre fa la parrucchiera, mio padre il commerciante. Passatempi? Nessuno in particolar modo: niente cinema (come la metterei con la lingua?), niente libri e niente musica. Casa e calcio, questo è l’itinerario. Divoro le trasmissioni su canali sportivi e mi balocco parecchio con i video games. Però cammino molto per Torino, una città un po’ grigia, a mio avviso, che voglio scoprire meglio e senza fretta. Dimenticavo, adoro la vostra cucina, gli spaghetti soprattutto».
– Quali effetti hai ricavato dalla guerra nell’ex Jugoslavia?
«Per fortuna fino a noi sono arrivati soltanto gli echi, poiché la guerra si è svolta lontano da Spalato».
E il pilone con la faccia da bambino ma seria come quella di un patriarca ci stringe la mano per scomparire nello spogliatoio, seguito come un’ombra dall’inseparabile Mirkovic, amico e interprete.

Il primo Tudor gioca in una Juventus partita bene e poi naufragata in campionato, anche se, a dicembre, si trovava in testa alla classifica. Infortuni importanti, come quello di Del Piero, decimano la squadra e il ragazzone croato ha tante occasioni di mettersi in mostra. L’esordio avviene a Perugia, il 13 settembre 1998, prima giornata di campionato. È una partita, piena di emozioni per cuori forti, un match d’altri tempi. La Juventus che schiera al centro della difesa il giovane gigante prende subito il largo e proprio Tudor firma uno dei 4 goal del successo. Igor, incute timore agli avversari, per la notevole stazza atletica ed è un rude stopper di antica memoria.
La consacrazione arriva il 13 dicembre, a Firenze, quando deve incrociare i bulloni con Batistuta, capocannoniere della squadra viola; Igor conferma tutto il buono che si dice di lui, ma anche qualche lacuna ancora da colmare, causa la giovane età e la mancanza di esperienza. Con 23 presenze in campionato si dimostra un giocatore prezioso, infatti, la successiva Juventus ancelottiana se lo tiene stretto e il croato è impiegato sempre più spesso.
Nel 2000-01 è presente 25 volte e realizza 6 reti, molte di testa, la sua specialità. La Juventus ritrova Lippi l’anno successivo e, l’allenatore toscano, lo utilizza come un jolly, difensore di fascia destra o centrocampista aggiunto quando occorre, riuscendo ad affinare le sue qualità tecniche e a registrare le sue potenzialità, anche come goleador.
Nonostante un infortunio che lo tiene fermo per diversi mesi, nell’anno dello scudetto 2002, colleziona 16 presenze e 4 segnature: certi gol lasciano il segno per importanza e autorevolezza, come quello che completa la rimonta al Chievo, in un’infuocata sfida al Delle Alpi che vedeva i clivensi avanti di due reti. È ancora utile nel bis dell’anno successivo, prima di traslocare in prestito al Siena e contribuire, da par suo, alla salvezza dei toscani.
Nell’estate del 2006, dopo aver disputato il Mondiale con la Nazionale croata, ritorna alla Juventus. Purtroppo, a causa dei continui problemi fisici, non riesce mai a scendere in campo. A fine stagione, Igor ritorna a casa, ingaggiato dall’Hajduk Spalato.
Il Tudor che resterà a lungo nella mente e nel cuore dei fan è quello che, all’ultimo minuto, condanna il Deportivo La Coruña, nella Coppa dei Campioni edizione 2003, segnando il gol che vale la qualificazione ai quarti, con uno splendido tiro al volo, dopo un assist di Trézéguet.
I numeri: 173 presenze e 21 reti, due scudetti e un Intertoto.