GLMDJ - La calciopoli rossonera/1, il 2006

22.12.2010 22:10 di  Redazione TuttoJuve   vedi letture
Fonte: di G. Fiorito per GiulemanidallaJuve.com
GLMDJ - La calciopoli rossonera/1, il 2006
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

C’è una calciopoli se non poco dibattuta sui giornali, di sicuro poco discussa. E’ la calciopoli rossonera. Addirittura rinnegata dal vicepresidente vicario del Milan, che è anche il dirigente calcistico che ha vinto più trofei UEFA nella storia del calcio insieme a Silvio Berlusconi (che si dimise da Presidente lasciando la carica vacante dall’8 maggio 2008, data nella quale assunse la carica di Presidente del Consiglio dei Ministri), con queste parole pronunciate la scorsa primavera, in occasione della partita di campionato Cagliari-Milan, mentre i giornali pubblicavano la nuova ondata di intercettazioni rese note al processo di Napoli: “Dopo l’estate del 2006, che mi diede tante sofferenze, giurai che non avrei mai più commentato tutto ciò” . Forse Adriano Galliani può credere di arrogarsi il lusso di cavarsela in questo modo, forse potrà farlo non solo a livello emotivo e personale, ma rimane il fatto che il processo celebrato dalla giustizia sportiva nel 2006 ha lasciato ombre e interrogativi sui quali le intercettazioni emerse ad opera dei consulenti di Luciano Moggi hanno sicuramente gettato un fascio di luce. Perché i riflettori non si spengano, secondo una consuetudine già nota, è necessario ricucire un poco il ruolo avuto dalla società del diavolo in calciopoli. Sperando che non cerchi ancora di sottrarsi al gioco, come fece nel 1991, durante la famosa partita di Coppa dei Campioni che il Marsiglia conduceva per 1 a 0 e che costò al Milan la squalifica di un anno.

Il 6 aprile 2010 Mario Sconcerti scriveva così sul Corriere della Sera, riferendosi ai nuovi dettagli emersi grazie alle intercettazioni esibite a Napoli: “Questi di adesso vanno bene per spargere un disonore collettivo, ma non toccano l’argomento di fondo, cioè l’esistenza di un illecito strutturale” . E’ davvero così? Torniamo al 2006. Nella relazione presentata dal responsabile dell’Ufficio indagini della FIGC Saverio Borrelli al superprocuratore Stefano Palazzi, si fa riferimento a diversi livelli di responsabilità e al di sotto del cosiddetto “sistema moggi-giraudiano” si colloca immediatamente il “sistema Milan” , smentito da Galliani già nel giugno del 2006, quando disse che esisteva solo un “sistema Juve”, portatore di maggiore potere e responsabilità rispetto a Fiorentina e Lazio. Secondo l’Ufficio indagini il “sistema Milan” controbilanciava il “sistema Juve” e se ne differenziava in virtù di un carattere assolutamente autoreferenziale, votato al raggiungimento dei propri interessi e della propria tutela.

Il processo della giustizia sportiva del 2006 conferì le seguenti sanzioni.

Milan: 30 punti di penalizzazione nel campionato 2005/’06; 8 punti di penalizzazione nel campionato 2006/’07; 100.000 euro di multa; una giornata di squalifica del proprio campo. Punti di penalizzazione confermati dal ricorso all’Arbitrato del CONI.

Leonardo Meani, ex arbitro e dirigente Milan, “delegato ai rapporti col mondo arbitrale”: 2 anni e sei mesi di squalifica, ridotti a 2 anni e 3 mesi dall’Arbitrato del CONI.

Adriano Galliani, Vice Presidente e Amministratore Delegato del Milan: 9 mesi di squalifica, ridotti a 5 più una multa dall’Arbitrato del CONI.

Quando scoppiò calciopoli Adriano Galliani non era soltanto il Vice Presidente del Milan, era anche il Presidente della Lega Nazionale Professionisti, carica nei confronti della quale rassegnò le dimissioni il 22 giugno 2006 con una lettera ai consiglieri nella quale dichiarava la sua “totale estraneità ad ogni addebito” . Estraneità pretesa in virtù di una sorta di verginità garantita dal “preservativo” Meani, secondo la definizione di Roberto Beccantini divenuta ormai celebre. Leonardo Meani, come testimoniano le dichiarazioni rese da Galliani a Borrelli, era inquadrato nel Milan con un contratto co.co.co e risulta in carica fino al 30 giugno 2006 come “addetto agli arbitri” , una qualifica sconosciuta alle altre società, un ruolo unico. Che ha permesso di fatto al Milan di salvarsi dalla serie B e a Adriano Galliani di evitare l’accusa di associazione a delinquere per frode sportiva e il processo della giustizia ordinaria.

Possiamo trarre qualche conclusione.

1) Leonardo Meani è stato l’unico imputato del processo della giustizia sportiva del 2006 a ricevere una condanna per illecito sportivo (art. 6).

2) La valutazione della posizione di Adriano Galliani.

a) Nei confronti di Meani. Lo stesso Meani si chiede in alcune dichiarazioni rilasciate nel maggio 2010 la ragione di una disparità di trattamento nei suoi riguardi e in quelli di Facchetti, considerato che fu direttamente intercettato, sia pure per breve tempo, mentre per quanto attiene al presidente dell’inter le intercettazioni di cui siamo in possesso sono come si usa dire di rimbalzo (cioè ricavate da intercettazione fatta eseguire su altra utenza). Di conseguenza bisognerebbe chiedersi anche come mai non furono fatte da parte degli inquirenti richieste di intercettazione per Galliani e Moratti. Avrebbe potuto essere chiarito il ruolo di corresponsabilità o di semplice esecutore di ordini di Meani e di Facchetti o, se preferite, la totale estraneità di Moratti e Galliani nell’operato dei loro subalterni.

b) Per quanto concerne il palese conflitto di interesse che scaturisce dalle due cariche rivestite dal Vice Presidente vicario del Milan, contemporaneamente Presidente della Lega Nazionale Professionisti. Una delle accuse rivolte a coloro che si ritengono essere gli esponenti della presunta cupola moggiana è quella di essersi adoperati al fine di garantire la rielezione di Franco Carraro a Presidente della FIGC e di Adriano Galliani a Presidente della Lega Nazionale Professionisti mediante l’elaborazione di dossier per screditare Diego Della Valle. Il gruppo di imprenditori facente capo a Della Valle era notoriamente avverso al gruppo facente capo a Berlusconi. Ma occorre segnalare che anche Emilio Cambiaghi, autore del Manuale di difesa del tifoso juventino, si chiedeva già quattro anni or sono come mai Galliani non comparisse nella lista dei 48 indagati di calciopoli. E perché Franco Carraro, già presidente del Milan dal 1967 al 1971, fosse stato prosciolto già in sede sportiva. Insomma, Moggi e Giraudo ne avrebbero curato gli interessi a loro insaputa?

3) Un altro dato significativo della relazione di Borrelli a Palazzi è la valutazione del designatore degli assistenti di gara, Gennaro Mazzei, che aveva facoltà di scegliere direttamente i guardalinee. Mazzei è ritenuto essere in posizione subalterna rispetto al Milan. Meani era conosciuto perché la sua specialità erano i guardalinee.

Già nel 2006 si era a conoscenza di una serie di intercettazioni che vedono Meani protagonista, tra il 17 e il 18 aprile 2005, di una frenetica attività telefonica che legittima e conferisce un senso alle nostre riflessioni. Si parte da un colloquio con il designatore degli assistenti di gara Mazzei, nel quale si lamenta per una segnalazione errata nella partita Siena-Milan e riesce ad ottenere la designazione dei fidati Babini e Puglisi, che naturalmente contatta personalmente, per Milan-Parma. Passa quindi a rassicurare Copelli, contestato da Zamparini perché il Palermo aveva perso con la Sampdoria, di essere un protetto del Milan. Copelli è lo stesso che non segnalò un rigore per la Juventus nella partita persa contro la Reggina per 2 a 1, celebre per l’episodio poi confutato secondo il quale Paparesta sarebbe stato rinchiuso da Moggi negli spogliatoi. Infine chiama Collina. La telefonata è decisiva per organizzare una cena nel corso della quale quello che era considerato il migliore arbitro italiano potrà incontrare Galliani per discutere di un argomento che gli sta molto a cuore: l’appoggio per la candidatura a designatore arbitrale. L’atteggiamento di Collina è particolarmente indulgente, mirato al raggiungimento del suo scopo. Nonostante Meani si profonda in pettegolezzi contro Moggi, che a suo dire il giovedì era già a conoscenza dell’arbitro di domenica e racconti di confidenze ricevute da Ancelotti, che però non risulterà indagato. Meani insinua che per il campionato 1999/2000 la “torta”, cioè la conquista dello scudetto, sarebbe già stata preparata da Moggi, se non fossero intervenute le polemiche derivate dall’arbitraggio di Parma Juventus da parte di De Santis, che annullò la rete di Cannavaro. Collina soprassiede, conscio che Meani non tenga conto del fatto che la partita nel pantano di Perugia era stato proprio lui ad arbitrarla. Emerge il carattere di Meani, la sua superficialità goliardica, l’insulto continuo dell’avversario, una certa tracotanza, che lo porta ad affermare che Moggi abbia agganci “da paura” . Collina fa presente che durante i sorteggi arbitrali le variabili vengono inserite nel computer in maniera pubblica. Meani, constatando la designazione di De Santis per Juve-Inter (tra l’altro finita 0-1), dice: “Ti aspetteremo per la nostra” . Di commento in commento i due arrivano al dunque. A Collina interessa incontrare Galliani come Presidente di Lega piuttosto che Vice Presidente del Milan, ma in realtà, posta la questione sul piano etico, non fa molta differenza. E’ un arbitro in attività e desta qualche dubbio che sfrutti il conflitto di interesse generato dalla doppia carica di Galliani. Tuttavia arbitrò Milan-Juventus. Sulla quale come si ricorderà grava il ricordo dell’assenza di Ibrahimovic, squalificato in seguito a una prova televisiva.

Milan Juventus dell’8 maggio 2005 mi è sempre apparsa come il paradigma di calciopoli. Una partita vinta con una grande prestazione della Juventus, che legittimava la sua supremazia con la doppia perla dell’assist su rovesciata di Alessandro Del Piero per David Trezeguet che metteva la palla in rete. Una sorta di sentenza data dal campo. Con uno stile, un’eleganza, tutta juventina. Invece fuori dal campo si sono voluti giocare ruoli diversi. Che hanno stravolto il lieto fine della favola. Meani e Collina concludono la conversazione decretando che il luogo dell’incontro con Galliani sarà il ristorante di proprietà dell’addetto agli arbitri milanista, a Lodi, quando la chiusura settimanale porrà i convitati al riparo da occhi indiscreti. Del resto Collina palesa di conoscerlo bene, se afferma: “Poi, sai, a Lodi, uno fa il giro della tangenziale, esce da dietro, arriva, tum! Dentro. E’ un attimo. Nessuno ti vede”.

Il 18 aprile 2005 l’assistente arbitrale Alessandro Stagnoli telefona a Leonardo Meani. Fra i due vi è grande familiarità, si chiamano a vicenda Iaio e Leo. Iaio chiede quattro biglietti per la partita Milan-Chievo, per il direttore dell’azienda in cui lavora, tifoso del Chievo. Cerca di ingraziarsi Meani e si mostra in concorrenza con Baglioni, che aveva annullato una rete a Schevchenko, in vista dei mondiali. I due parlano della designazione di Puglisi e Babini per Milan-Chievo e li definiscono insieme a Copelli e allo stesso Stagnoli “affiliati alla scuderia” Milan. Meani definisce la corsa allo scudetto “un grosso scontro di potere e di rabbia”. Alludendo a De Santis, arbitro di Juve-Inter, afferma che se dovesse incorrere in qualche errore “gli sparano addosso i cannoni di Navarone”. Definisce l’arbitro Danilo Nucini “braccio armato” . Di chi? Trattandosi dello stesso arbitro che a lungo intrattenne rapporti con Giacinto Facchetti, che disse di aver ricevuto una sim da Moggi della quale poi si liberò, del quale Giuliano Tavaroli ebbe notizie da Facchetti e Moratti riguardo un condizionamento delle partite di calcio facente capo a Moggi e avente come perno Massimo Moratti, forse sarebbe stato il caso di approfondire le indagini da parte degli inquirenti.

Nella stagione 2006/’07 la Juventus disputò il campionato di serie cadetta e riconquistò il diritto alla serie A. Il Milan, benché penalizzato, giocò, nonostante l’Uefa avesse espresso qualche riserva a causa del coinvolgimento nello scandalo calciopoli, e vinse, il 23 maggio 2007, battendo per 2 a 1 ad Atene il Liverpool, la Champions League. Con il sostegno del tifo di molti tifosi che rossoneri non erano e non eravamo. Divenne quasi il simbolo di una sorta di spirito e di concezione anticalciopolese. A quattro anni di distanza la mente è più lucida, i fatti si vanno delineando e aggiustando, trovano una sorta di composizione logica. Grazie a quanto il processo di Napoli ha aggiunto alle informative dei carabinieri. Nel quadro generale si ha la sensazione che qualcosa non torni, che al danno degli uni si sia aggiunta la beffa di vedere la strada spianata verso il successo per altri. Una circostanza sulla quale non sarebbe inutile, per quanto difficile, spendere qualche meditazione.