Sconcerti: "Il vero problema del calcio sono i suoi debiti, virus colpo finale. Il tempo dell'avidità è finito"

08.04.2020 15:30 di Rosa Doro Twitter:    vedi letture
Sconcerti: "Il vero problema del calcio sono i suoi debiti, virus colpo finale. Il tempo dell'avidità è finito"
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© foto di Federico De Luca

Nel suo editoriale per il Corriere della Sera, Mario Sconcerti è tornato a parlare della situazione del calcio attanagliato da una crisi di sistema a causa dell'emergenza coronavirus: "Il vero problema del calcio sono i suoi debiti. Il virus è il colpo finale, una grande cassa di risonanza dietro cui mascherare con una ragione inevitabile, quasi nobile, una situazione comunque non più sostenibile. Se davvero la malattia dovrà cambiarci, sarà tempo di capire che non possiamo più chiedere al calcio le cose impossibili che con la scusa dei sogni gli abbiamo sempre chiesto. Il taglio degli stipendi è la cima dell’iceberg. Da solo non risolve niente se non la combinazione di un bilancio. Lo dimostrano le contraddizioni che si porta dietro. Perché si dovrebbe non pagare lo stipendio a chi a marzo è stato a casa per malattia? Perché si dovrebbe non pagare lo stipendio a chi in aprile sarà in ferie forzate? Ma soprattutto perché si dovrebbe far pagare tutto il conto del debito ai giocatori, cioè agli unici che scendendo forse in campo, possono limitarlo?
Questo calcio ha sfinito gente come Moratti e Berlusconi, siamo già alle seconde-terze generazioni anche di proprietari stranieri. Negli ultimi 10 anni il calcio ha moltiplicato il suo fatturato in modo fittizio. Incassa 100 milioni per vendere Pogba ma ne paga altrettanto per prendere Higuain.

Il fatturato cresce, la ricchezza no. Pallotta 9 anni fa comprò la Roma per 124 milioni. Prima del virus l’aveva ceduta a 710. Il 600 per cento in più. Può essere reale? Cosa si nasconde davvero in questo mondo? Quali sono i veri vantaggi che offre? L’Inter pagò Ibrahimovic 28 milioni, oggi con 14 anni meno, ne varrebbe 200 più una quarantina di mediazioni. L’impressione è che nella sostanza il calcio reggerà sempre perché rende ricchi tutti, è una grande società di mutuo guadagno. Ma dovremo abbassare la posta d’ingresso. E capire che il tempo dell’avidità è finito. Ma non credo ci riuscirà nessuno".