Nesti: "La frustrazione della Torino del calcio. Fase di transizione in casa bianconera"
Il giornalista Carlo Nesti, sui propri social, dice la sua sul momento delicato vissuto dalla Juventus: “Frustrazione. Che brutta parola! Che stato d'animo abbiamo, quando esiste in noi la frustrazione! Uso questo termine, perché già questa estate mi ero accorto di certi sentimenti. Riguardano la Torino calcistica, sia bianconera, sia granata. Con l'unica differenza che, per fortuna, il Toro sta rialzando la testa, mentre la Juve, in una misura diversa, ha la testa china. Negli anni 70, quando ho cominciato l'attività giornalistica, ho sempre pensato che non sarebbe stata soltanto un'avventura, quella di entrambe le squadre cittadine, al vertice della classifica: Torino capitale del pallone. Mi sbagliavo di grosso, perché mi facevo trascinare dall'amore per il calcio della mia città.
Di conseguenza, per accomunare Juve e Toro, ho sperato per anni di poter usare non il termine "frustrazione", ma "esaltazione". E cioè il destino comune di essere grandi. Nei miei sogni, il Toro nuovamente padrone della Serie A, e la Juve nuovamente padrona della Champions League. Niente da fare. Rimetto nel cassetto, nel mio caso (70 anni), forse per sempre, queste ambizioni, e per accomunare le 2 squadre mi tocca proprio usare il termine, che non vorrei usare mai, e cioè frustrazione. In particolare, mancanza di un rapporto affettivo con le rispettive proprietà. Aspetto fondamentale quanto allenatori e giocatori, perché è con le proprietà, che ci si confronta. Cairo, almeno, va allo stadio, ma John Elkann no: mai. Questi aspetti non sono secondari, perché toccano le corde sentimentali ed emotive dei tifosi. E il tifoso è, per natura, un sentimentale e un emotivo. Alla luce di questa situazione, consentitemi di riciclare un articolo scritto proprio in estate. Non avrei mai immaginato di doverlo riproporre a fine ottobre. Sono anni bui per chi, da una parte, o dall'altra della barricata, ha pensato in grande... senza sapere di essere diventato piccolo. Io sono il primo a non amare il "tifo contro", ma l'evoluzione dell'approccio dei sostenitori di Torino, con il calcio, merita di essere raccontata. Negli anni 60/80, sentir dire ad un giocatore del Torino "Mai alla Juve", o ad un giocatore della Juventus "Mai al Toro", non aveva nulla a che fare con la violenza verbale di oggi. Un tifoso granata, per essere veramente granata, non poteva che essere anti-juventino.
Un tifoso bianconero, invece, pur essendo bianconero, poteva anche nutrire un minimo di simpatia, per l'altra squadra della città. Perché questo? Perché la contrapposizione, come tante altre, scaturisce da diverse situazioni epocali. Il Torino, che nasce da una secessione, all'interno della Juventus (pur avendo radici negli anni precedenti). Il Grande Torino, che mette in riga tutti, compresa la Juventus. La Torino della Fiat, che colora di bianconero i benestanti, come i meridionali saliti al Nord, e di granata gli operai cittadini e piemontesi, con la borghesia spaccata a metà. La Juventus, che vince scudetti su scudetti, da Boniperti in avanti, e il Torino, che vince un solo titolo in 50 anni. Rimanendo fermi a quest'ultimo aspetto, ecco che appare normale la smania, anche rabbiosa, di riscatto del tifoso torinista. Dall'altra parte della barricata, appare altrettanto normale il modo meno passionale di vivere la rivalità del tifoso juventino, in quanto appagato dalle vittorie nazionali. In campo internazionale, invece, l'eterno inseguimento alla Champions League rende il sostenitore bianconero, a livello di frustrazione, simile a quello granata. Oggi, a memoria mia, la città attraversa, in chiave calcistica, uno dei momenti più deludenti di sempre. Ovviamente, ciò avviene in dimensioni diverse.
La Juventus vive una fase di transizione: cambiano i dirigenti, cambiano gli allenatori, cambiano i giocatori, ma non cambiano i tifosi, che vedono società e squadra lontani dai 9 scudetti di fila di non troppo tempo fa. Il Torino vive una fase di stagnazione: cambiano gli allenatori, cambiano i giocatori, non cambia il presidente (Cairo da 20 anni), e non cambiano i tifosi, che non ne possono più di un mortificante centroclassifica. Se la Juventus avesse una proprietà più "appassionata", come un tempo, il suo brand sarebbe ben più valorizzato, rispetto a quello della Ferrari. Se il Torino avesse una proprietà più "appassionata", come un tempo, potrebbe sfruttare alla grande, a livello di marketing, la sua storia. I rimpianti, in questo momento, esistono su ambedue i fronti. Personalmente, volendo, davvero, molto bene ad entrambe le squadre, mi auguro che tutti, un giorno, possano coronare i loro sogni. È un periodo, infatti, veramente difficile. Forza!”, ha concluso.
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