Mazzarri: "La vittoria contro la Juventus fu l’apoteosi della mia carriera a Napoli. I bianconeri volevano Hamsik"
Walter Mazzarri è tornato a parlare dopo l’ultima esperienza in panchina in Italia di due anni fa e lo ha fatto in una lunga intervista a La Gazzetta dello Sport: "Credo di essere stato l’unico a Napoli a fare 4 anni con De Laurentiis. Sarri è rimasto 3 anni e anche chi ha vinto lo Scudetto è rimasto meno di me".
Che cosa si sente di rispondere a chi dice che inventava troppe scuse?
"Io penso a difendere i miei giocatori sempre, magari usavo delle scuse per non farli attaccare. Invece oggi vedo allenatori che attaccano i loro calciatori pubblicamente. A me non interessa fare bella figura, io avevo sempre da proteggere la mia squadra. Il mio gesto dell'orologio è diventato iconico. Volevo recuperare il tempo oppure volevo il fischio perché vincevo. Noi giocavamo bene e per far risultato contro di noi se ne inventavano di ogni. Questo gesto ora è immortalato al Maradona. Sarà diventato un meme e in questo senso possono anche farmi piacere".
Ci faccia una classifica delle sue soddisfazioni più grandi?
"Il più grande successo tra Coppa Italia con il Napoli, record punti con il Torino, salvezza Reggina o promozione in A con il Livorno? La risonanza della piazza di Napoli è enorme perché ti vedono da tutto il mondo. Battemmo la Juventus e fu l'apoteosi quella vittoria. Ma anche a Reggio fu come uno scudetto vinto con 70mila persone in piazza per quella salvezza. Penso poi anche alla Sampdoria e al Livorno, casa mia. Di soddisfazioni ce ne sono state tante e di tutti i tipi".
Chi è il giocatore più forte che ha allenato?
"Ho fatto un capitolo su Hamsik sul libro perché era il più completo. Ma penso anche a Cavani, Lavezzi o Lucarelli e Pazzini. Tanti ragazzi che mi vogliono bene e li ringrazio. Marek era un cervello in campo, eseguiva subito".
Che cosa ha fatto per esaltare Lavezzi?
"Con me è diventato atleta perché l'ho fatto dimagrire. Quando firmai con il Napoli si vociferava che potesse andare via, io mi sono imposto per farlo restare in azzurro perché sapevo che sarebbe diventato quello che poi abbiamo visto. Hamsik è rimasto a Napoli perché era innamorato della città, ma aveva proposte importanti anche dalla Juventus. Quando all'inizio mi dissero che era complicato avere a che fare con il Pocho, c'era Quagliarella e non Cavani. Lavezzi non pensava alla fase difensiva e se ti difendi in uno in meno cambia tutto".
Il tecnico prosegue con un retroscena tattico e caratteriale:
"Gli dissi di migliorare la condizione atletica, poi quando finisce l'azione dopo cinque-sei dribbling devi tornare e metterti davanti al terzino. Lo obbligavo a rientrare, glielo dovevo ricordare sempre e lui me lo chiedeva perché mi diceva che se lo dimenticava. Con lui ho avuto un grande rapporto".
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