Corriere di Torino - Dalla Ddr alla Red Bull, miracoli ed insulti a Lipsia
Su Corriere di Torino: Per quei sentieri beffardi che solo il destino può tracciare, l’unico club dell’ex Repubblica democratica tedesca (Ddr) ora tra i grandi della Bundesliga (a parte l’Union Berlino) è diventato la squadra più capitalista di Germania: dopo il blitz del 2009, quando l’allora boss della Red Bull, Dietrich Mateschitz, comprò per 350 mila euro i diritti della Ssv Markranstadt, società di quinta serie di un paesino di 15 mila abitanti, alle porte di Lipsia. Da lì in poi, il club «mise le ali» — come da spot della bevanda energetica — arrivando a vincere due Coppe di Germania e a giocarsi una semifinale di Champions, nel 2020. «Un calcio in provetta, anzi in lattina», scrissero i tifosi nemici su alcuni cartelli (ed erano i meno offensivi). Un calcio che, però, ha dato risultati, come succede nelle migliori famiglie (multinazionali). All’improvviso, la tradizione, fino a quel punto portata avanti da piccoli club, è diventata innovazione, sfacciata secondo alcuni: a partire dalla Red Bull Arena, l’unico impianto dell’ex Ddr a ospitare una partita dei mondiali 2006.
Negli anni del blocco sovietico, l’arena era il leggendario «Zentralstadion», lo stadio dei centomila, come gli spettatori che poteva ospitare (ora ce ne stanno poco meno di 43 mila). Esagerato e sconfinato, come le disperate e folli ambizioni (politiche) del 1956, tra progetti di cemento armato e ingegneri di anime. La Red Bull ne ha fatto un laboratorio di pallone — da Ralf Rangnick a Julian Nagel- smann — e un incubatore di talenti. Da vendere, of course, perché business is business.