Caso Allegri-Diprè, rinvio a giudizio per violazione della privacy: lo youtuber rischia il processo
Quando Andrea Diprè si finse l’avvocato della Fiorentina durante una diretta TikTok con Massimiliano Allegri, sullo schermo dello smartphone comparve chiaramente il numero del tecnico bianconero. Da quel momento, il mister – bersagliato da una valanga di chiamate indesiderate – è stato costretto a cambiare numero. Secondo Allegri, non si trattò di un errore, ma di un gesto deliberato. Una posizione condivisa anche dalla Procura, che ha disposto il rinvio a giudizio di Diprè con l’accusa di violazione della privacy.
Il finto avvocato della Fiorentina
I fatti risalgono a luglio 2023, quando Allegri era ancora alla guida della Juventus e impazzavano le voci di mercato sul possibile scambio Vlahovic-Lukaku. In un video poi diventato virale, Diprè compose il numero del tecnico e, spacciandosi per un legale della Fiorentina (squadra di cui è tifoso), lo contattò in diretta. La risposta di Allegri fu secca:“Ma lei chi è?”, prima di riattaccare bruscamente. Quel breve scambio bastò a scatenare migliaia di visualizzazioni e condivisioni sui social.
La denuncia e l’accusa della Procura
Poco dopo, Allegri depositò una denuncia portando in procura i frame del video con il numero in chiaro.
Il pubblico ministero Valentina Sellaroli, titolare dell’indagine, ha contestato a Diprè la diffusione non autorizzata di dati personali “al fine di trarre profitto” dalla viralità del contenuto.
La linea difensiva: “Solo un errore”
La difesa dello youtuber punta invece sulla tesi dell’incidente di percorso: il numero sarebbe comparso accidentalmente, e Diprè avrebbe girato lo smartphone verso la telecamera soltanto per mostrare ai follower il nome di Allegri, non i suoi dati.
Tentativo di accordo e possibili sviluppi
Sono in corso trattative per un risarcimento tra le parti. Se l’accordo dovesse andare a buon fine, Allegri potrebbe rinunciare alla costituzione di parte civile o addirittura ritirare la querela.
In tal caso, la violazione della privacy – reato procedibile solo su querela di parte – potrebbe chiudersi con una sentenza di non luogo a procedere.
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