L'IMBOSCATA - Thiago come Heriberto, subito dribbling clamorosi. Koop, Percassi fa un favore alla Juve? Il Corsera, il "processo alle porte" e l'omertà su Lionrock. L'incredibile Probitas F.C. di Joe Procione
di Andrea Bosco
La conferenza stampa non gli piace: e si è visto. Thiago Motta, alla sua prima uscita ufficiale, sembrava uno costretto a camminare sui carboni ardenti. Alle domande (nessuna impertinente: non usa più farle) ha risposto sempre quasi schivandole. I dribbling più clamorosi su Rabiot, su Chiesa e (ma questo era scontato) su Koopmeiners. Che (Percassi dixit) non è in vendita. Detto tra noi: meno male. Perché 60 milioni (questo il prezzo che convincerebbe l'Atalanta a mollarlo) sono una follia. Che la Juventus, tra l'altro, non può permettersi. Thiago Motta mi ha rammentato un ascetico allenatore della Juventus di molti anni or sono: Heriberto Herrera. Il profeta del “movimiento” che vinse lo scudetto all'ultima giornata per la disperazione dell'Inter del suo omonimo (ma non parente) Helenio Herrera. Anche Heriberto non amava parlare davanti ai microfoni. Gli piaceva lavorare (vuole la leggenda che picchiasse i giocatori in allenamento) e fare i fatti. In ogni caso: auguri a Thiago Motta. La Juventus ne ha più che mai bisogno.
Perché? Provo a spiegarmi. Giovedì 18 luglio 2024. I giornali sono zeppi (giustamente) della notizia del rinvio a giudizio per gli ex vertici della Juventus, da Agnelli a Paratici, da Nedved ad Arrivabene. Ipotesi di reato pesantissime: aggiotaggio, ostacolo alla vigilanza, false fatturazioni. Pene previste dai 4 agli 8 anni. Il tribunale di Roma sta facendo il suo lavoro: l'accusa per la Juventus è quella di aver gonfiato prezzi e trattative di mercato. Ancora le “plusvalenze”. Però: solo per la Juventus. Scrive (taglio basso, tre quarti di pagina sul “Corriere della Sera” Ilaria Sacchettoni con (giustissima) dovizia di particolari) di un “processo alle porte” per la Juventus. E spiega nell'ultimo capoverso che la gip Elvira Tamburelli ha disposto la restituzione degli atti (non inerenti all'inchiesta) come richiesto dalla difesa. La Procura di Roma dovrà provvedere “nel più breve tempo possibile”. Nelle ultime tre righe e mezza, Sacchettoni concede che “la Juve non è sola: Roma, Lazio, Napoli e altre ancora, sono oggetto di analoghi provvedimenti”.
E, di grazia, per quali motivi, quelle società sono oggetto di analoghi provvedimenti? E chi sono “le altre”?
È giusto lavorare in questo modo? È esaustivo lavorare in questo modo? Io non faccio le pulci alla collega. So che lo spazio è tiranno. So che alla fine l'ultima parola ce l'ha sempre il caporedattore. So che esiste una politica editoriale che impone una linea. E quella del “Corriere della Sera” non è mai stata comprensiva nei confronti della Juventus. E a me, personalmente, la cosa sta bene. Come sanno i miei lettori, io non ho mai sbattuto la sporcizia sotto al tappeto. Ma vorrei si facesse così con tutti.
LionRock? Era una band degli anni Sessanta. LionRock su cui è calata una calotta omertosa è una trave nell'occhio dell'informazione italiana.
Non è che io abbia certezze sulla colpevolezza o sulla innocenza di Agnelli e soci. Non ne ho. Ma tutti i giorni vedo come funziona la giustizia in Italia. Vedo gli abusi, la protervia, le condanne ingiuste e le surreali assoluzioni.
Quello che segue, è il sunto di un manoscritto inedito. Un romanzo dai confini dadaisti dove l'incredibile diventa possibile. Non l'ho scritto io. Mi è arrivato per posta. E chiunque sia l'autore, la sua fantasia appare smisurata.
Si parla di un club calcistico chiamato Probitas F.C. Che in latino non significa solo “lealtà” e “onestà”. Probitas è anche un modo per definire - se i miei ricordi universitari sono corretti - nel latino del tardo medioevo, il “valore nelle armi”. Sono 294 pagine che spaziano da episodi che neppure Magritte avrebbe potuto immaginare (bambini contro uomini in un match omologato), caffè “corretti”, ricorsi, lattine, processi, inchieste. Persino il caso di un calciatore, cacciato perché innamorato di una sciantosa dal nome esotico. Persino la storia di un portiere “unto” prima di un match, scoperto e picchiato dai suoi stessi compagni nello spogliatoio. Ci sono patenti e passaporti falsi. Ci sono giocatori pagati uno sproposito e mandati in campo per una sola gara. C'è un clamoroso colpo di teatro, in una gara nella quale vengono “avvertiti” in dieci, ma si dimenticano di avvertire l'undicesimo. Quello che non segnava mai, neppure in allenamento e che in un certo pomeriggio mette i gol che costano un titolo. C'è persino un allenatore più dotato della Sibilla Cumana che “prevede” con mesi di anticipo un imprevedibile futuro. Ci sono cessioni e vendite misteriose. Investitori senza nome che perdono, senza rivendicarli centinaia di milioni. C'è una società indebitata sulla quale nessuno indaga. Una nave con falle a poppa e a prora dalla quale i topi dopo aver preso il largo rientrano nella stiva.
Ovviamente sono cose che solo in una finzione letteraria possono accadere. Nella realtà, piaccia o non piaccia, sarebbe impossibile: no?
Insomma, una spy letteraria che si dipana presentando scenari che vanno dall'apocalittico all'idilliaco, e nei quali spiccano uomini che di volta in volta hanno la faccia del Grande Gatsby, del Magnifico Cornuto, dell'Avvocato del Diavolo (niente a che fare con Perry Mason), di un Consulente che neppure i Marvel One Shots avrebbero potuto concepire.
C'è un protagonista nella storia: Joe Procione. Sul quale l'anonimo autore ha dato spazio alla più sfrenata fantasia. Il procione, chiamato anche “orsetto lavatore”, è un animale noto per l'abilità nel furto. C'è un racconto di un esploratore italiano nel Far West che dettaglia come durante una notte di bivacco assieme a due guide nella prateria, un procione silenziosamente si impadronisca, mentre il gruppo dorme, di tutte le provviste. Joe Procione è descritto come abile e astutissimo. Presiede la Probitas F.C, ha incarichi in federazione, in lega, va a pranzo con i giudici, è il nume tutelare dell'associazione dei direttori sportivi. Uno e centomila. Nel romanzo Joe Procione si tutela anche attraverso i media. Un uomo formidabile che per certi versi rammenta il Charles Foster Kane interpretato da Orson Welles in “Quarto Potere”. Film che era ispirato alla biografia del magnate del legno e dell'editoria William Randolph Hearst.
Come ho spiegato, trattasi solo di un romanzo senza alcun legame con fatti e persone reali. Del resto, chi potrebbe mai, nella realtà, avere tutti gli incarichi di Joe Procione e non finire sotto la ghigliottina del “conflitto di interessi”?
La vicenda descritta è intrigante. A volte è cupa, ma si fa leggere. Credo che difficilmente l'anonimo scrittore troverà un editore. Ma non è detto: quando è apparso “Blade Runner” sembrava solo un film visionario. Oggi con lo sviluppo dell'intelligenza artificiale sappiamo che un Roy Batty e una Rachael, replicanti con sembianze umane, prima o dopo sarà possibile realizzarli. Tra l'altro Ridley Scott ambientò il suo film (nel 1982) in una Los Angeles distopica del 2019. In fondo l'umanità, rispetto alle sue previsioni, è in ritardo.