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TJ - AGNELLI: "Grazie Fabio. La Superlega non è stato un colpo di stato, ma un grido di allarme". PARATICI: "Orgoglioso di questi 11 anni"

04.06.2021 14:51 di  Camillo Demichelis  Twitter:    vedi letture
LIVE TJ - AGNELLI: "Grazie Fabio. La Superlega non è stato un colpo di stato, ma un grido di allarme". PARATICI: "Orgoglioso di questi 11 anni"
TuttoJuve.com
© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Tra poco comincerà la conferenza stampa di Andrea Agnelli e Fabio Paratici. Tuttojuve.com seguirà l'evento in diretta:

Parla il Presidente Agnelli

"Grazie e buongiorno a tutti. È bello ritrovarvi in presenza e non solo attraverso degli schermo video. Un benvenuto a tutti. Innanzitutto oggi l'obiettivo è quello di, chiamarlo saluto già mi mette in difficoltà, dare un abbraccio. Undici anni insieme con Fabio e vorrei evitare che oggi si trasformi in un'opera omnia con domande che avete in serbo di ogni genere. Io ho tre temi che vorrei toccare con voi. Oggi non prenderò domande su questi temi perché poi vorrei rimanessimo concentrati sugli undici anni con Fabio. Innanzitutto un minimo di punto sulla stagione che abbiamo passato. Io ci tengo a ringraziare Pirlo e il suo staff Baronio, Tudor, Gagliardi, Bertelli perché se devo fare un'analisi della stagione come spesso ho letto in questi mesi di fallimento Juve, devo dire che in dieci anni se vincere due trofei e un accesso alla Champions se l'anno che sbagliamo succede questo diciamo che non vogliamo sbagliare ma siamo disponibili a sbagliare un anno ogni tanto. È stato un anno positivo ma va considerata anche la pandemia, gli stadi vuoti e le bolle e quindi nei momenti di difficoltà non sempre abbiamo trovato le risposte che avremmo voluto trovare. Da questa annata dobbiamo riuscire ad imparare dagli errori che sono stati commessi da parte di tutti. Dall'altro lato è la prima volta che mi trovo a parlare del ritorno di Max Allegri e quello che mi piace sottolineare e che abbiamo visto in questi giorni e nelle interlocuzioni e che mi piace la grinta, la determinazione e la voglia di ributtarsi in questa avventura. Sarà, come abbiamo annunciato, un'avventura di lunga programmazione continua, quindi di questo siamo tutti estremamente felici. Ci sono state tante speculazioni su quello che sarà l'aspetto dell'arte sportiva e quando la riorganizzazione sarà completata ci rivedremo sicuramente in una nuova conferenza stampa. Nel frattempo quello che vedo è grande passione e determinazione in Federico Cherubini ma d'altronde il suo lavoro è il suo impegno sono doti che io, Pavel e Paratici abbiamo conosciuto in tutti questi anni. Toccherei la questione delle competizioni internazionali in quanto ci vedono coinvolti quasi quotidianamente, io ho cercato per molti anni di cambiare dall'interno, facendo tutta la gavetta. Abbiamo cercato in tutti i modi di cambiare le competizioni dall'interno anch perché i segnali di crisi erano piuttosto evidenti già prima della pandemia, da qui vi riporto a quella che è stata un'ottima proposta Eca-Uefa del 2019 che avrebbe dato tantissime risposte positive. Quella proposta fu sostenuta dai club di tutte le divisioni, ma il sistema si concentra in un monopolio e sia il potere esecutivo e sia il potere legislativo e giudiziario del calcio europeo e che riserva all'Uefa l'organizzazione esclusiva e commercializzazione delle competizioni con la responsabilità esercitata in modo quasi arbitrario e di determinare le regole attraverso un sistema di licenze e ormai inefficiente. La Superlega non è mai stato un tentativo di colpo di stato ma più un grido disperato e un grido di allarme per un sistema che io non so se consapevole o inconsapevole si indirizza verso l'insolvenza. Vi cito il documento approvato al congresso di Montreaux: nella proposta di budget 21/22 si parte dal fatto che la crisi sanitaria è ormai storia e che lo sviluppo del calcio prosegue. Questo è un documento portato in approvazione a dicembre 2020, credo che tutti voi ormai conoscano cos'abbiamo vissuto nel frattempo. Da subito i club hanno cercato un'interlocuzione con la UEFA: la risposta è stata di totale chiusura, con termini offensivi, e si è concretizzata in minacce di esclusione di soli tre club, diffuse con metodi arroganti e indebite pressioni. Queste minacce sono continuate e portate avanti in totale spregio di un provvedimento del tribunale di Madrid e in pendenza di un giudizio alla Corte UE. Non è con questi comportamenti che si riforma il calcio, so che per fortuna non tutti in UEFA la pensano così. Le basi della nostra proposta sono quelle, ma il desiderio di dialogo con UEFA e FIFA è immutato. Altri sport hanno subito grandi modifiche negli anni, penso all'Eurolega di basket che ha portato grandi benefici a tifosi, club e giocatori. Fino all'altro giorno i tifosi italiani hanno celebrato l’Armani Milano in Eurolega. Quasi tutti gli stakeholders ritengono che il calcio vada riformato, chi fa proposte viene demonizzato. Juventus, Real Madrid e Barcellona sono intenzionati a portare avanti le proprie proposte, anche in solidarietà con chi ha dimostrato paura nell'aderirvi. Sono tre temi importanti, su cui oggi non intendo rispondere ad alcuna domanda, vorrei parlare di Fabio Paratici e dei nostri undici anni. Avevo tanti bloc notes sulla scrivania, quello di Palazzo Parigi a Milano mi sembrava il più adatto a prendere gli appunti su cosa sono stati questi undici anni insieme. Partiamo da Delneri a Pirlo, in mezzo nove scudetti, cinque Coppe Italia, due finali di Champions. Siamo partiti che eravamo all'Olimpico, oggi stadio Grande Torino, siamo arrivati all'Allianz. In mezzo penso all'Under 23, che ha vinto anche una Coppa Italia, e alle Women, con quattro scudetti, una Coppa Italia, due supercoppe. Sono tutti trofei raggiunti sotto la leadership di Paratici. Penso ai giocatori che ha portato qui da noi nella veste di direttore sportivo prima e chief of football poi. Ne cito tre: Tevez, Dybala, Cristiano Ronaldo. Ringrazio ovviamente tutti i tecnici, perché il calcio è uno sport di gruppo. L'unico rammarico, tra le tante trattative perché il problema è se la Juventus non segue questo o quel giocatore, è quel Van Persie con quella cena organizzata a casa mia. Me la ricordo e se penso a un rimpianto è sicuramente Robin, anche per la missione in avanscoperta che avevi fatto qualche settimana prima. Penso alla riunione con Paratici, Marotta e Nedved, alle innumerevoli cene e ai pranzi, alle storie del giovane scouting in Sudamerica: il modo in cui te le racconta Fabio Paratici fa in modo che lo ascolteresti per ore. Penso agli Juventus Day e ai cucchiai di legno girati. Penso alle rare chiamate alle 7,30 del mattino e io pensavo solo alla sua incolumità fisica, mentre era in realtà questioni di fuso orario diverso. Penso, per una persona astemia come lui, ai mojito e alle feste scudetto. Rimarranno impresse. Penso che alla Juventus sia arrivato un ragazzo e vada via un uomo, col grande pregio della curiosità. Un uomo istintivo, che segue il suo talento, ma anche responsabile. Soprattutto, un uomo vincente: ha gestito la Juventus in uno dei momenti più difficili della storia del calcio. Abbiamo giocato un calcio surreale con la pandemia. Penso, almeno è la sensazione dall'interno, che queste due stagioni, che voi avete raccontato quasi normalmente, non hanno avuto proprio nulla di normale per chi ha vissuto da dentro questo sport. Fabio Paratici ha avuto questa maggiore complessità di gestire la Juventus nel momento più difficile della storia del calcio. Dopo questi undici anni potevo pensare a mille momenti, le risate sono state innumerevoli ma a fine stagione abbiamo avuto una lunga chiacchierata nel mio ufficio: è stato naturale convenire che forse era il momento di chiudere e aprire un percorso diverso. Trovare parole è difficili, ma a livello personale e in nome di tutta la Juventus dico: grazie. Grazie di tutto, Fabio, sono stati anni fantastici. Ti chiedo solo di non chiamarmi più alle 7,30 del mattino".

Paratici ha ricordato il gol di Borriello a Cesena.

"Io ero in un parcheggio a Detroit, mi stavo arrabbiando con l'ufficio stampa che non mi mandava le notizie in tempo".

Cosa ha inciso in questa decisione, per esempio il caso Suarez o il ritorno di Allegri?

"No, assolutamente no. Nessuna vicenda esterna ha inciso. Gestire la Juventus vuol dire affrontare anche situazioni esterne importanti, penso a Scommessopoli con Conte, a Bonucci-Pepe passando per i discorsi di mafia e arrivando fino al caso Suarez. Gestire la Juventus vuol dire anche dover affrontare determinati situazioni e ostacoli. Ci siamo fatti una chiacchierata e insieme abbiamo deciso che fosse il momento di chiudere questi undici anni insieme. Così come nulla ha a che fare la scelta di Allegri, che è stata successiva: li conosco bene e sono due professionisti, se avessimo deciso di continuare insieme lo avrebbero fatto pensando solo a vincere".

Non temete, fra un paio di anni, che vi pentirete di questa decisione, come è successo con Allegri?

"Credo che abbia già risposto Fabio Paratici in maniera impeccabile. Certe decisioni vengono prese in determinati momenti e vanno contestualizzate. Sostenere adesso che la scelta di due anni fa e quella di oggi implichi un pentimento implica un giudizio sbagliato. In quel momento era la decisione giusta, in questo momento è la decisione giusta. Secondo noi, ovviamente non sono collegate".

Termina  Andrea Agnelli. Inizia a parlare Fabio Paratici 

"Speravo continuasse a parlare il presidente perché per me è un po' più difficile. Ringrazio Andrea (Agnelli ndr) e la Juventus per avermi dato anche quest'ultima occasione per salutarvi e ringraziarvi, la sento come un onore. Undici anni nella vita di una persona sono tantissimi, nel calcio e nel mio lavoro un'enormità. Questa è un'epoca che ho condiviso con tante persone e a ognuna di loro voglio dire grazie, ai calciatori, agli staff, ai dirigenti, ai dottori, agli autisti del pullman, alla logistica. Sono stati undici anni meravigliosi in un club speciale come la Juventus. Abbiamo vinto tanto ma anche perso tanto, perché solo chi perde tanto può vincere tanto. L'ho sentito dire a Maldini e quando guardo il suo palmares ci metto cinque minuti. Ne sono grato, ho dato tutto quello che avevo e sono molto orgoglioso di quello che ho dato. Passare dalla Juve vuol dire diventare una persona e un professionista migliore. Andrò in altri club e spero di poter trovare la stessa passione e lo stesso amore che si ha qui verso ciò che si fa. Devo ringraziare l'autonomia totale che ho avuto potendo osare e sperimentare, sapendo di poter contare sulla fiducia di chi era al mio fianco. Ci sono state tante occasioni per poter andare via, ma questo è il motivo per il quale non ho mai preso niente in considerazione. Ho avuto la fortuna di poter osservare ogni giorno tra i migliori calciatori della storia del calcio. Ho potuto condividere i miei pensieri con mio figlio e questi sono eroi del calcio come Tevez, Chiellini, Buffon, Cristiano. Poi ci sono gli allenatori da cui ho imparato molto come Delneri, Conte, Allegri, Sarri e Pirlo. La Juventus è fatta per renderti migliore e per questo sono orgoglioso, riconoscente e felice per quello che ho fatto".

Qual è il ricordo più bello di questi undici anni?

"Senza dubbio il gol di Borriello a Cesena. C'è anche una foto molto bella di quel momento".

Il più grande rimpianto è stato lo scambio Dybala-Lukaku?

"No, perché quando fai il nostro lavoro devi considerare tutto e avere una mente molto elastica. Devi essere in grado di poter cambiare, ci sono dei lati che voi non potete sapere del tutto e che indicano la strada per fare determinate operazioni. Dybala è un grandissimo giocatore che ha dato tantissimo alla Juventus. Io credo di essere uno dei maggiori responsabili per il fatto che lui sia qui, abbiamo investito tanto e fatto una grande scommessa. Credo sia stato l'acquisto più rischioso della mia gestione".

I tifosi hanno la consapevolezza di quello che si è fatto?

"La consapevolezza di tutto quello che abbiamo fatto l'avremo tra 10 anni. Non solo i titoli, ma tutto quello che è stato ostruito: uno stadio, un centro sportivo, la Juventus Women, l'Under 23. Progetti che hanno comportato tantissima fatica e tantissima ambizione. Tra qualche anno con più distacco, si potrà vedere meglio".

Un aneddoto su Cristiano Ronaldo? C'è qualche giocatore che non avrebbe ceduto?

"È stata una trattativa molto diretta, molto veloce. Quando hai a che fare con persone e staff di così alto livello hai a che fare con gente molto preparata. Pensandoci ci saranno stati dei giocatori che non avrei ceduto, ma dovete considerare che noi prendiamo decisioni in quel momento, poi magari la decisione viene giudicata dopo anni senza sapere magari neanche le motivazioni che ci sono dietro. Il migliore è quello che sbaglia meno, non quello che non sbaglia".

Il colpo che le dà maggiore orgoglio?

"Sono legato a tutti i giocatori che porto e che tratto. Federico (Cherubini ndr) sa bene quanto io mi arrabbi se non riusciamo a prendere un giocatore di 15 anni. Se devo dirne uno allora dico Barzagli che è stato con noi tanti anni. Ed è stato quello più sottovalutato da tutti. Noi internamente sappiamo che valore ha avuto il giocatore e la persona e quello che ci ha dato".

Il suo primo giorno alla Juventus?

"Siamo andati io e Marotta a casa di Andrea (Agnelli ndr) che abitava ancora in centro. Ci dovevamo vedere in un ristorante e io ero un po' agitato. Sono andato alle 8.30 davanti al ristornate che era una trattoria bellissima e ho pensato di aver sbagliato posto. Poi ho visto che arrivava lui e mi sono rincuorato. Questo è il primo giorno alla Juventus e tutt'ora vado ancora in quella trattoria e credo anche il presidente".

Nel prossimo club imparerà di più o trasmetterà di più quanto imparato alla Juve?

"Passare alla Juventus è una fortuna troppo grande per la mentalità che c'è e per l'educazione. Una persona intelligente si porta dietro tutto questo. Poi ovviamente in ogni posto speri di imparare qualcosa, ma sicuramente ti porti dietro queste cose".

Ha già un club per il futuro? Si rimetterà subito in gioco o si dedicherà un po' alla famiglia?

"Non mi sembra il momento adatto per parlarne. Quello che posso dirvi è che la mia famiglia spera che io lavori sin da subito". 

Quale è stato il momento più difficile? Anche lei rimpiange Van Persie?

"Non ne saprei dire uno. Quello che dico sempre è che bisogna pensare che in 11 anni abbiamo preso 4-5 decisioni al mese molto importanti, di quelle che danno dei pensieri. Questi sono tutti momenti molto difficili da affrontare. Nel caso di Van Persie il rimpianto di non avere un giocatore, oltre a non averlo, è tutto quello che c'è dietro. Il percorso che ci porta ad arrivare a comprare un determinato giocatore. Noi magari andavamo un po' più avanti e Andrea magari ci faceva fare un passo indietro".

Termina la conferenza stampa di Agnelli e Paratici