L'E' TUTTO SBAGLIATO, L'E' TUTTO DA RIFARE
Adesso la Juventus non può motivare le proprie speranze per una stagione positiva neanche basandole sui numeri, come quelli che la vedevano sino a due giornate or sono detenere il primato di miglior attacco della serie A e della squadra con il minor numero di sconfitte subite (due, meglio del Milan capolista). I timori dei tifosi bianconeri che la disfatta interna con il Parma potesse provocare effetti negativi più gravi della sola perdita dei tre punti e dell’allontanamento dai rossoneri in testa alla classifica hanno trovato puntuale riscontro nella successiva gara disputata al "San Paolo" contro il Napoli.
Adesso sono proprio loro, i numeri, quelli che inchiodano Madama di fronte alla triste realtà attuale. Oltretutto, confrontandoli con quelli della scorsa (disastrosa) stagione si può vedere come siano addirittura peggiorati.
Eppure di questa formazione, non più tardi di una settimana addietro, si diceva che con l’arrivo di una punta di peso in grado di aprire spazi a Quagliarella nelle aree avversarie e di realizzare lei stessa quei goals "brutti" (a quelli "belli" ci pensava l’attaccante di Castellammare di Stabia) avrebbe potuto anche provare a vincere lo scudetto, lasciando perdere qualsiasi discorso legato ad un anno (l’ennesimo) di transizione dopo essere ripartita dalle ceneri della gestione di Jean Claude Blanc. D’accordo, i limiti c’erano e pure evidenti: dalla mancanza di laterali difensivi di valore all’assenza di valide alternative in quasi tutti i ruoli del campo, tanto da doversi aggrappare al giovane sconosciuto Sorensen e a rimpiangere De Ceglie, quel giocatore vittima per mesi di feroci critiche salvo poi infortunarsi proprio nel momento in cui le sue prestazioni iniziavano ad andare oltre la sufficienza.
E’ strano ripensare a cosa si diceva di Quagliarella la scorsa estate al momento del suo approdo a Torino e toccare con mano la gravità della situazione ora che la Juventus dovrà fare a meno di lui per i prossimi mesi. La folle espulsione rimediata da Felipe Melo contro il Parma ha privato, poi, Del Neri dell’unico vero incontrista all’interno di un centrocampo considerato per mesi tra i migliori in circolazione in Europa, con quel Krasic diventato silenziosamente il trascinatore della Vecchia Signora tanto che l’apporto da lui fornito alla causa bianconera è stato contrapposto da molti addetti ai lavori a quello che Ibrahimovic garantisce al Milan. Smontata la linea mediana (con la complicazione legata al "caso Sissoko") ecco venire fuori la fragilità della difesa e l’inconsistenza dell’attacco juventino.
Non esistono società che non commettono errori. Incantati dalla bellezza di Leonardo forse ci si è dimenticati troppo in fretta che l’Inter è riuscita nell’impresa di mandare a casa un allenatore (Benitez) dopo che lo stesso aveva portato a compimento l’opera iniziata dal suo predecessore (Mourinho) vincendo il Mondiale per club, garantendogli una cifra pari a 5,3 milioni di euro netti per meno di duecento giorni di lavoro (tra stipendio, premi e buonuscita). Sono bastate due vittorie di fila in campionato perché i nerazzurri (con altre due gare da recuperare) riuscissero ad intravedere il secondo posto, con la speranza concreta di poter competere nuovamente per lo scudetto. Di fatto, però, c’è il fallimento di una scelta sportiva e di un investimento economico basati su un piano di lavoro che doveva soltanto essere portato avanti senza particolari stravolgimenti da parte di chi avrebbe potuto sedere quest’anno sulla panchina della Vecchia Signora al posto di Luigi Del Neri.
Nonostante tutto, seguendo le cronache attuali sembra che la Juventus abbia fatto ancora meglio dell’Inter, fallendo due volte all’interno della stessa stagione: la prima in estate, quando i pronostici non la vedevano in grado di superare, a fine campionato, la sesta posizione (vale a dire quella attuale, almeno temporaneamente); la seconda con l’inizio del nuovo anno, dopo che le sconfitte con Parma e Napoli hanno fatto scendere velocemente la Vecchia Signora dai piani alti della classifica sino ad arrivare ai margini della "zona Champions League".
"L’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare". La situazione che si è venuta a creare fa tornare in mente la più celebre tra le frasi pronunciate da Gino Bartali, anche perché sembra ormai assodato che sarà nuovamente così, nella Torino bianconera. Un’altra volta. L’ennesima, dopo il terremoto calcistico del 2006, quello accaduto all’epilogo di una stagione dove Madama collezionò 52 punti nel girone di andata (altro che i 40 del Milan attuale…) prima di concludere il campionato fermandosi a quota 91.
Una storia fatta di successi che ancora non è ripresa, e chissà quanto tempo ancora ci vorrà per smetterla di parlare del passato e godersi qualcosa di positivo legato all’attualità. Il piano inclinato verso altre sconfitte è pronto, adesso la squadra deve tirare fuori il carattere e le qualità mostrate a "San Siro" nella vittoriosa trasferta contro il Milan per rialzarsi il più alla svelta possibile, evitando di "mollare" così come è capitato lo scorso anno. Nel frattempo il partito del "io l’avevo detto" si ingrossa sempre di più, così come dal carro del Presidente Andrea Agnelli iniziano a scendere tifosi su tifosi.
E’ un fallimento, è già scritto che la sua Juventus non si riprenderà più e che non avrà mai un futuro degno di tal nome.
Forse.