Sul carro si sale con calma, dal carro si scende in fretta. Juve, non è tutto da buttare. Si riparte da Allegri, dalla rabbia di Buffon e dal mercato: idee chiare, da Keita a Bernardeschi

Nasce a Bari il 23.02.1988 e di lì in poi vaga. Laurea in giurisprudenza, titolo di avvocato e dottorato di ricerca: tutto nel cassetto, per scrivere di calcio. Su TuttoMercatoWeb.com
06.06.2017 00:45 di  Ivan Cardia  Twitter:    vedi letture
Sul carro si sale con calma, dal carro si scende in fretta. Juve, non è tutto da buttare. Si riparte da Allegri, dalla rabbia di Buffon e dal mercato: idee chiare, da Keita a Bernardeschi

È una stagione da buttare? A due giorni dalla deludente finale di Cardiff, attorno alla Juventus si leggono diverse valutazioni negative. Prima della disfatta col Real Madrid sembrava esservi una gara a esaltare l'operato della società bianconera, negli ultimi due giorni la corsa è a trovare lacune ed errori. Dal carro si scende con la stessa disinvoltura con cui sul carro si era saliti. Aiutati dal senno di poi e tanta ruffianeria: prima verso i dirigenti bianconeri, ora verso i tifosi delusi che si aspettano bordate di critiche. 

Non è una stagione da buttare e non tutto è da mettere nel cestino. Il 4-1 subito ha solo messo in chiaro alcune cose. Anzitutto, che nel calcio contano gli episodi, decisivi sia nel primo che nel secondo gol del Real. Episodi non intesi come alibi, ma come qualcosa che una grande squadra deve saper sfruttare a proprio favore. La terza rete, a stretto giro di posta, ha rappresentato una mazzata psicologica da cui in pochi si sarebbero potuti riprendere, ma a cui chi arriva in finale di Champions League dovrebbe reagire. E qui arriviamo alle lacune, anch'esse messe in mostra dalla serata di sabato. Tecniche, prima che mentali. Questa squadra le ha in panchina: il cambio Dybala-Lemina, contestuale a quello Benzema-Bale, è solo una fotografia, ma dice tanto. La Juve non aveva e non ha le risorse per ribaltare una partita storta. Lo stesso Cuadrado, la carta giocata senza frutti da Massimiliano Allegri, nella formazione tipo sarebbe un titolare. Bravo il tecnico a trasformarlo in un'arma da usare a gara in corso, ma due più due farà sempre quattro. Morale della favola: se gli undici in campo riescono a far girare la gara dalla loro, come quasi sempre è successo, tutto va bene. Se qualcosa va storto, però, è molto difficile raddrizzare l'andamento del match.

Lo sa bene la società, ma ci arriveremo. Qual è la vera Juve? È questo, ancora, l'interrogativo più grande. La risposta, come per tutte le cose, sta nel mezzo. È una squadra di vertice, che in tre anni vince tutto in Italia e disputa due finali di Champions. Ma è anche quella che le due finali di cui sopra le perde e che quindi deve crescere per potersi sedere davvero al tavolo delle grandi. Non bisogna credere alle maledizioni o alle statistiche create ad hoc. Provate a spiegare a un ingegnere, digiuno di calcio e dei suoi luoghi comuni, che la Juve ha perso cinque finali di Champions consecutive. Vi risponderà che non è un'affermazione statisticamente corretta e neanche rilevante. Non servono i processi o le esaltazioni forzate. Servono analisi: ogni partita, ogni stagione, fa storia a sé. Alla fine si traccia un bilancio, si vede cosa va bene e come migliorare ciò che non funziona. 

Da dove ripartire: Massimiliano Allegri. Si era detto che dal 4 giugno in poi sarebbe partito il toto-futuro, a prescindere dal risultato. Puntuale come un orologio, arriva l'interesse del PSG, di fatto l'unica big europea ipotizzabile. Il tecnico livornese, però, è l'uomo giusto per il futuro. In primo luogo, perché è davvero difficile rimproverargli qualcosa: i risultati parlano per lui. E poi, perché non ci sono alternative credibili. A oggi, vedo solo tre allenatori, per ragioni diverse, adatti ad allenare la Juve: Antonio Conte, Zinedine Zidane e Simone Inzaghi. Per motivi diversi (i primi due sono iper-blindati, il secondo ha rinnovato oggi ma più in generale deve confermarsi) i tempi non sono maturi per nessuno dei tre. Chiunque altro sarebbe una seconda scelta, mentre Allegri è una prima. La Juve riparta da lui, non solo rinnovandogli il contratto: gli ultimi mercati non sono stati sempre soddisfacenti delle sue richieste. E Allegri è tecnico che sa fare gli interessi della società, ma se gli si chiede la Luna, che gli si dia anche un'astronave. Da Allegri, e da Gianluigi Buffon. Chi non ha provato almeno un po' di dispiacere, nel vedere la sua espressione dopo la partita, non ama davvero il calcio, a prescindere dal tifo. Forse è passato l'ultimo treno per vincere una Champions e di conseguenza il Pallone d'Oro. Riconoscimenti che il miglior portiere di sempre meriterebbe. Si riparta da lui, dalla sua rabbia e dalla sua voglia di provarci ancora, anche quando nessuno ci crede più davvero. 

Arriviamo al mercato e partiamo proprio dalla porta. Fatico a comprendere l'operazione Szczesny e per questo a credere che andrà in porto, anche se al momento tutti gli indizi portano in questa direzione. Sul polacco, francamente, mi sono ricreduto: pensavo fosse un brocco e invece ha dimostrato di essere un buon portiere. Detto questo, in prospettiva sia Meret che Donnarumma gli sono superiori. Per i valori tecnici espressi, siamo sui livelli di Neto (che partirà, ma non è una novità), forse poco sopra. Ma l'arrivo del brasiliano aveva un senso: a parametro zero, quando il ritiro di Buffon sembrava dietro l'angolo. Szczesny costerebbe 16 milioni e per almeno un anno farebbe panchina. Soldi che la Juve potrebbe investire altrove: fra i due sopra citati, prenderei Meret. Per ragioni tecniche, ma soprattutto economico-gestionali: Raiola è bravissimo e non penso sia il diavolo che tanti dipingono, ma, proprio per le sue capacità e per il potere contrattuale di cui dispone, meno si tratta con lui meglio è. Nell'immediato, bene l'eventuale ritorno di Mirante: è cresciuto nel vivaio ed è affidabile come secondo.

Arriviamo a Keita, che vuole la Juve. Problema: Calenda, il suo agente, aveva dato la parola al Milan. E il senegalese serve ai rossoneri molto più di quanto non serva alla Juve. Morale della favola: il Milan proverà fino all'ultimo il colpaccio. Specie se non dovesse riuscire, come sembra, a prendere Morata. Con quest'ultimo, per inciso, capiremo in che direzione va il calcio moderno. Lui ha chiarito di non voler lasciare il Real e di considerare, in Italia, la Juve come unica destinazione possibile. Ai bianconeri farebbe pure comodo, ma hanno già chiuso per Schick che costa 35 milioni di meno. Al Milan non vuole andare: se poi soldi e agenti lo faranno rossonero, sapremo che questi due contano più delle intenzioni di un calciatore e potremmo anche chiudere bottega. Torniamo a Keita: Milan (e Lotito) permettendo, sarebbe un gran colpo. Con lui, Schick e Pjaca, mancherebbe soltanto un altro attaccante di valore per completare la batteria a disposizione di Allegri. Se la notte di Cardiff ha insegnato qualcosa è che, con quattro titolari, servono quattro riserve di valore. O alternative, perché non è detto che le etichette di iniziano stagione restino tali. Basta far giocare Lemina, Sturaro o Rincon trequartisti: gli si fa un torto che non meritano. In quest'ottica, obiettivo numero uno Federico Bernadeschi: a Firenze lo sottovalutano e il rinnovo non arriva, la Juve lo ha adocchiato da tempo, se dovessi scommettere punterei su di lui. Poi difesa: dentro De Sciglio e Spinazzola (che però potrebbe andare alla Fiorentina nell'affare Bernardeschi), potrebbe partire uno fra Dani Alves e Lichtsteiner. Attenzione ad Alex Sandro, che è il vero uomo mercato: la Juve vuole trattenerlo, ma le offerte fioccheranno. Al centro, da capire la situazione di Bonucci: Chelsea e City sono vigili e pronte ad aprire il portafogli. Molto dipenderà dal rapporto con Allegri: è trapelato pochissimo, ma se tutto è chiarito, rimarrà; se l'ascia di guerra fosse stata solo sotterrata, la sorpresa potrebbe essere dietro l'angolo. Se il centrale ex Bari dovesse partire, giusto provare ad anticipare l'arrivo di Caldara, anche dandogli la garanzia di un certo minutaggio. L'anno prossimo ci sarà il Mondiale e questo è un fattore di cui tenere conto. A centrocampo, infine, serve un grande colpo. Qualcuno che possa giocare in una finale di Champions e prendere per mano la squadra. Non faccio nomi, per non sparare nel mucchio. Ma di giocatori del genere ve ne sono 4-5 in giro per il mondo. Uno, per esempio, vive a Parigi.