Gli eroi in bianconero: Domenico PENZO

Pionieri, capitani coraggiosi, protagonisti, meteore, delusioni; tutti i calciatori che hanno indossato la nostra gloriosa maglia
24.10.2020 10:30 di  Stefano Bedeschi   vedi letture
Gli eroi in bianconero: Domenico PENZO
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Lo «zingaro» del gol è arrivato a Torino con una valigia piena di sogni. – scrive Angelo Caroli su “Hurrà Juventus” del settembre 1983 – Il trentenne Domenico Penzo tocca la vetta di una carriera che si è ravvivata solo a Verona. Ma i dati anagrafici non gli impediscono di riempire i bagagli di ambizioni. «La strada è ancora lunga – dice spesso con un sorriso discreto – e l’approdo alla Juventus non è certo un punto di arrivo».
Perché «zingaro» del gol? Perché in tredici anni di assistenza calcistica, Penzo ha visitato nove città (Varese, Borgosesia, Roma, Piacenza, Benevento, Bari, Monza, Brescia, Verona) servendo dieci club (Romulea compresa) e segnando un buon quantitativo di gol, pur denunciando le discontinuità che il ruolo di «bomber» comporta.
Domenico Penzo nasce a Chioggia il 17 ottobre del 1953. Suo padre fa il pescatore ed ha sette figli da sfamare. A sette anni, Domenico si trasferisce con la famiglia a Baranzate, nella terra dei mobili e a 14 anni, dopo aver lasciato gli studi, entra in una falegnameria di Paderno Dugnano. Infine fa il meccanico nell’officina di suo cognato.
E, questa, l’epoca dei primi veri calci a un pallone, nelle file del Borgosesia. Da quel giorno, siamo nel 1972, si dipana, contraddittoria e non sempre brillante, la carriera del «panzer» chioggiano. Nella Romulea, nel Bari, nel Benevento, nel Monza e nel Brescia, tiene fede alla sua fama di «puntero»; la grande occasione gli passa davanti agli occhi nel ‘74, quando la Roma lo porta all’Olimpico. Gioca 19 partite e segna la miseria di un gol.
Poi torna sull’altalena, come la maggior parte degli attaccanti troppo solidamente legati all’obbligo di segnare sempre. Finché balza agli onori, meno provvisori questa volta, delle prime pagine sportive. Con il Verona, protagonista l’anno scorso, gioca un campionato d’avanguardia. E mette alle spalle dei portieri avversari 15 gol. Un buon bottino. Solo Platini e Altobelli fanno meglio.
La Juventus, frattanto, perde Bettega, che si trasferisce in Canada. L’occhio di Trapattoni e di Boniperti cade sul veronese. Il quale non crede ai propri occhi quando legge la fantastica notizia sui giornali. Le prime dichiarazioni, dopo l’ufficializzazione del suo passaggio in bianconero, sono logicamente caute. Penzo è un po’ bloccato psicologicamente, poiché si rende conto dei rischi ai quali va incontro; deve capire se a Torino riuscirà ad avere le stesse condizioni esistenziali trovate a Verona. Passano i giorni, è tempo di ritiro a Villar Perosa. A Domenico Penzo, uomo serio e maturo, basta una settimana per capire tutto. «L’ambiente è molto buono – dice – e i compagni di squadra sono come tutti gli altri, anche se giocano nella Juve. Alla mia età è impossibile bruciarsi e la Juventus costituisce un trampolino di lancio per migliorare e per conquistare tappe prestigiose. Io so che la mia nuova società cercava un attaccante ed io sono qui per servirla. Non è facile il mestiere della punta; il ruolo ha subito metamorfosi sostanziali. Ma io cercherò di fare sempre il mio lavoro con il massimo impegno. Io e Rossi possiamo essere per la Juventus ciò che Graziani e Paolino erano per la Nazionale. Ci aiuteremo, sarà una specie di cooperativa per andare in gol».
Il gol è il tasto più battuto, come una nota piacevole. «Ne ho sempre fatti, diciamo una media di dieci all’anno; mi piacerebbe confermarmi su queste cifre. La concorrenza è però forte e comunque stimola parecchio. Sono stato considerato spesso un elemento di categoria, da serie B. Eppure le mie soddisfazioni me le sono tolte. Forse ho giocato male le mie carte quella volta nella Roma. Ma è acqua passata. A Verona ho segnato 14 gol in B e 15 in A. E la Juventus mi ha preso anche per questi dati».
E ora c’è il sogno di tutti, la Juventus assetata di rivincite. «In un gioco che si adatta alle mie caratteristiche posso fare tanti gol anch’io. Però capisco perfettamente che il mio compito è soprattutto quello di lavorare per la squadra e per Paolo Rossi. Non ho paure perché sono anche altruista, perciò Paolino stia tranquillo. E ora ho una grande ambizione, che urta società tanto prestigiosa può soddisfare; quella di vincere uno scudetto a 31 anni. Sarebbe stupendo».
Domenico Penzo è sposato ed ha tre figli. Sta cercando una casa definitiva vicino Milano, e ha in cantiere un progetto di lavoro che, a fine carriera, lo riporterà fra Verona e Brescia, dove ha conosciuto momenti di soddisfazione calcistica assoluta. Ora l’obiettivo di quest’uomo sobrio e puntiglioso è puntato però sul campionato, durante il quale vorrà confermare le ‘sue doti di uomo gol.

Domenico realizzerà il suo sogno, vincendo lo scudetto e la Coppa delle Coppe, partecipando alla festa con 36 presenze e 10 goal che, però, non gli varranno la riconferma. Restano questi dati e la certezza che, anche il buon Penzo, abbia portato uno di quei famosi mattoni che servono per la costruzione di una squadra vincente.