Gli eroi in bianconero: Christian VIERI
«Un giorno Moggi mi chiama a rapporto: entro nel suo ufficio e trovo il mio procuratore e Bettega. Il Direttore, con i suoi modi tranquilli e gli occhi semichiusi, dice che è pronto ad aumentarmi l’ingaggio, ma che non può andare oltre i due miliardi di lire a stagione. L’Atletico Madrid offre tre miliardi e mezzo. “Si va in Spagna”, dico. E la riunione finisce all’istante. Lo ammetto, decisi guardando solo il portafogli. Potendo tornare indietro, sarei rimasto».
Figlio d’arte, nasce a Bologna ma cresce in Australia. Per qualche anno si limita a correre dietro ai canguri, poi papà Vieri riporta la famiglia in Italia e, nel 1989, Bobo inizia a correre con i ragazzi del Prato. Nel 1990 è notato dagli osservatori del Torino che, per cento milioni di lire, lo portano al Filadelfia. La prima stagione gioca con la Primavera; la seconda debutta in Serie A. Entra nel grande calcio il 15 dicembre 1991 in Torino-Fiorentina, disputa sei partite (un gol) e inizia il campionato 1992-93 con una presenza. In novembre è ceduto in prestito al Pisa e nel 1993 passa al Ravenna, sempre con la formula del prestito.
Rientra al Torino nel 1994. I tecnici hanno molti dubbi; Vieri non convince: «È un attaccante grosso come un armadio ma con una tecnica individuale insufficiente», dicono. Presidente è Gian Marco Calleri che, dopo aver venduto la Lazio a Cagnotti, sta tentando un nuovo business, con il Torino. Calleri, che è ancor meno convinto dei tecnici, decide di vendere Vieri.
L’unico che intravede il campione è Rosario Rampanti, un allenatore che, in fatto di giovani, non sbaglia quasi mai. «Calleri aveva già preso accordi con il Venezia – racconta Rampanti – gli suggerii un trasferimento in comproprietà. Dissi al presidente che Christian stava crescendo sul piano tecnico e che dovevamo solo aspettare. Lui mi rispose che l’offerta del Venezia era buona. Così decise di incassare seicento milioni più la metà di Petrachi».
In Serie B, con il Venezia, Bobo mette a segno undici gol e il prezzo sale a tre miliardi, che l’Atalanta paga per avere, nel 1995, sette gol firmati dall’ex ragazzo del Torino. La quotazione sale ancora. Nel 1996 la Juventus sborsa nove miliardi per mettere il centravanti dell’Atalanta a disposizione di Lippi.
Christian Vieri, basta la parola – si legge su “Hurrà Juventus” dell’agosto 1996 –. Nel senso che il talento in famiglia non è certo un optional. Se papà Bob è stato “genio e sregolatezza” di una Juve che faceva innamorare, il fratello più piccolo, Max, è già uno dei nomi importanti del campionato Primavera. In mezzo alle due generazioni c’è Christian, timido e umile quanto basta, convinto al cento per cento delle proprie possibilità. Se poi la fortuna e la classe lo sosterranno, un posto nell’attacco bianconero non è certo un’illusione.
– Che effetto ti fa essere alla Juve?
«Cosa devo dirvi… è un sogno che si realizza per tutti: per me, per mio padre, per tutte le persone che hanno creduto in me. Se poi potrò dimostrare in campo le mie qualità, beh questo è un compito che spetta all’allenatore. Io sono tranquillo, sono qui solo per imparare».
– Eppure potresti guidare il tridente bianconero…
«Non ci penso. Io posso garantire che mi impegnerò al massimo, darò tutto per dimostrare il mio valore. Ho intenzione di mettermi in mostra. Ma sarà comunque Mister Lippi a decidere mentre io non posso certo pretendere nulla. Sono l’ultimo arrivato».
– La Juventus ha puntato sui giovani durante la campagna acquisti.
«La società ha seguito un preciso programma, non ha improvvisato. Significa che questa Juve non si è indebolita. È una squadra più giovane di prima e non credo che si tratti di un difetto. Anche perché sono comunque rimasti alcuni giocatori d’esperienza in ruoli chiave. Inoltre l’organico è completo in ogni reparto; siamo pronti per giocare le nostre chance in tutte le competizioni in cui saremo impegnati, dallo scudetto alla Champions League, alla Coppa Intercontinentale».
– Potresti giocare al fianco di Boksic. Ti piace l’idea?
«Certo, Alen è un campione vero. Impressionante la facilità con cui riesce a inserirsi nelle difese avversarie. È uno che quando parte difficilmente riesci a fermarlo».
– A garantire l’assistenza all’attacco ci sarà Zidane.
«Se lo ha preso la Juve significa che è un giocatore di classe. Il suo ruolo è fondamentale per la squadra e so che si tratta di un regista capace di dettare l’ultimo passaggio. Agli Europei, ha lasciato intravedere solo una parte di quello che sa fare, ma ci stupirà».
– Montero, uno che conosci bene.
«Sì, e posso garantire che si tratta di un difensore di assoluta affidabilità. Lo dico perché noto che se ne parla poco, forse perché in pochi lo conoscono bene. Meglio così, stupirà tutti. È uno dei difensori più forti del mondo e la Juve per lui rappresenta il giusto premio di una carriera che adesso comincerà a regalargli i primi risultati».
– Hai rinunciato alle Olimpiadi. Tutto per il bene della Juve?
«Sì, sto seguendo i consigli dei medici bianconeri e anche se mi spiace non partecipare al torneo di Atlanta, so che questo servirà per essere al meglio al momento del debutto nella Juve».
– Proprio in bianconero incontrerai alcuni compagni dell’Under 21.
«Già: Tacchinardi, Del Piero, Ametrano e Amoruso. Insieme abbiamo già vinto tanto in azzurro. Perché non continuare?».
Fra Lippi e Vieri nascono subito problemi; sono protagonisti di uno scontro durissimo che la società mette a tacere, grazie ai buoni rapporti di Moggi con la stampa. «È stato un incontro di boxe – dice ridendo – ci siamo presi un po’, durante l’anno. C’è stato uno scambio di opinioni abbastanza forte. Durante un Juventus-Atalanta, io ero entrato al 40’ e, dopo cinque minuti, finì il primo tempo. Lui mi disse qualcosa negli spogliatoi ed io gli risposi. Furono bravi i miei compagni a separarci. Forse, è stata quella la scintilla che ci ha fatto conoscere. Siamo entrambi toscani e ci piace dire le cose in faccia. Quella sera, Peruzzi mi chiamò per andare fuori a cena e mi portò nel ristorante, dove c’era anche Lippi. Andai a chiedergli scusa, abbiamo parlato un po’. Poi ho fatto tribuna per le tre o quattro partite che seguirono. Dopo mi fece giocare una partita a Milano contro l’Inter, quella successiva contro la Roma, entrambe in coppia con Amoruso e, da quel momento, non sono più uscito di squadra».
Bobo conclude la stagione con quattordici gol, non tantissimi. Ma dimostra di essere l’uomo adatto per far saltare in aria le difese. È il giocatore che serve a Cesare Maldini che, il 29 marzo 1997, lo fa esordire in Nazionale contro la Moldavia a Trieste. Gioca accanto a Zola e davanti a Di Matteo che militano nel Chelsea. L’Italia va in gol con Maldini, raddoppia Zola e proprio Bobo, al 50° minuto, fissa il risultato sul 3-0. Esce al 68’ per far posto a Padovano, suo compagno di squadra alla Juventus.
Maldini è convinto che la Nazionale abbia trovato l’erede di Gigi Riva. L’avvocato Agnelli è addirittura entusiasta e si raccomanda a Moggi perché il giocatore prosegua la carriera in maglia bianconera. Il “Signor Fiat”, sorridente, davanti alle telecamere della Rai annuncia: «Ho parlato con Moggi. Christian Vieri rimane con noi».
Il giorno dopo, invece, Moggi, d’accordo con Giraudo e Bettega, lo spedisce all’Atletico Madrid per trentaquattro miliardi. È un affare che porta un utile secco di quindici miliardi. L’Avvocato tace; non gradisce, ma tace. Pecunia non olet, dicevano i latini.
MATTEO DELLA VITE, DAL “GUERIN SPORTIVO” DEL 17-23 LUGLIO 1997
«Copri di più il pallone... E tu, usa anche l’altro piede. No, no, prova a metterti così: ecco, così... Ora vai benissimo». Il “come ti erudisco il pupo” è un esercizio che Christian Vieri (pupone da trentaquattro miliardi) fa volentieri. È successo la settimana scorsa, a Gatteo Mare, scuola-calcio targata Nike e denominata “Salvatore Bagni Football Academy”, camp che andrà avanti fino al 2 agosto e in cui il “Salva” correggerà vizi e alimenterà le virtù di oltre 200 ragazzini football-maniaci. Uno sponsor per amico, quindi, ed ecco ti comparire lui, Christian, il Bobotrotter, il ragazzone che con trasporto e divertimento si mette ad assistere i pupi durante i “fondamentali”. Li segue, li aiuta, li corregge: insomma, fa di tutto per entrare in sintonia coi futuri campioncini del nostro calcio.
Bobo arriva in Porsche con l`amico Andrea verso le 16,30: il tormentone Atletico Madrid è ancora un tema che conta e che fa parlare. E infatti cosa succede? Semplice, i ragazzini vogliono sapere. Parte la raffica di domande: senti un po’ Christian, ma chi le prese fra te e Lippi in quel famoso litigio nello spogliatoio? «Nessuno, non successe niente di particolare». Ehm... Secondo te, si alza Andrea, ciuffo nero e parlantina spedita, Pippo Inzaghi saprà essere da Juventus? «Pippo è un grande amico e un grandissimo calciatore: oltretutto non dimentichiamo che è il capocannoniere del campionato, e allora nessuno si deve preoccupare».
Salta su Gigi: ti piacerebbe andare a giocare in Inghilterra? «Sì, ma solo verso la fine della carriera. In quale squadra? All’Arsenal, fra i Gunners». Qual è stato il segreto della Juve? Sorrisetto un po’ così, come dire “che fatica parlare di queste cose”, poi Christian fa: «Il gruppo, l’amicizia, la coesione». La partita che più ti ha soddisfatto con la Juventus? «Beh, quella col Milan, quel 6-1: come potrebbe essere altrimenti...».
E intanto palleggia. Va avanti così con tanti gruppetti, risponde, chiacchiera, scherza, insegna, poi ecco la sequela di autografi: sui taccuini, sui cartellini e sui poster della “Nike”, sul “Guerino” con la storia della sua vita raccontata dai genitori. Una voce nel gruppo chiede: Christian, ma sei contento di andare a Madrid? «Sì, contento...». Ma è vero che puoi anche rifiutarti? A quel punto, Christian alza lo sguardo dal giornale, storce la bocca, arriccia il naso, fa spallucce come farebbe quello che, rassegnato e scontento, non può ribellarsi. E fa: «E cosa devo fare, mi hanno venduto!». Poi salta sulla Porsche e se ne va. Felice ma con dentro l’amarezza di dover lasciare la Juve.
I giorni successivi sono quelli della verità. Christian (che ha firmato il contratto sabato 12 luglio: quattro stagioni a 3,2 miliardi netti all’anno con clausola rescissoria fissata a novantotto miliardi) ricorda ancora il «gruppo-Juve, che mi mancherà moltissimo» e soprattutto conferma che il primo passo è stato fatto dalla dirigenza: «Sì, la prima mossa l’hanno fatta loro. Non ho chiesto di essere ceduto, non avevo certo pensato di lasciare la Juventus dopo appena una stagione».
Insomma, Christian se ne va: senza rancori verso Lippi («Quella discussione negli spogliatoi è stato un chiarimento necessario: da quel momento, tutto benissimo»), con grandi prospettive («L’Atletico ha fatto le cose per bene: l’obiettivo del presidente è contrastare lo strapotere di Barcellona e Real: credo che ci riusciremo») e un messaggio: «Timori? Nessuno: vengo dall’Australia sono un po’ zingaro, viaggiare mi piace».
Hasta luego, Bobotrotter.