Gli eroi in bianconero: Bruno LIMIDO

Pionieri, capitani coraggiosi, protagonisti, meteore, delusioni; tutti i calciatori che hanno indossato la nostra gloriosa maglia
30.03.2021 10:23 di  Stefano Bedeschi   vedi letture
Gli eroi in bianconero: Bruno LIMIDO
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Arriva da Avellino, – scrive Gianni Giacone su “Hurrà Juventus” del novembre 1984 – come altri personaggi che han fatto la gloria recente della Juventus. Si potrebbe dire che la provenienza, questa provenienza, è di per sè un certificato di garanzia. Ma non sarebbe serio metterla su questo piano, con Bruno Limido, del quale qui parliamo.
Perché Limido è ragazzo giovane ma già assai maturato e quindi ben cosciente del ruolo che gli spetta, e che potrebbe spettargli, in prospettiva, nella squadra bianconera.
La chiacchierata con Limido parte da orizzonti vasti, quasi praterie, e finisce poi nel particolare, magari secondario, ma comunque utile al lettore per capire il tipo, apprezzarlo, cominciare a misurarlo sulla lunghezza d’onda della squadra.
Limido è del ‘61, e dunque ha cominciato prestissimo, visto che si ritrova con alle spalle già un curriculum di tutto rispetto. «Ho iniziato nel Varese – dice Bruno – quando avevo 15 anni. La scuola era assai buona, lo è tutt’ora, e dunque sono stato avvantaggiato, tanto che a 17 anni già mi trovavo in prima squadra, con Fascetti allenatore. Poi, naturalmente, ho dovuto adattarmi alle più svariate incombenze, ma tutto sommato credo di essermela cavata bene, visto che ho messo insieme, tra serie B e serie C, una trentina di presenze, e tre gol, se ricordo bene».
Limido ricorda benissimo. È un ragazzo meticoloso, sa dove vuole arrivare, e conosce il prezzo, in termini di sacrificio, di questo obiettivo. Chiusa la parentesi, microfono nuovamente a Bruno. «Dopo Varese, Avellino una prima volta, poi nuovamente Varese, e infine Avellino in pianta stabile. Qui comincia la mia storia recente».
Nasce l’Avellino matricola spregiudicata, provinciale schietta e agguerritissima. La squadra che al «Partenio» sempre pieno di calore e di ribollente passione fa passare brutti quarti d’ora anche alle squadre più blasonate, sissignori anche alla Juve.
Limido è parte non secondaria di quell’Avellino. «In due stagioni – prosegue Bruno – ho giocato 50 partite, quindi quasi tutte, e ho anche segnato cinque gol. Diciamo che è stata la mia consacrazione a livello di serie A, il salto di qualità. In una squadra, oltretutto, ricca di talenti giovani, e dunque con sensibili margini di miglioramento. Di lì son partiti prima Vignola e Tacconi, e poi il sottoscritto e Favero. E ti assicuro che nella squadra irpina, di giovani forti, ce ne sono altri ancora».
Ma il passato è passato. Oggi Limido è nella «rosa» del Trap, e deve farsi valere in un contesto tecnico di primissimo ordine. Sentiamo dunque innanzitutto la sua scheda tecnica. «Posso ricoprire diversi ruoli – dice – e credo di essere stato preso proprio per questo. Quello che preferisco fare è comunque marcare la mezz’ala avversaria, oppure il cursore. Meglio ancora se, per fare questo, vengo gravitato sulla fascia sinistra, visto che sono un mancino. Comunque, se mi dicono che devo giocare a destra, nessunissimo problema, ci mancherebbe altro».
E veniamo al particolare. Hobby; tempo libero, insomma di tutto un pò, al di fuori del pallone. Con Limido, la premessa è d’obbligo. «Sì, in effetti, essendo sposato, con un figlio di quattro anni, i miei hobby e in genere il mio tempo libero sono legati a filo doppio alla famiglia. Passo la maggior parte del mio tempo in casa, ascoltando musica e vedendo film».
Vogliamo qualche dettaglio; i tuoi gusti, musicali e cinematografici. «Nella norma, direi. Mi piacciono i cantautori italiani, un po’ tutti, mentre per i films ho un debole per i western classici, alla John Wayne».
Andata buca, o quasi, la divagazione fuori del pianeta calcio, rieccoci a parlare di campionato, di stranieri, di giovani italiani. Un gran minestrone di attualità, parole e musica di Bruno Limido. «Sono portato più ai fatti che alle parole, e dunque non dò mai troppo peso ai discorsi teorici. C’è chi dice che gli stranieri portano via spazio e attenzione ai nostri giovani, cioè a noi, visto che mi sento parte in causa. Non sono affatto d’accordo: credo che gli stranieri, quando sono validi, siano utilissimi, anche e soprattutto come esempio per noi. Un giovane ha sempre tutto lo spazio per emergere, naturalmente se ha i mezzi per farlo, cioè le doti tecniche. Personalmente, mi sento più che stimolato da gente come Platini e Boniek, e credo che il discorso valga anche per i miei colleghi di altre squadre».
Finalino in stile-Juventus. Da Avellino a Torino, potrebbe anche essere dura. Cambia tutto. O no? «Sì – conclude Bruno senza farsi pregare –, in effetti cambia proprio tutto. L’ambiente è completamente diverso, le attese dei dirigenti e dei tifosi pure. Ma è un cambiamento che ho assimilato benissimo, senza traumi, e soprattutto subito, al primo impatto. Anche perché sono stato accolto davvero bene».
Insomma, un Limido che ha capito tutto e senza perdere tempo. Sarà altrettanto rapido a trovare posto, oltre che in panca, sul terreno di gioco? A giudicare dal debutto in Coppa Campioni, contro i finlandesi, la risposta dovrebbe essere affermativa.
Ma Bruno ci ha appena detto che preferisce i fatti alle parole, e dunque lasciamo al campo, e al Trap, di dare una risposta.

Acquistato per essere girato alla Lazio in cambio di Manfredonia e, a causa del rifiuto del laziale, rimasto a Torino, il buon Bruno non resterà che una semplice comparsa nel grande teatro juventino.
Al contrario dei suoi compagni di Avellino, autentici protagonisti di quegli anni bianconeri, Limido vede il campo in rare occasioni: 4 in campionato, 3 in Coppa dei Campioni e 7 in Coppa Italia. Un bottino davvero misero, che non gli varrà la conferma per l’anno successivo. Difatti al termine della stagione, sarà ceduto all’Atalanta.