STANDING OVATION NUMERO 21

08.11.2017 23:41 di  Caterina Baffoni   vedi letture
STANDING OVATION NUMERO 21
TuttoJuve.com
© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Come può un pallone non piangere l'addio di un suo fedele amico? In effetti la carezza che ogni volta riceveva dal suo tocco d’esterno destro al volo pronto a smorzarlo e che puntuale arrivava da dietro le spalle dell'attaccante o incursore destinatario di riferimento, entra di diritto nella nostalgia che già può riguardare l’infinito della memoria calcistica. Madama, ma più in generale il calcio italiano e mondiale, hanno potuto ammirare la classe immensa di un talento sconfinato che si materializzava in quel silente numero 21 tra i ciuffi verdi del prato.

Per sintetizzare il talento di Andrea Pirlo, come noto, i più lo hanno soprannominato "Maestro"  ma curiosamente è qualcosa che al tempo stesso è difficilissimo e molto facile da spiegare. Perché se «il Maestro» comunemente è quello che insegna qualcosa a qualcuno, ad un allievo, lui aveva in sè il dono dell'estro e della fantasia sintetizzate in tocco pronto e fugace nel precedere il pensiero dell'avversario o del compagno di squadra. Facile da intendere, quanto impossibile da imitare.

Non a caso, oggi, quando diciamo che un calciatore gioca o per meglio dire,  prova a giocare «alla Pirlo», tutti sappiamo perfettamente di cosa stia parlando, ovvero di quel modo unico di stare in campo che prevede copertura davanti alla difesa, lanci millimetrici ed estremamente precisi dalla lunghissima distanza pronti a baciare il piede del destinatario, ma anche di quegli ultimi passaggi illuminanti, capaci di dettare il tempo a tutta la squadra  e di creare occasioni dal nulla. 

E' stato anche l'esempio lampante di come non sia sempre vero che giocare a due tocchi porti alla formula finale: come lui ci ha insegnato, ne basta uno solo per creare, inventare e sapere cosa fare quando ha senso.
Un senso che hanno anche le lacrime di una sfera che rotola in mezzo al campo perchè orfana di quei gesti tecnici ma sempre purissimi, come le mortifere e puntuali punizioni che verso la fine della sua carriera diventarono l’evoluzione di una traiettoria perfida al punto tale da essere denominata "la maledetta", in quanto quel pallone da lui colpito sapeva precipitare all’improvviso verso un angolo irraggiungibile.
Il tutto riassumibile in una ferocia agonistica che solo tanta classe pura ed  istintiva poteva cullarsi in un volto ed un atteggiamento del corpo rilassato, quieto e tranquillo: sensazioni che infondevano serenità a chiunque l'avesse affiancato in questi anni e a chiunque lo ha potuto ammirare.
Egli è stato la sintesi perfetta di tecnica e potenza, dove nel corso degli anni è riuscito addirittura a variare il modo di calciare aumentando l’imprevedibilità delle traiettorie e il carnet delle soluzioni a sua disposizione. Lui col pallone dipingeva, incantava come fosse un Raffaello moderno inanellando opere d’arte che sono passate alla storia.
Chissà a chi l’avrebbe paragonato l’avvocato Agnelli, sempre acuto nel trovare appellativi perfetti per i suoi campioni bianconeri, ma di certo l'Arte non si offenderà se riprendendo la frase attribuita al pittore celeberrimo, dicessimo che il calcio quando vi era Pirlo temeva di essere vinto, e ora che si è ritirato, teme di essere abbandonato.
Eh sì, perchè il fuoriclasse bresciano ha saputo regalare perle per tutti i gusti tanto da farle sembrare poesie, per quanto sono state delicate, coinvolgenti e affascinanti. Specialista purissimo, il migliore al mondo nel fondamentale da fermo, con un repertorio talmente vasto e completo da valergli anche la nomea di “Professore”. 
Se il suo piede magico, la sua visione di gioco unica nella sua logica fuori dal comune e la sua regia lucida dal tocco di palla vellutato mista a sagacia tattica ed eleganza nei movimenti leggiadri tipica di chi ha una tecnica di base ben al di sopra della media sapeva renderlo capace di sopperire alla velocità propria e altrui e di leggere così l’azione (ancor prima che la stessa iniziasse), ecco che un semplice e banale "grazie" non potrà mai rendere vera giustizia alla gioia che uno come lui ha fatto provare a chi ama questo sport. Mirandolo abbiamo potuto ammirare un nuovo modo di pensare e di vedere il calcio. 
Un'emozione fattasi fantasia e tanta, troppa classe. 
Il maestro che ha saputo dirigere il concerto del gioco nei campi di calcio che contano e che sapeva precedere il pensiero dell'avversario. 
E' uscito di scena in silenzio, così come ha giocato la sua carriera, lasciando parlare per lui le sue magie, indelebili nella memoria di chi ama il calcio, per chi sa che registi come Andrea da Brescia, non ne fanno più.
Andrea Pirlo,  uno che ha sempre avuto il dono encomiabile di vedere in anticipo il futuro, quello che poteva succedere all’interno dell’azione stessa. 
Uno che "tanto gioca Pirlo".
 Beh, sipario e un'infinita standing ovation.
Grazie, maestro numero 21.