Torino, Ogbonna: "Non so che farei se chiamasse la Juve"

28.10.2009 14:02 di  Stefano Glenzer   vedi letture
Torino, Ogbonna: "Non so che farei se chiamasse la Juve"
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© foto di Giacomo Morini

Obinze Angelo Ogbonna, ventunenne difensore del Torino, ha annunciato ai tifosi di non essere sicuro della sua permanenza nella squadra di Colantuono: "Ai tifosi non prometto di rimanere al Toro. Non so che farei se chiamasse la Juve". Dichiarazioni che non saranno sicuramente prese bene dall'ambiente granata. Secco è alla ricerca di un difensore giovane, più che altro un terzino destro, per rinforzare la rosa di Ferrara. Ogbonna sarebbe però un alter ego di Caceres (22): nasce come difensore centrale, ma si può spostare sulla destra.

Il suo attuale tecnico, Colantuono, sa che Angelo assomiglia a un diamante grezzo, sul quale bisogna lavorare con pazienza: "Ha potenzialità superiori alla media. Ma pu­re certi difetti tipici dei giova­ni: ogni tanto smarrisce la concentrazione e si dimostra presuntuoso. Sta a me levar­gli i difetti. Se poi lui si aiu­terà, diventerà uno dei mi­gliori marcatori in Italia".

Dal canto suo, Ogbonna racconta la sua infanzia pallonara, culminata nel 2002 con lo sbarco nel Toro. "Avevo 14 anni: tutto era solo sogno e divertimento. Poi, quando so­no andato in prestito in C1 a Crotone, nel 2007, ho comin­ciato a capire che il calcio professionistico è prima di tutto un lavoro. Io, comun­que, non mi sento presuntuo­so. Quando il mister usa ’sto termine, vuole dire che devo sempre cercare di prevedere l’avversario, evitando di arri­varci all’ultimo con troppa si­curezza, se no prima o poi mi frega. Devo migliorare parec­chio, ho tanti margini di cre­scita. Sto sbattendomi per imparare meglio le diagona­li. Ma soprattutto sto lavo­rando sulla concentrazione: ciò che conta di più. E’ giusto che l’allenatore mi critichi anche: è il suo mestiere. Lo ringrazio per le belle parole, ma pure perché lavora per togliermi i difetti. Allora di­venta severo: normale, un mister troppo dolce non fa­rebbe bene. Anche Novellino si arrabbiava".