Scolari: "CR7 il più grande colpo che poteva fare la Juve. La tripletta all'Atletico uno spettacolo, bianconeri seri candidati alla Champions"

28.03.2019 13:30 di  Rosa Doro  Twitter:    vedi letture
Scolari: "CR7 il più grande colpo che poteva fare la Juve. La tripletta all'Atletico uno spettacolo, bianconeri seri candidati alla Champions"
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

L'ex allenatore del Portogallo, Luis Felipe Scolari ha rilasciato un'intervista a La Gazzetta dello Sport e ha parlato di Cristiano Ronaldo: "Cristiano sarà triste, questo infortunio causerà un po’ di difficoltà alla Juve, ma un muscolo non lo fermerà di certo. Lui ha insegnato a me e a tutto al mondo l’importanza della dedizione: niente cade del cielo, se si vuole ciò che si desidera bisogna combattere». Smaltito quanto possibile lo shock del Mineirazo, Felipao ora allena e vince al Palmeiras, nel suo Brasile, terra dell’altro Ronaldo con cui ha vinto un Mondiale nel 2002: meglio non stuzzicarlo su quale sia per lui il vero fenomeno. Sarebbe come chiedergli se vuole più bene a mamma o papà". 

Scolari, 20 agosto 2003, Portogallo-Kazakistan 1-0: all’intervallo toglie Figo per un giovanotto di Madeira.
"Ricordo tutto. Era il momento giusto per iniziare a inserire un giocatore “speciale” in un gruppo di compagni molto più grandi ed esperti: per il giovane Cristiano non era facile, anche perché giocavamo in maniera differente rispetto al suo Sporting. Eppure si inserì subito, trovò il suo posto. Aveva potenziale, determinazione, qualità che iniziavano a comparire, ma era impossibile pensare che sarebbe arrivato così in alto. Se ce l’ha fatta, è perché lo ha meritato".

Ha detto cosa le ha insegnato Ronaldo. Ma c’è qualcosa che ha insegnato lei a lui?
"Gli ho dato consigli, da allenatore ma anche da persona più matura. Quasi un padre che insegna qualcosa della vita al figlio. Gli parlavo di determinazione, focalizzazione sull’obiettivo, lavoro, ma erano tutte qualità che già possedeva dentro e su cui ha costruito la sua fortuna”.

In quegli anni in cosa lo ha visto migliorare?
"Ai tempi, ogni volta in cui in allenamento non gli andava dritta qualcosa, fosse una semplice giocata o un passaggio, non usciva dal campo perché voleva continuare all’infinito: si intestardiva e bisognava tirarlo via di peso. Col tempo è cresciuto in questo aspetto, la consapevolezza: ha capito, ad esempio, quanto sia importante il lavoro fuori dal campo. Da un certo momento in poi si è dedicato al fisico in una maniera mai vista in nessun altro".

L’immagine di Cristiano che piange tra le sue braccia dopo l’Europeo perso in casa nel 2004 ha fatto storia: ricorda quell’attimo?
"Il Portogallo non aveva mai giocato la finale di un titolo europeo, occorre dirlo… L’abbiamo persa, e Cristiano, molto giovane, ci rimase più male di tutti gli altri. Andai subito lì ad abbracciarlo mentre piangeva. Gli dissi di non abbattersi: lavorando nella maniera giusta, avrebbe avuto un’altra occasione. Dopo 12 anni, infatti, era con la coppa in mano a Parigi... Penso che quella delusione del 2004 lo abbia aiutato ad essere quello che ora è diventato. In quel momento ha capito che, se fallisci un obiettivo, devi subito concentrarti per il successivo".

L’ha sorpreso vederlo andare via dal Real e venire alla Juve?
"È il colpo più grande che poteva fare la Juve… Cristiano è sempre mosso dalla sfida: ogni anno ne cerca una nuova. Ogni anno deve raggiungere qualcosa di più grande. È sempre stato così. A Torino è arrivato con enorme esperienza, a 34 anni, ma conservando la sua qualità: lui dà al club di turno o alla nazionale tutto ciò che le serve per vincere, gol e leadership, tecnica e disciplina".

Ha visto i tre gol all’Atletico?
"Certo, uno spettacolo vedere quanta gioia abbia dato ai suoi compagni e anche a se stesso. Questa tripletta ha fatto la storia della Juve, ma conta molto anche per lui. È una rivincita: in tanti lo avevano contestato dopo la sconfitta di Madrid, gli rinfacciavano la sua uscita dal calcio spagnolo, ma alla fine ha avuto ragione... Adesso la Juve è una serissima candidata alla vittoria: non sarà l’unica superfavorita, ma può farcela".

Il suo Cristiano ha qualcosa di... brasiliano nel modo in cui sta in campo?
"Tutti i giocatori ormai stanno in campo allo stesso modo in ogni angolo del mondo... Io so quanto ha sofferto Cris da bambino, quante difficoltà abbia superato nel dover lasciare Madeira e nel cominciare una nuova vita senza la famiglia, che non era certo ricca. Ecco il qualcosa di “brasiliano” in lui: anche i nostri giocatori affrontano spesso problemi simili lasciando le periferie o le favelas. Come tanti brasiliani, Ronaldo è riuscito col calcio a sfuggire al destino".

Infortunio a parte, contento che Cristiano sia tornato a giocare nel Portogallo?
"Deve ancora indossare quella maglia, visto che è al top. Non è il momento di smettere. Ma, attenzione: quando si è campioni, come il Portogallo nel 2016, ripetersi è difficilissimo, quasi impossibile. Soprattutto se si fa un grande rinnovamento come sta facendo Fernando Santos. Quindi è dura chiedere a Cristiano un’altra Coppa…".

Sicuro di non voler dire se è più forte il Ronaldo portoghese o quello brasiliano...

"Non c’è un migliore e non c’è un peggiore. Ci sono due giocatori meravigliosi che hanno una caratteristica unica che li accomuna. Loro... decidono. Se c’è una partita decisiva e sono in campo, tranquilli, sono loro che decidono".