Paolucci: "La Juve? Mi allenavo con dei marziani. Calciopoli? Quella Juve era fortissima, non aveva bisogno di aiuti per vincere"

Paolucci: "La Juve? Mi allenavo con dei marziani. Calciopoli? Quella Juve era fortissima, non aveva bisogno di aiuti per vincere"TuttoJuve.com
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di Giuseppe Giannone

Intervistato dal collega Sergio Stanco per "Fanpage.it", Michele Paolucci, ex attaccante, tra le altre, della Juventus, si sofferma a parlare della sua esperienza in bianconero: "La chiamata della Juve? Quando me lo hanno detto, ho risposto: “Quando si parte?”. Ovviamente era il sogno che si realizzava, io ero entusiasta. Mia mamma un po’ meno (sorride, n.d.r.), ma devo ringraziarla perché mi ha lasciato andare. Non è scontato per un genitore separarsi dai propri figli a quell’età e saperli lontani. Tuttavia, ha capito che per me era un’occasione troppo importante e, pur con grande sofferenza, ma con altrettanto altruismo, mi ha assecondato.

Ricordo quando Capello ogni tanto ci chiamava per fare le partitelle. Quella era la Juve di Del Piero, Trezeguet, Buffon, Vieira, Ibrahimovic. Hai presente? Puoi immaginare cosa significasse per un ragazzino poter giocare con questi “marziani”? Fai conto che mi marcavano Cannavaro e Thuram, sto ancora cercando palla (ride, n.d.r.). 

Calciopoli? Non vivevo lo spogliatoio, non ero aggregato alla Prima Squadra, ma posso dirti che quella era una Juve fortissima, che non aveva alcun bisogno di aiuti per vincere. Secondo me – per qualità e personalità – è stata una delle squadre più forti della storia bianconera.

Com'è stato giocare con Del Piero? All’inizio non ti nascondo che c’era un po’ di soggezione, ma poi anche Alex si è rivelato un ragazzo di un’umiltà e di una disponibilità rare. Ci si potrebbe anche aspettare un po’ di sufficienza da parte di un campione del Mondo nei confronti di un ragazzino della Primavera, ho visto altri tirarsela per molto meno. Invece, lui non ha mai messo barriere. Anzi, ricordo che ad un certo punto eravamo entrati in sintonia, a tal punto che in una tournée negli Stati Uniti e Canada eravamo sempre insieme. Abbiamo cominciato a giocare a carte, a scopa in particolare, fin dall’aereo. Poi, una volta lì, entrambi non riuscivamo a dormire per il fuso orario e, allora, andavamo avanti giorno e notte. Io ero in camera con Marchisio e Alex veniva a bussare a notte fonda per giocare.  Una volta ci siamo messi a giocare sul marciapiede della 5th Avenue in attesa dei compagni che erano andati a fare shopping. Ricordo Grosso che ci guardava e rideva: “Voi siete pazzi”, ci diceva”.