Gazzetta - Bonucci racconta il suo segreto: "Da 4 anni lavoro con Ferrarini. Ero finito, oggi sono alla Juve e in Nazionale"

24.11.2012 09:05 di  Redazione TuttoJuve  Twitter:    vedi letture
Gazzetta -  Bonucci racconta il suo segreto: "Da 4 anni lavoro con Ferrarini. Ero finito, oggi sono alla Juve e in Nazionale"
TuttoJuve.com
© foto di Daniele Buffa/Image Sport

"Ero finito, ora c’è la Juve". Leonardo Bonucci racconta sulle colonne de "La Gazzetta dello Sport" il segreto della sua rinascita e della sua forza. Si tratta di Alberto Ferrarini, motivatore 41enne di Treviso: «La prima volta ho avuto paura. In meno di 30’ mi aveva detto delle cose talmente personali da impressionarmi. Chi era questo sconosciuto che scavava dentro di me dando l’impressione di conoscermi da sempre? "Leo, lascialo stare" ripetevo nei 10 giorni successivi. E invece... Da 4 anni lavoriamo insieme: allora frequentavo la tribuna dello stadio di Treviso oggi sono alla Juve e in Nazionale. Come mi aveva scritto in un bigliettino dopo il terzo incontro».
C’è un soldato che lotta in campo con Leonardo Bonucci: non è una metafora. "C’è da sempre, solo che non lo sapevo", spiega il giocatore. A metterlo in «contatto» con la parte più nascosta della sua anima e del suo cuore è stato Alberto - si legge nel pezzo del collega Francesco Ceniti -. E’ il tipo che lo aveva impaurito il difensore quando gli aveva spiegato, dopo una breve chiacchierata, quali erano le soluzioni per diventare prima un uomo, poi un calciatore. Per tutti adesso è il «motivatore». Ma siamo distantissimi dallo stereotipo «sei il più forte, vai e spacca il mondo». Alberto e Leo «lavorano» seguendo strade conosciute al primo e dimenticate dal secondo. Li accompagnano i segreti della numerologia, del pensiero positivo, della tradizione indiana e altro ancora. E comunque quello che stupisce guardando negli occhi Bonucci, quando racconta questa storia, è la serenità. Coinvolge anche chi gli sta vicino. E non c’è traccia del Bonucci supponente, etichetta appiccicata addosso dalla critica per alcune giocate sopra le righe. Ogni cosa ha una sua spiegazione. Come il soldato. Basta ascoltare. «Chi non conosce certe situazioni può sorridere. Capisco. Qualche compagno di squadra mi prende in giro. Ci sta, perché magari faccio e parlo di cose che non comprendono. Ho imparato a non giudicare grazie ad Alberto. Al posto loro proverei questa esperienza: a me ha dato tantissimo».
«A Treviso stavo perdendo autostima, fiducia e la mia carriera era in pericolo.

Con Alberto ho ritrovato serenità. Sono andato a fondo ad alcune situazioni che mi portavo dentro da tempo e creavano dei problemi. Questo mi ha aiutato anche a livello fisico: sto bene fisicamente e mentalmente. Un esempio? La vicenda del calcioscommesse aveva lasciato delle scorie interne, da eliminare. Fatto prima di Firenze». «Che facciamo? Beh, anche cose particolari, ma sono nostre - continua Leo -. A volte servono incontri di ore. Di solito vedo Alberto o lo sento una/due volte alla settimana. E sempre prima di una partita. Alla fine sono carico di una energia positiva e scendo in campo consapevole della mia forza. Esagero? No, mi assumo le responsabilità chieste dall’allenatore. E se sbaglio non mi faccio condizionare, questa è una delle cose che ho imparato. Tutti commettiamo errori, l’importante è cancellarli e ripartire. Avendo bene in testa i miei limiti. Non mi spingo mai oltre. Lui è stato importante, ma poi tocca a me. A Treviso avevo un problema con il tecnico Gotti, abbiamo iniziato a risalire da qui. Per un calciatore è vitale stare in sintonia con il proprio allenatore. Io mi sono messo al servizio prima di Ventura e poi di Antonio Conte e Cesare Prandelli. Sono un soldato, loro i miei capitani: mi guidano in ogni partita. Da dove salta fuori il soldato? Siamo la stessa persona: è presente come non mai. Gli abbiamo dato un nome: Leonardobi. L’ho scritto sulle scarpe perché quando si gioca è una battaglia. Lo so, vi sembra strano. Non capite. Neppure io 4 anni fa quando ero in tribuna a Treviso...».