Caldara e il mondo Juve: "Sembrava inarrivabile, lì ho capito cosa significa l’élite"
A un mese esatto dal ritiro, Mattia Caldara torna a raccontarsi. L’ex difensore di Atalanta, Juventus e Milan, che ha chiuso ufficialmente la carriera il 15 novembre, è stato ospite del podcast Centrocampo, ripercorrendo le tappe principali di un percorso segnato da grandi aspettative, exploit e infortuni.
Uno dei passaggi più significativi riguarda la Juventus, che nel dicembre 2016 fece l’offerta più concreta per strapparlo all’Atalanta.
"A dicembre è arrivata la chiamata della Juventus. Il procuratore mi disse che c’erano molte squadre interessate, ma la Juventus era quella che aveva fatto l’offerta più concreta. Poi l’Atalanta in quel momento era all’inizio del ciclo, stava per vendere Gagliardini all’Inter, ed il mio procuratore mi disse ‘la Juventus non ti vuol prendere subito, ti vuol tenere un anno e mezzo in prestito all’Atalanta.' Quando mi ha detto quelle cose, ho pensato potesse essere la scelta migliore." Caldara ha esordito così in merito a quella che fu la sua avventura con i bianconeri, in merito alla quale ha aggiunto: "Firmo con la Juve e resto poi a Bergamo un anno e mezzo. Lì ha cominciato a diventare diverso: mi fermavano persone per fare le foto e mi rendevo conto che iniziavano a guardarmi, cosa che fino a 5-6 mesi prima non accadeva affatto. Era cambiato tutto, e l’esser rimasto un anno e mezzo all’Atalanta mi è servito molto".
E ancora: "Sono molto onesto, sono una persona non apatico ma sentimentalmente sono molto freddo. Sia che faccio prendere gol alla squadra o succede una cosa importante come ricevere la chiamata della Juve, nel momento sto male, ma se mi guardi il giorno dopo è la stessa cosa. Le vivo fortemente per poco tempo ma poi sono sempre la stessa persona di prima, nel bene e nel male sono così. La chiamata della Juve mi ha influenzato per un giorno, ma poi è tornato tutto alla normalità. Sicuramente è un premio per me e la mia famiglia, con la Juve che ti vuole comprare, non posso negare sia stato molto importante."
Il mese vissuto a Torino fu però sufficiente per fargli percepire la differenza di dimensioni: dall’arrivo di Cristiano Ronaldo alle sale stampa affollate, fino alla sensazione di essere “uno dei tanti”, lontano dall’ambiente familiare di Bergamo.
“Capisci subito che il mondo Juve è un’altra cosa”.
Indelebile il ricordo degli allenamenti con Chiellini e Barzagli:
“Avrei voluto fermarmi a guardarli. Erano maniacali nei dettagli, nel posizionamento, nel modo di usare il corpo. Guardandoli imparavi più che allenandoti”.
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