Del Piero a Sky: "Vialli è stato il mio capitano in campo e fuori, ispirava carisma. La Champions momento unico"

06.01.2023 23:50 di  Redazione TuttoJuve  Twitter:    vedi letture
Del Piero a Sky: "Vialli è stato il mio capitano in campo e fuori, ispirava carisma. La Champions momento unico"

Alessandro Del Piero, intervenuto in diretta su Sky Sport, ha ricordato il suo ex capitano Gianluca Vialli: "Non mi trovo a mio agio a parlare in questi momenti. Lui è stato insieme a Baggio uno dei due esempi più importanti che ho avuto alla Juventus appena arrivato 18enne. Perché avevano vinto la Coppa UEFA, per quello che rappresentavano per la Nazionale, erano il 9 e il 10, sono stati enormi per me. Luca è diventato il mio capitano, è così che mi piace ricordarlo. Lo è stato sul campo, fuori dal campo, lo è stato la prima volta che quando facevamo le doppie sedute mi ha invitato a mangiare con tutti a Torino. Aveva una voce rassicurante, una voce decisa, era un personaggio che ispirava non solo fiducia, ma anche carisma, voglia di mettere il petto in fuori e affrontare qualsiasi tipo di sfida, anche se sembrava insuperabile agli altri. Questa è una delle cose che più mi ha colpito di lui per uno che lo ha visto fino ad un mese prima segnare e vincere con la mia squadra del cuore e se lo è trovato lì, ad allenarsi con lui a 18 anni. Mi sembrava tutto assurdo, è stato un esempio incredibile in quegli anni passati insieme e nei tanti successi raggiunti".

Che ruolo ha ricoperto Vialli nel dualismo tra lei e Baggio?
"Non sono mai stato un rivale per Roberto, ero giovane. Lo sono diventato per forza di cose dopo lo scudetto ed ho raccolto la sua eredità. In realtà non sono mai stato un suo rivale, non ne ero all'altezza e Luca lo percepiva. Era un ragazzo molto sensibile agli umori, agli sguardi. Tramandava la sicurezza, ma anche le sue paure, le condivideva. Una delle cose più belle che ha fatto durante tutta la sua carriera è aggregare le persone davanti alle proprie gioie, alle proprie paure, alle proprie sconfitte. Sono sempre stato trattato come gli altri, malgrado fossi il più giovane, l'ultimo arrivato".

Perché spesso lei ha detto che la partita simbolo del suo rapporto con Vialli è la vittoria in rimonta per 3-2 contro la Fiorentina?
"Quella è la partita simbolo per il nostro anno, per la nostra Juventus. Eravamo sotto 2-0 contro la Fiorentina prima in classifica in una gara dove avevano dominato. Quella gara ci ha dato la consapevolezza che potevamo vincere contro chiunque in qualsiasi circostanza. Fu qualcosa di incredibile, se lo fai è perché ci credi fino in fondo. In quella partita Gianluca segnò due gol e mi ricordo che, dopo il 2-2, cerchiamo di buttarlo giù perché già raggiungere il pari sarebbe stato straordinario e lui con 3 uomini addosso ci porta a centrocampo e ci dice di vincerla. Poi me lo ritrovo a scivolare con me e ad esultare sul 3-2. Questa era la sua mentalità, si va dritti fino in fondo. La rimonta partì da lui, dal suo atteggiamento, dalla sua carica, dal non mollare mai, dal suo carisma. Significa tanto per un giovane di 19 anni come me, che in un primo momento aveva negli occhi questo gol qui che fu probabilmente il più bello della mia carriera. Te lo godi alla grande, poi in una partita così... Scopri dopo i dettagli con il passare del tempo, quelli che prima non ti accorgevi".

Nella finale di Champions vi siete sacrificati entrambi. Avete dimostrato che si può giocare con tanti moduli, ma basta ci sia la mentalità giusta.
"Quella era una mentalità che fu costruita nell'anno precedente quando il mister decise di giocarsi tutte le nostre carte in attacco. Richiedeva tantissimo sacrificio da parte degli attaccanti, dei centrocampisti e Luca è sempre stato il primo. In finale più passavano i minuti, più la fatica arrivava. Io ero più adibito alla fascia sinistra, Luca invece al centro e Padovan e Ravanelli alla fascia destra. Quando vedi Vialli, il leader, farsi il culo, picchiare, prendere le botte. Beh, è facile andargli dietro".

Vialli disse che avrebbe tirato il rigore in finale solo se ci fosse stato bisogno. Non voleva compromettere quanto di buono fatto, ma non si sottraeva al suo dovere.
"Sono d'accordo. Gianluca è sempre stato onesto in campo e fuori. Sapeva i suoi limiti, il calcio di rigore non è mai stata la sua forza, forse non gli piaceva neanche. Se poteva non lo batteva... Io credo che quella finale lui abbia pensato tanto in quei momenti dei rigori a quella che aveva disputato 4 anni prima con la Sampdoria e che gli era sfuggita. Andare sul dischetto è molta poca tecnica e tanto cervello, tanto cuore, tanto sangue freddo. Possiamo fare tutti i discorsi che vogliamo, che uno si tira indietro, che non vogliamo batterlo, che chi sbaglia viene ricordato per sempre... In realtà è un momento molto delicato, unico e devi avere fiducia anche negli altri, nei tuoi compagni e nel portiere".

Si ricorda quando ha documentato l'avvicinamento alla finale di Champions League con un video?
"Quello che mi piace ricordare è la sua capacità di essere felice, di sorridere davanti anche ai momenti più drammatici, di sdrammatizzare. Quella coppa per noi è stato un momento unico. Quando segnai con la Steaua venne da me e disse: 'Ormai se Ale prende palla lì non serve più attaccare il primo palo eh'. E poi mi disse che avevo fatto un gran gol. Era unico anche in queste cose, sapeva strapparti un sorriso anche nei momenti di tensione. Era fondamentale in determinati momenti del campionato, di alcune partite. Ti faceva fare delle risate e quello era importante. Dà la misura della persona il fatto che sia riuscito a fare tutto alla grande: giocatore, allenatore e dirigente".