IL TERZO TEMPO - A denti stretti e capace di tutto: una Juve eroica conquista Wembley ed onora Davide Astori

“The Italian Job”, “Italians do it better”, gli slogan che hanno reso il Belpaese famoso in Gran Bretagna, per motivi più o meno nobili. La Juventus di oggi incarna, più di ogni altra squadra, l'italianità calcistica, fatta di sofferenza quasi invivibile e contraddistinta dalla capacità di far male all'avversario alla prima occasione utile. In una serata di sport di livello altissimo, segnata dal commosso minuto di silenzio in memoria di Davide Astori, la squadra di Allegri ha dato prova di quanto l'esperienza conti nelle partite europee. Inizio difficile, con lo stadio della nazionale inglese in “prestito” per l'annata in corso agli Spurs, che diventa una bolgia sin dai primi istanti, rendendo l'atmosfera infernale. Son imprendibile per Barzagli, che soffre oltremodo l'imprevedibilità del coreano, Kane che si mangia il vantaggio dopo aver bruciato Buffon e Chiellini, Eriksen che svaria e manda in confusione le marcature preventive a centrocampo. La naturale conseguenza è il vantaggio, per la verità carambolesco, di Son che beffa un Buffon quantomeno rivedibile nell'occasione. Le zebre sono frastornate e disunite tatticamente, tanto da rischiare a più riprese il doppio svantaggio. In mezzo, il primo orrore della terna arbitrale polacca, capace di negare un rigore solare a Douglas Costa, di gran lunga il migliore dei suoi nella prima frazione. Nemmeno l'intervallo sembrava aver dato nuova linfa alle manovre dei bianconeri, con gli ingranaggi arrugginiti e capaci di prendere ammonizioni a raffica. Allegri capisce così che la svolta deve venire dalle fasce e, senza alcuna scelta offensiva a disposizione, inventa il doppio ingresso di Asamoah e del redivivo (in campo europeo) Lichtsteiner. Mai decisione fu più azzeccata perchè la Juve penetra nelle labili maglie difensive degli inglesi, punendoli con un cinismo disarmante per due volte in tre minuti: prima lo svizzero sguscia in fascia ed arma l'assist di Khedira per la zampata da centravanti consumato di Higuain; poi il Pipita si mette in proprio illuminando la trequarti con un passaggio da capogiro per Dybala, abile a trafiggere Lloris sotto il suo incrocio “preferito”. La partita cambia inerzia con la rapidità di una tempesta, perfetta per i ragazzi di Allegri, fine stratega ed abilissimo gestore delle poche forze a disposizione. Le assenze di Mandzukic, Bernerdeschi e Cuadrado potevano pesare enormemente sull'economia del doppio confronto, ma Allegri è un adepto della filosofia del “fare con quel che si ha” ed è capace di destreggiarsi egregiamente sui cammini più ripidi ed insidiosi.
Il Tottenham è squadra temibilissima dalla cintola in su, ha giocatori di calibro internazionale, che continuano a mettere in apprensione la difesa di Madama, fino a colpire al 90' un palo clamoroso con Kane: la palla rimbalza sulla linea come i cuori dei cinquemila supporters giunti a Wembley da tutta Italia, prima che Barzagli la spazzi in orbita. L'ultimo sussulto, anch'esso nettamente viziato dall'incompetenza di Marciniak e co., di una partita al cardiopalma, vinta da una squadra che, se ferita, diventa pericolosissima. Capolavoro di Allegri? Col senno di poi, tutti bravi a dirlo, ma è lo stesso tecnico a svincolarsi dai complimenti ipocriti, fuggendo come di consueto negli spogliatoi al triplice fischio. Monumentale la partita di Chiellini e Douglas Costa, impressionante, per cinismo ed applicazione, quella del duo offensivo argentino, che vuole avvicinarsi in tandem a staccare il pass per il mondiale di Russia. Un'impresa a tutti gli effetti, perchè compiuta tra mille difficoltà tecniche ed emotive, in uno stadio che si può annoverare tra i templi del calcio mondiale e contro una squadra che (per dirne una) qualche mese fa aveva demolito il Real Madrid campione d'Europa. Toccanti e significative le parole del vice capitano nel post partita, in ricordo dell'amico e collega scomparso nella notte tra sabato e domenica. Giornate segnate dal dolore e dalla riflessione, per quella parte di imponderabile che di tanto in tanto emerge nella vita di ognuno di noi. All'alba, un'ampia delegazione della squadra ed il mister sono volati con un jet privato a Firenze, per rendere l'estremo omaggio all'amico ed allievo. Una personalità, quella di Davide Astori, che sarà il viatico principale a livello umano che il nuovo corso della nazionale dovrà portare con se'. Le orme di un professionista esemplare, di un uomo nobile e stimato, sempre sorridente e dedito al lavoro dovranno essere calcate dalle nuove generazioni del nostro calcio. Riduttivo dedicare una “piccola” vittoria sul campo ad un amico che non può più battagliare, lottare al loro fianco per chissà quale ingiusto motivo. Ma vedere una partita giocata con questo spirito di squadra, con questa dedizione e con questa sofferenza sarà piaciuto, in qualche sparuto angolo del paradiso, anche a Davide.