Il complotto contro CR7 che non c’è stato. Campionato noioso? Non è colpa della Juve. Cori, genialità e razzismo

Nasce a Bari il 23.02.1988 e di lì in poi vaga. Laurea in giurisprudenza, titolo di avvocato e dottorato di ricerca: tutto nel cassetto, per scrivere di calcio. Su TuttoMercatoWeb.com
04.12.2018 02:00 di  Ivan Cardia  Twitter:    vedi letture
Il complotto contro CR7 che non c’è stato. Campionato noioso? Non è colpa della Juve. Cori, genialità e razzismo
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Eravamo pronti a scrivere del complotto contro Cristiano Ronaldo. Escluso anche dalle prime posizioni, dopo aver trascinato il Real Madrid alla terza Champions League in tre anni. Un complotto che, per dovere di cronaca, non c’è stato. Il Pallone d’Oro è andato a Luka Modric, il secondo posto a CR7: non è uno scandalo. Lo sarebbe stato se il numero 7 della Juve fosse finito fuori dal podio, questo sì. Ma assegnare il primo posto a un giocatore che ha vinto la Champions ed è stato il migliore della rivelazione assoluta dal Mondiale non può essere uno scandalo. Poi se ne può discutere: personalmente, avrei votato ancora Cristiano Ronaldo, perché ritengo che sia ancora il miglior giocatore al mondo. Ma metterlo dietro Modric, dopo la scorsa stagione, non è uno scandalo. A differenza, per esempio, di quanto accaduto col Puskas Award. Niente scandalo, niente complotto: una piccola lezione a chi crede ai messaggi subliminali un po’ ovunque (leggi video dell’Equipe). Una piccola lezione anche ai tifosi bianconeri, spesso costretti ad assistere ai complottismi altrui. Cedere alla tentazione è facile, ma spesso si sbaglia.

 

Un altro premio ha visto la Juve protagonista. Il Gran Galà del Calcio. Organizzazione non proprio da applausi: la stessa sera del Pallone d’Oro e di una partita che coinvolgeva la seconda forza del campionato, il Napoli, peraltro impossibilitato a partecipare alla cerimonia. Si poteva, oggettivamente, fare di meglio. Andiamo al sodo: tanta Juve, poco Napoli. Un peccato, perché la forza di chi vince si misura anche dal valore dell’avversario, e il Napoli di Sarri avrebbe meritato ben altro riconoscimento. Non avevano vinto lo scudetto del bel gioco? Facili ironie a parte, è la dimostrazione che questo tipo di premi lascia il tempo che trova: il Napoli avrebbe meritato più del solo Koulibaly a rappresentarlo nei migliori undici, per esaltare l’ottima stagione degli azzurri e anche per rendere giustizia al capolavoro che è stato il settimo scudetto della Juve. Avviata, dicono molti osservatori ma anche i numeri, a un noioso ottavo scudetto di fila.

 

A tal proposito, è vero che li campionato di Serie A è sempre più noioso per il classico spettatore neutrale. Monopolizzato da una squadra fuori portata per tutte le altre. L’idea che si sta diffondendo è alquanto bislacca: è “colpa” della Juve. Che dovrebbe in qualche modo frenare la sua voglia di vincere e cannibalizzare le avversarie. Come se Usain Bolt a un certo punto avesse detto “sì sono più veloce ma vinci tu perché altrimenti non ci si diverte”. Il campionato è noioso, ma non è “colpa” della Juve. È colpa di tutte le altre. La Juve fa a livello sportivo quello che è nel suo DNA ed è (o dovrebbe essere) peraltro l’obiettivo di qualsiasi squadra sportiva: vincere, o provare con tutti i mezzi a farlo. Dieci anni fa, la Juve era in Serie B assieme al Napoli. Ripartiva da zero, o quasi. Il fatturato era già più alto, vero. Ma il fatturato non può spiegare tutto. Anche perché spesso viene usato in modo mistificatorio. Lo stadio, per esempio, è spesso citato come inesauribile fonte di guadagni. A livello economico, non è proprio così, anzi. A livello sportivo, forse sì. Ma la Juve ha iniziato a lavorare a uno stadio di proprietà a metà anni ’90, quando sembrava utopia. Oggi è molto più semplice e infatti abbiamo gli stadi di Udine, Frosinone, Cagliari. Dove sono quelli di Napoli, Milano e Roma? Progetti, nel migliore dei casi. Ancora, di quel famoso fatturato la Juve, intesa come proprietà, guadagna molto meno di quanto non faccia la proprietà del Napoli. Reinveste molto di più, si indebita anche, persegue la sua finalità sportiva. Dieci anni fa, non era scontato che arrivasse a questi livelli. Era quasi impossibile. Ha accelerato e le altre si sono fermate. Colpa del sistema? È probabile, anzi più che certo, che il nostro attuale modello calcistico non sia più sostenibile. La Juve, però, è cresciuta dallo zero della Serie B nello stesso sistema del Napoli o dell’Inter o del Milan o della Roma. È andata più veloce e le altre si sono fermate. È curioso sostenere che le colpe sono del primo e non del secondo.

 

Il campionato, comunque, va avanti tra un po’ di noia e qualche big match. La vera partita dei prossimi anni tornerà a essere la prossima: Juve-Inter. Occhio ai nerazzurri, venerdì sera. Il campionato, comunque, va avanti in un clima di livore e insulti reciproci. Le scritte contro Scirea e le vittime dell’Heysel hanno fatto il giro d’Italia. Non provenivano, con ottime probabilità, dalla tifoseria organizzata della Fiorentina. E con assoluta certezza non rispecchiano il sentimento di tutto e nemmeno della maggioranza e nemmeno di una significativa minoranza del popolo viola. Però ci sono e dobbiamo farci i conti. Come dobbiamo fare i conti con la piazzetta Juve merda di Napoli, dove si leggono cose inenarrabili e qualcuno chiede anche se vi sia del genio. No, c’è solo schifo. Napoli ci ha dato geni veri, ci ha dato e ci dà bellezza infinita. Ci dà qualcosa di unico e di spettacolare, anche per un Paese straordinario come l’Italia. Non è chiaro perché ci debba dare anche qualcosa di tanto orrendo. Che nasce da un clima sempre più pericoloso e sempre più incapace di leggere la propria realtà. Ieri si è giocata Atalanta-Napoli, prima della partita i tifosi bergamaschi hanno rivendicato il loro non essere napoletani. Pura banalità geografica, invece diventa insulto. Un errore, perché bisogna stare attenti. Se i tifosi della Roma (per rimanere a un caso di cronaca, ma il discorso vale anche per quelli della Juve, dell’Inter o del Poggibonsi) giocando contro l’Udinese inneggiano al Vesuvio fanno qualcosa di sbagliato e da punire, peraltro senza alcun nesso logico con ciò che succede. Se i tifosi dell’Atalanta cantano “noi non siamo napoletani” o “odio Napoli” stanno in un caso ribadendo una verità geografica e nell’altro cantando un coro certo non godibile ma per il quale parlare di razzismo è fuori luogo. Altrimenti, a vederlo ovunque, il razzismo diventa un termine vuoto, sparisce: se tutto è discriminatorio, nulla è più discriminatorio.