Vialli: "Baggio non era un leader. Avvocato? Le sue telefonate alle 6 un incubo"

27.05.2018 20:00 di  Alessandro Vignati   vedi letture
Vialli: "Baggio non era un leader. Avvocato? Le sue telefonate alle 6 un incubo"
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Intervistato da Vanity Fair, l'ex capitano della Juventus Gianluca Vialli ha parlato anche dei bianconeri. Si parte da Buffon: "Consigli? Nessuno. Se si ritirerà, gli auguro solo di trovare l’equilibrio. A un calciatore a fine carriera serve per convivere con la mancanza di quelle botte di adrenalina che ha avuto ogni weekend degli ultimi vent’anni. E per cercarne di nuove. Io, le mie, le ho trovate davanti a una telecamera. Rimpianti? Forse la finale Champions del 1992 a Wembley, persa contro il Barcellona. Alla fine piangevamo. Boskov ci guardò in faccia e disse: “Gli uomini non dovrebbero mai piangere per il calcio. Le priorità della vita sono altre”. Ma io sapevo che era l’ultima partita che giocavo con quella maglia. Dopo, sarei andato alla Juventus. Ravanelli e Del Piero? Ricordo Alessandro, appena arrivato a Torino. Tirava in porta. Mi guardò e disse: “Non avete ancora visto chi è il vero Del Piero”. Gli risposi scherzando: “Spero di vederlo presto.

Ma ti prego, non parlare di te in terza persona”. Rapporti pessimi con Baggio? Malignità. Roberto è sempre stato una brava persona, un uomo corretto. Lo incoraggiavo soltanto a sbattersi più per la squadra. Ma lui era così, più introverso, non un trascinatore. Telefonate di Agnelli? Come no. Alle 6 del mattino. Il problema era che tra tutti i pregi, l’Avvocato non aveva quello della pazienza. Se capiva che non avevi niente di interessante, intelligente e ficcante da dire – ripeto, alle 6 del mattino – ti licenziava subito: “Va bene, la saluto, buona giornata”. Nel frattempo tu ti eri giocato la reputazione, e ti eri svegliato… un incubo, per me che non andavo a letto prima delle due. Ero entrato in confidenza con le sue segretarie. Riuscii a farmi mettere in fondo alla lista. Guadagnai un’ora e mezzo di sonno in più. Stabilii con loro anche una parola d’ordine, per verificare che fosse veramente lui a chiamare e non il solito scherzo dei miei compagni. Quale parola? Questo non lo dirò mai. Rimarrà un segreto in bianco e nero".