Padovan: "Non ho capito l'arrabbiatura social di Fagioli, doveva fermarsi alle scuse"

19.10.2023 12:20 di  Giuseppe Giannone   vedi letture
Padovan: "Non ho capito l'arrabbiatura social di Fagioli, doveva fermarsi alle scuse"
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© foto di Federico De Luca

Direttamente su "Calciomercato.com", Giancarlo Padovan commenta così il post di Nicolò Fagioli sui social in merito al caso scommesse, ultimo post social del giocatore bianconero prima di chiudere i propri canali: "Non ho capito l’arrabbiatura di Nicolò Fagioli sui social. “Pensavo di partire chiedendo scusa non solo ai tifosi bianconeri, ma a tutti i tifosi del mondo del calcio e dello sport per l’errore ingenuo che ho fatto. Invece no, sono obbligato a partire con lo schifo che scrivono su di me, giornali persone solo per mettermi in cattiva luce con mille falsità”.

Ho capito, invece, che Fagioli ha perso una buona occasione per fare quel che si era ripromesso: chiedere scusa. Doveva fermarsi lì e forse anche ringraziare di essere stato trattato con una sottintesa benevolenza (“il ragazzo è ludopatico, ha vissuto mesi terribili, va aiutato a tirarsi fuori dai guai”) da stampa, radio e televisione. 

Leggo più di quanto scrivo e, se c’è una cosa che mi ha impressionato, è stata l’attenzione, per non chiamarla delicatezza, con cui è stata maneggiata la vicenda di Fagioli dai giornalisti. Nessuno gli ha dato esplicitamente dell’irresponsabile, nessuno gli ha detto che ha tradito la fiducia della società, nessuno ha raccontato bugie. Per il semplice fatto che il calciatore era reo confesso, che ha reso piena confessione al giudice, che ha collaborato e patteggiato. Quali sarebbero, di grazia, le falsità? Quale sarebbe lo schifo se non quello in cui lo stesso Fagioli è caduto, dilapidando quasi tre milioni di euro? 

Certo, dipendesse da me - e l’ho scritto ieri- gli avrei inflitto ben più di sette mesi di stop. Come darei ben più di un anno di squalifica a Tonali. Perché questi professionisti, che a volte si dimenticano di esserlo, hanno trasgredito le regole che sono alla base della loro stessa moralità. Condannarli, oltre che giusto, è inevitabile".