Il Mondo - Affaire Agnelli, i segreti dell'Avvocato

Dalle carte che il settimanale pubblica domani in esclusiva emergono nuove clamorose sorprese sull'eredità di Gianni Agnelli...
25.06.2009 21:00 di  Francesco Cherchi   vedi letture
Fonte: Fabio Sottocornola per "Il Mondo"

L'articolo in edicola domani sul settimanale "Il Mondo" a firma di Fabio Sottocornola (tratto dal sito Dagospia.com):



Una parte del tesoro di Giovanni Agnelli, scomparso nel gennaio 2003, sarebbe «hors Italie», quindi all'estero. E scritto, nero su bianco, in una bozza di documento riservato, «Affidavit», cioè una testimonianza, di cui il Mondo ha potuto prendere visione. Il testo, in francese, ricostruisce alcuni momenti importanti e circoscritti nel tempo dell'affaire Agnelli e della guerra che si è scatenata attorno all'eredità dell'ex presidente della Fiat. Ma quello non è l'unico passaggio interessante: si parla di alcuni consigli che l'avvocato Franzo Grande Stevens, da sempre uomo di fiducia dell'Avvocato e suo esecutore testamentario (fino all'11 aprile 2003), avrebbe dato all'erede Margherita Agnelli de Pahlen in cui le chiedeva di «rinunciare a contestare le donazioni a terzi», cioè persone esterne all'asse ereditario.
Di chi si tratta? Lui stesso lascia intendere, e qualcuno poi lo scrive, che potrebbe trattarsi di «maitresses», cioè amanti «del defunto». E, ancora: sarebbe stato il banchiere svizzero Sigfried Maron a rivelare a Margherita l'esistenza di «beni off shore», mentre l'accordo di spartizione, raggiunto nel 2004 tra donna Marella Caracciolo, vedova Agnelli, e la figlia, che ammontava (vedi il Mondo sul numero 26/2009) a 1.166 milioni di euro tra appartamenti, ville, opere d'arte e liquidità, doveva rimanere segreto: «Le parti si impediscono di "lever copie de l'accord"», è scritto nel testo.
PAROLE RISERVATE
Ma prima di analizzare l'affidavit, che equivale a una sorta di giuramento in forma scritta, occorre spiegare come nasce il testo e lo scopo per cui è stato scritto. A «le project d'affidavit» fa riferimento, per la prima volta, secondo quanto risulta al Mondo, l'avvocato ginevrino Charles Poncet, un principe del foro svizzero, attuale difensore di Margherita, in una lettera (23 aprile 2008) inviata alla cliente. Siamo nel pieno di una battaglia legale, diversa da quella di Torino che va in scena in queste settimane, che si combatte tutta nella Confederazione elvetica.
L'oggetto è una pressante richiesta di chiarimenti a proposito della parcella da 25 milioni di euro che, una volta chiusa la questione ereditaria, la donna ha pagato agli avvocati dell'epoca: il ginevrino Jean Patry e l'italiano Emanuele Gamna (che nel frattempo è uscito dallo studio Chiomenti). E proprio su quest'ultimo si concentrano le attenzioni di Poncet, che accusa Gamna di dire «menzogne spudorate» e lo definisce «in combutta» con Grande Stevens e Gianluigi Gabetti (presidente d'onore di Exor).
Come si evince da altre missive, Poncet ha posto a Gamna una serie di domande e contemporaneamente ha avviato una «négociation» con l'obiettivo di ottenere indietro almeno una parte della parcella. È aperta, insomma, una trattativa e sul tavolo oggetto dello scambio ci sono soldi e informazioni. Per conto dell'italiano Gamna si muove un altro pezzo grosso del foro ginevrino come Marc Bonnant, già legale di Licio Gelli e, più di recente, agli onori della cronaca per avere difeso Béatrice David-Weill, figlia dell'ex numero uno della banca Lazard e vedova del banchiere Edouard Stern, ucciso dall'amante Cécile Brossard (condannata a otto anni).
Per tornare alla bozza di testo, i due legali svizzeri si incontrano venerdì 18 aprile 2008, poi si scrivono. Devono, in sostanza, concordare «il progetto d'affidavit il cui testo rappresenta il minimum minimorum accettabile da parte nostra e può permettere al vostro cliente di trovare una soluzione onorevole alle sue difficoltà attuali» (missiva di Poncet a Bonnant del 29 aprile, siglata dall'"avocat" e «con la riserva di usarla»). Dunque, se Gamna sotto pressione firmerà l'affidavit, Poncet propone che sia accompagnato «da una lettera o da un patto che permetta al vostro cliente di essere sicuro che la mia cliente non avrà alcuna pretesa da fare valere contro di lui».
La bozza o draft in 26 punti, su carta intestata dello studio di Poncet (Ziegler Poncet Grumbach Carradar Luscher) con tanto di numero progressivo come un protocollo (50643-259/PON/nmo) viene inviata sia a Margherita che a Bonnant.
Nel corso di questa inchiesta il Mondo ha domandato all'avvocato Girolamo Abbatescianni, che da Milano cura gli interessi di Margherita, se l'affidavit sia stato firmato da Gamna o presentato agli atti in qualche processo. Ma non è mai arrivata la risposta. Invece, in una dichiarazione al mensile "Top legal" (del 22 giugno scorso) Abbatescianni ha precisato che nessun affidavit è stato firmato.
Comunque, al di là dell'uso fatto, il documento è un pezzo di strategia legale dentro la dynasty Agnelli, pieno di nomi, date e circostanze e dall'indubbio valore giornalistico. Può essere letto come una sorta di memoriale con un io narrante (Emanuele Gamna), utile per capire dall'interno cosa sia successo tra la morte del senatore a vita (gennaio 2003) e la chiusura degli accordi ereditari, oggi rimessi in discussione (febbraio e marzo 2004). Ma anche dopo.
AFFARI LEGALI
L'avvocato Emanuele Gamna conosce Margherita da molto tempo e la considera un'amica. Il legame tra le due famiglie è Susanna, la sorella dell'Avvocato, scomparsa il 16 maggio scorso. Gamna, infatti, ha sposato Raimonda Lanza di Trabia, figlia di Raimondo, un nobile siciliano grande amico di Suni e di quel gruppo che, negli anni precedenti la Seconda guerra mondiale, comprendeva anche lo scrittore Curzio Malaparte.
Tutti personaggi ricordati da Susanna nel suo libro "Vestivamo alla marinara". Quando Gamna viene contattato, spiega, «Margherita aveva già dato mandato a Jean Patry. lo sono intervenuto più per i miei legami di amicizia che nell'esercizio di un mandato formale». Solido è anche il rapporto con Gianluigi Gabetti «perché è un amico di lunga data di mio padre (Federico, ndr)».
Lo testimonia anche un necrologio, comparso in occasione della morte di quest'ultimo sul "Corriere della Sera" (2 aprile 2009), nel quale l'ex partigiano e presidente d'onore di Exor lo ha ricordato come amico fraterno.
La vicenda inizia il 1° maggio 2003 in una riunione a Milano con l'erede e Patry. «Una esposizione delle difficoltà che Margherita incontrava con Grande Stevens e Gabetti in rapporto alla successione di suo padre», è scritto nell'affidavit, anche se «a mia conoscenza, questa riunione era stata preceduta da un rendezvous a Torino, al quale io non ho partecipato, che ha permesso a Margherita e a Party di incontrare Galatteri (così nel testo, in realtà Gabriele Galateri, ndr) all'epoca Presidente Fiat».
IN MAGGIO PER DICEMBRE
Il 26 maggio, Patry spedisce una lettera alla Dicembre, società semplice in testa alla catena di controllo dell' intero gruppo industriale torinese: l'obiettivo è comprendere qual era la posizione di Margherita. Recita la bozza di affidavit che l'idea iniziale di Gamna «è stata di cercare che lei cambiasse la sua partecipazione nella Dicembre con una partecipazione nella Giovanni Agnelli Sapaz». Cioè l'accomandita che riunisce tutti i rami della famiglia.
Il 10 giugno, in Svizzera, si tiene un primo meeting dove Patry incontra il banchiere d'affari Sigfried Maron. Cioè uno dei tre professionisti ai quali Margherita chiede oggi la rendicontazione del tesoro paterno. C'è poi Franzo Grande Stevens che, secondo l'affidavit, «ha sempre affermato di non avere alcuna conoscenza degli attivi off shore di Giovanni Agnelli». Gabetti, invece, non interviene direttamente fino al mese di novembre, chiamato sulla scena, come si vedrà più avanti, dallo stesso Gamna perché la situazione nstagnava.
Nel frattempo, per cercare di sondare le intenzioni della famiglia, l'avvocato italiano incontra, nel maggio a Milano e più tardi a Roma, la stessa Susanna Agnelli. «Ho evocato con lei la possibilità di scambiare la parte di Margherita nella Dicembre con una partecipazione nella Sapaz. Lei era contraria e poi ha adottato una posizione neutra su questa questione».
Un ruolo più forte lo gioca, invece, Grande Stevens. Ricorda sempre Gamna, citando i suoi scambi di corrispondenza (9 e Il luglio 2003), «che è lui che cerca di forzare Margherita a accettare la volontà di suo padre e a rinunciare a contestare le donazioni a terzi. lo non so di che tipo di terzi si tratta, ma il mio collega ha lasciato intendere che potrebbe trattarsi di amanti del defunto».
A un vertice il 16 settembre tra Gamna,Party, Grande Stevens, Dominique Poncet, Carlo Lombardini (due professionisti svizzeri) i legali della de Pahlen cercano di ottenere informazioni sul patrimonio «hors Italie» di Giovanni Agnelli e di fissare le modalità per stabilire l'inventario e fare la divisione. Ma la riunione porta a niente di concreto. Dopo questo incontro Maron avrebbe rivelato alla stessa Margherita l'esistenza di «certi beni off shore».
Aggiunge Gamna (il virgolettato è letterale): «Senza esserne sicuro, io penso che Maron l'ha fatto di sua propria iniziativa. Mi è stato indicato che questo non è plausibile, ma io non dispongo di alcun elemento che mi permetta di tirare un'altra conclusione. Ricordo che, in effetti Maron, assistito da Ursula Schulte, è stato in contatto diretto con Giovanni Agnelli da vivo e che si è occupato per lui di questioni finanziarie».
Gamna non prende invece parte ad alcuni vertici a Ginevra (30 settembre e 10 ottobre), ma incontra Patry il 23 dello stesso mese: «Abbiamo discusso con Grande Stevens e Lombardini. I nostri interlocutori accettavano unicamente di parlare di "actifs Maron"». Nell'autunno la trattativa non fa passi avanti. Il legale milanese, come detto, va a consultare Gabetti, avendo sempre in testa l'idea dello scambio tra Dicembre e accomandita. Ma gli appare ormai chiaro che non si sarebbe fatto. Conveniva, dunque, parlare di una cessione pura e semplice da parte di Margherita nella Dicembre. Da quel momento la strategia dei legali punta a trovare un accordo economico.
IN CERCA DI ACCORDO
Una svolta alla trattativa arriva solo il 25 novembre durante una riunione (presente Patry) nello studio di Grande Stevens a Torino: viene redatto lo schema di una spartizione. Gamna e Patry si vedono poi a Courmayeur il 14 dicembre «per preparare un progetto di divisione e sono io l'autore del documento intitolato "Proposta accettata" del 18 dicembre».
Con sua sorpresa, durante il mese di dicembre Gamna apprende da Parry che «alcuni degli actifs Maron erano stati liquidati dalla parte avversa, senza autorizzazione di Margherita. Ho chiamato Gabetti verso il 20 dicembre per domandare il risarcimento di quelle parti senza articolare il totale. Gabetti mi ha detto che si riservava la risposta, ma ho ricevuto poco dopo una telefonata di John Elkann, apparentemente molto arrabbiato per la mia iniziativa».
RIUNIONI A CATENA
Eppure la chiusura dell'accordo è nell'aria. Il 10 febbraio 2004 c'è un incontro tra i due legali, con Margherita e suo marito Serge de Pahlen: siamo a pochi giorni dalla firma dell'accordo segreto che sarà siglato il 18. Gamna non è presente. Non lo sarà nemmeno alle riunioni, numerose, che sono seguite (3, 24, 29 marzo, 1 aprile). «Mi ricordo di una riunione del 26 maggio 2004 con Ursula Schulte e Patry. C'è stato anche Lombardini e Amaducci (Donatella, dello studio di Patry, ndr) e una donna dell'Ubs di cui non ricordo il nome. Si trattava del trasferimento e dell' identificazione dei quadri (probabilmente della collezione privata di Agnelli, ndr)».
La bozza di testo si avvia alla sua conclusione in mezzo a un rosario di riunioni alle quali Gamna non ha partecipato o di cui non ha ricordi come quelle del 28 settembre, 1 febbraio 2005, 5 aprile, 12 maggio, 5 ottobre fino al 25 novembre.
C'è, infine, al punto 23, un passaggio interessante a proposito del patto sottoscritto tra le eredi dell'Avvocato: Gamna afferma di ignorare «per quale ragione il meccanismo previsto è stato che le parti si proibiscono di "lever copie" dell'accordo», che rimarrà pertanto secretato. «Questo non mi ha particolarmente colpito all'epoca. Ero convinto che, una volta raggiunto l'accordo, Margherita avrebbe stabilito i legami normali con la famiglia e avrebbe ricevuto le informazioni che domandava, in particolare nell'ipotesi di preparare la sua propria successione». Ma la storia ha preso invece un'altra strada.