A Roma una Juve "umana". Uno schiaffo che può servire, con la Lazio per il primo trofeo. Di fronte presente e futuro dei bianconeri?

Nasce a Bari il 23.02.1988 e di lì in poi vaga. Laurea in giurisprudenza, titolo di avvocato e dottorato di ricerca: tutto nel cassetto, per scrivere di calcio. Su TuttoMercatoWeb.com
16.05.2017 00:00 di  Ivan Cardia  Twitter:    vedi letture
A Roma una Juve "umana". Uno schiaffo che può servire, con la Lazio per il primo trofeo. Di fronte presente e futuro dei bianconeri?

All'Olimpico si è vista una Juventus umana, per tante ragioni: di testa, ma anche tecniche. A livello mentale, per la prima volta nella stagione la squadra pensava più alla partita successiva che a quella in corso. Mercoledì c'è la Lazio, può anche essere un segnale positivo: gli alieni non esistono, neanche nel calcio, si vive di stimoli ed emozioni. A livello tecnico, la sconfitta contro la Roma dimostra, soprattutto in ottica futura e per quanto concerne il reparto avanzato, che i veri limiti della rosa sono le secondo linee. Lemina ha segnato e Sturaro è stato volitivo, ma se i cambi veri e propri sono limitati anche i migliori (leggi Mandzukic) possono andare in riserva. È un discorso che si riproporrà anche in estate e a cui la società sta già pensando, ma che possiamo rinviare a quando di calcio giocato non si potrà più parlare.


Sotto alcuni punti di vista, mi auguravo che la Juve perdesse contro la Roma. È vero che vincere aiuta a vincere, ma ogni tanto uno schiaffo può servire. A dare cattiveria, per esempio. Perdere ci può stare: prima delle partite importanti tutte le squadre, anche le grandi squadre, possono incappare in un passo falso. Mercoledì sarà la prima occasione di alzare un trofeo e con la sconfitta di ieri la Juve ha dimostrato di tenerci. Nel complesso è un buon segnale, visto che anche la Lazio (vedi Parolo che lascia i compagni in dieci) ha messo in chiaro quale sia il proprio obiettivo e quanto ci tenga. Il tutto, senza togliere alcun merito alla Roma: gran prestazione dei giallorossi, i primi dei "normali" in questo campionato, ma se la Juve avesse voluto davvero vincere a tutti i costi, staremmo già parlando del sesto scudetto consecutivo. 


Discorso rimandato, ora sotto con la Lazio. La vera sorpresa della stagione, anche più dell'Atalanta. Oggi consideriamo normale la stagione dei biancocelesti, ma se torniamo indietro nel tempo ci accorgiamo che così non è. A luglio c'era l'accordo con Marcelo Bielsa e Simone Inzaghi era destinato alla Salernitana. Poi tutto è cambiato e abbiamo scoperto uno dei migliori giovani tecnici d'Italia. Ha gestito benissimo una rosa non da primissime posizioni, ha dimostrato duttilità, ha saputo tirare fuori il meglio da un gruppo che aveva alcuni dei suoi migliori giocatori in lotta aperta con la società (Keita su tutti). La finale di Coppa Italia, per loro, può essere il coronamento della stagione, anche più di quanto non lo sia per la Juventus. Guai a sottovalutarne motivazioni e qualità tecniche.


Di fronte, peraltro, vi potrebbero essere il presente e il futuro della panchina della Juventus. Chiunque dica con certezza che Allegri e la Vecchia Signora continueranno insieme dice una mezza verità. Entrambi hanno questa intenzione: al momento, l'idea è quella di proseguire il rapporto, col rinnovo solo da annunciare. Però nel calcio si vive anche di emozioni, stimoli e sensazioni. Il tutto, da verificare il 4 giugno, la mattina dopo la finale di Cardiff. A prescindere dal risultato, gli umori possono essere molteplici. Si può ritenere chiuso un ciclo in caso di vittoria, oppure si può decidere di voler continuare a vincere. Viceversa, una sconfitta può portare alla voglia di rifarsi come pure alla sensazione di aver dato il massimo e che questo non sia bastato. Oppure ancora far riaffiorare qualche ruggine (leggi caso Bonucci o un paio di obiettivi mancati sul mercato). La certezza l'avremo, l'avranno le parti interessate, solo quella mattina. C'è da godersi il viaggio nel frattempo. Sapendo che nel calcio il "vissero insieme per sempre felici e contenti" non esiste. Si può vivere insieme felici e contenti, per un giorno, un anno, un lustro, una sera. Ecco, facciamo tre sere, magari.


Detto che al 99% Allegri e la Juve proseguiranno, Simone Inzaghi è uno dei due-tre allenatori la cui crescita la dirigenza bianconera sta monitorando con attenzione (assieme a Montella e Spalletti che non deve certo crescere). Inzaghino ha stupito tutti e l'anno prossimo sarà chiamato a confermarsi, ma già la finale di Coppa Italia sarà un bel banco di prova. Ho nominato Keita: al netto di Dybala e Icardi, già affermati, in Serie A giocano alcuni fra i migliori talenti emergenti del calcio mondiale. Il senegalese rientra nella lista ed è anche una delle idee della Juve: il Milan è in vantaggio, ma i bianconeri ci sono. Gli unici dubbi, comprensibili, sono relativi alle difficoltà nel trattare con Lotito (con cui i rapporti non sono idilliaci, ma sarebbe il caso di parlare anche di Milinkovic-Savic) e poi all'aspetto mentale del giovane, fortissimo in campo ma che deve maturare fuori. Non capisco invece le titubanze su Patrik Schick, un altro della lista di cui sopra. Non vedo perché la Juve non abbia già messo sul piatto i 25 milioni di clausola come è invece pronta a fare l'Inter. Non si possono prendere tutti i migliori calciatori al mondo, ma portarsi a casa Keita e Schick con 50 milioni, più magari Bernardeschi a 40, può essere la rivoluzione verde giusta per il futuro.


Breve postilla sui fatti degli altri, che però come appassionati di calcio ci riguardano. Francesco Totti ci mancherà. Da rivale e da numero 10. Con il suo ritiro e magari l'anno prossimo quello di Buffon, scomparirà dai campi di calcio una delle migliori generazioni nella storia del nostro pallone. Totti e Del Piero, amici e nemesi, sono stati il dualismo più affascinante degli ultimi anni, qualcosa che non ha eguali nel calcio italiano di oggi. Forse ancora non lo capiamo, ma fra qualche anno guarderemo ai quei due numeri 10, alla loro rivalità, per capire davvero quanto fossero forti. Ecco perché, da appassionato di calcio, ritengo un insulto la scelta di non aver fatto entrare il Pupone a San Siro, o avergli concesso solo tre minuti all'ultima contro la Juventus all'Olimpico. Spalletti aveva una guerra impossibile da vincere e ha scelto le maniere forti per farlo, mettendo la Roma davanti a tutto. Però, in fin dei conti, negli annali del calcio Totti resterà. Spalletti chissà.