Sotto la lente - I costi umani di Calciopoli

17.04.2015 01:59 di  Carmen Vanetti  Twitter:    vedi letture
Sotto la lente - I costi umani di Calciopoli
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© foto di Federico De Luca

Son passate ormai tre settimane dalla pronuncia della Cassazione su Calciopoli e, nell’attesa delle motivazioni, la questione che dovrebbe più far riflettere in questi giorni è il costo di Calciopoli.
Non mi riferisco tanto a quanto siano costati, economicamente, anni di indagini e di processi da una parte e, dall’altra, gli onorari a uno stuolo di avvocati e, da parte di Luciano Moggi che si è speso per tutti,  l’acquisizione  dei famosi cd che racchiudevano le telefonate che non c’erano (piaccia o non piaccia) ma invece c’erano, e tutto il conseguente lavoro di trascrizione del contenuto.  Verità e giustizia,  incredibilmente, hanno un prezzo e, fosse stato solo per il sistema giudiziario, venuto meno al dettato dell’art. 558 c.p.p. che impone di far luce anche su circostanze favorevoli agli indagati, non  saremmo mai venuti a conoscenza delle telefonate del signor Moratti e compagnia cantante: saremmo rimasti al solo Moggi col cerino, pardon il telefono, in mano a dirigere un’associazione che il solito Narducci paragonava addirittura alla P2 e alla Mafia. Insomma sarebbe stata la Moggiopoli sventolata dagli orientatori del sentimento popolare. Esecutori di questo disegno criminale sarebbero stati stuoli di arbitri: gli assistenti no, loro erano di un’altra parrocchia, quella targata Meani-Galliani. Poi la verità è stata disseppellita, mentre la Procura di Reggio Calabria aveva già da tempo dichiarato che Paparesta chiuso nello stanzino del Granillo fosse “un fatto che non sussiste”.

Però, a prescindere dallo spreco di tempo e di denaro, il costo più grave e doloroso di Calciopoli è il costo ‘umano’, quanto è stato messo in gioco, sporcato a lettere cubitali e poi tutt’al più spazzolato in un trafiletto alla fine, in merito alla dignità, alle carriere spezzate e alla vite ribaltate di quanti sono finiti nel tritacarne disciplinare, giudiziario e mediatico. Parlo degli arbitri, direi della categoria degli arbitri perché, al di là di quanti sono stati direttamente travolti dallo tsunami, tutta la categoria è stata screditata visto il numero e la levatura degli arbitri messi sotto accusa; e visto che nemmeno i vertici Aia si sono spesi per gli sventurati finiti nell’indagine solo per aver arbitrato una determinata partita e abbandonati al loro destino, emarginati.



Pensiamo al caso clamoroso di Dattilo, assolto in Cassazione, che si è trovato sulle spalle anni carichi di pena e sofferenza per aver visto non solo i suoi sogni per una carriera spezzata invece a soli 35 anni si è ‘scoperto’ membro di una cupola delinquenziale e possessore di una scheda svizzera (anche se i tempi non collimavano con quelli del ‘delitto’, l’espulsione di Jankulovski in Udinese-Brescia).
Pensiamo al caso di Tiziano Pieri, assolto sia in Appello che in Cassazione: altra carriera stroncata perché l’olio di gomito di Di Laroni gli ha appioppato, al buio, una scheda svizzera con la quale avrebbe parlato nientepopodimeno che con Luciano Moggi per favorire i bianconeri in Bologna-Juventus.
Pensiamo a Paolo Bertini, che è assolutamente consapevole che questa storiaccia gli ha bruciato quelli che avrebbero potuto essere gli anni migliori della sua carriera, che sono stati invece anni di gogna mediatica. Anche lui è rimasto vittima dell’olio di gomito, che gli ha messo sul groppone, in un sol giorno, 13 telefonate con Moggi e 18 col ‘sodale Fabiani’, prima di Juve-Milan (e poi Moggi e Fabiani si sarebbero parlati 11 volte tra loro, 42 telefonate per una sola partita, evidentemente i cupolanti avevano qualche difficoltà ad intendersi….)
E De Santis, rimasto alla fine  intrappolato dalla Cassazione perché senza arbitri sarebbe stato impossibile tenere in piedi alcunché: l’ex fischietto di Tivoli dopo esser stato spiato nelle sue pieghe più private dall’intelligence Telecom-Pirelli, è toccata anche l’amarezza di veder confermata da parte della Cassazione la condanna dell’Appello.
E così via per i vari Racalbuto, Dondarini, ecc..

Adesso, anche per gli assolti, rimane sì un senso di sollievo per non dover andare più per tribunali, ma anche tanta rabbia e tanto sdegno, per  aver dovuto attraversare momenti tanto bui, con tra le mani una carriera in frantumi e un’esistenza  da riprogrammare; ma soprattutto schiacciati da una terribile offesa alla loro onorabilità.
Sono stati assolti, ma questo non può certo farli sentire gratificati perché  nessuno potrà ridare loro quello che è stato loro tolto: nessuno, nemmeno in questi terribili anni, ha mai potuto togliere loro la dignità, ma qualcuno ha rubato loro, sul più bello, una carriera frutto di anni di sacrifici.
Se a Moggi avevano ucciso l’anima, a loro hanno senz’altro ucciso un sogno.
Qualche coscienza dovrà pur farsi carico di questi ‘delitti', che non possono certo essere derubricati, a cuor leggero, a danni collaterali.  
Ecco perché Calciopoli non è cicatrizzata, Calciopoli sanguina ancora e sanguinerà sempre.