Sotto la lente - Aspettando il 22 gennaio

16.01.2015 01:59 di  Carmen Vanetti  Twitter:    vedi letture
Sotto la lente -  Aspettando il 22 gennaio
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Ho cercato in questi giorni di appassionarmi alle polemiche post Napoli-Juve, ma l'incombere del 22 gennaio, con la relativa pronuncia della Cassazione su Calciopoli, riduceva tutto il  resto a minuzie. Del resto il fatto che un  goal contestato della Juve provochi accuse di malafede, un vento sollevato in realtà artatamente dopo (anzi, già in preparazione, di) Juve-Roma, è solo l'ennesima constatazione che il fortino è ancora assediato.
Adesso tutta l'aspettativa è concentrata sulla Cassazione.

Da parte di chi, come noi, spera che si faccia finalmente GIUSTIZIA.
Perché ormai il pasticciaccio è acclarato, in tutte le sue sfaccettature: dalle indagini a senso unico alle telefonate ascoltate e baffeggiate ma ignorate perché non funzionali alla sceneggiatura dell'accusa che non prevedeva l'Inter tra gli interpreti della Farsa, dalle schede svizzere, autentiche scatole vuote attribuite con olio di gomito, ai sorteggi regolari come da filmato originale ma contrabbandati per irregolari in virtù di uno smontaggio-rimontaggio di frames ad opera di una manina che si è deciso di far rimanere ignota.



Ma anche da parte di chi a questa verità teme che sia messo quel timbro che i giudici di Napoli non hanno saputo/voluto mettere, preferendo rifarsi alle informative di Auricchio anziché agli esiti dibattimentali che le avevano fatte a pezzettini; e preferendo riprendere, dal cancan mediatico di nove anni fa (quello che creò addirittura il neologismo Moggiopoli), la figura di un Moggi dalla 'spregiudicatezza non comune' che avrebbe gestito le sorti del calcio italiano.
La verità che invece si è fatta strada è quella di un mondo dove i malvezzi non erano infrequenti, ma dove le vere azioni illecite, nonché i veri reati (uno su tutti lo spionaggio), erano di altri. Anche perché ad aver interesse a cambiare il corso degli eventi non  era certo la Juventus, che di aiuti non aveva bisogno, essendo oggettivamente la squadra più forte; era, allora come ora (ecco il fil rouge che unisce le due epoche), chi non riusciva a batterla sul campo a  provarci nelle segreterie, e nelle fogne, dei palazzi.
Qualcuno ci ha guadagnato titoli di cartone, il calcio italiano ha perso la faccia e anche qualcosa di più: dopo aver mandato in prescrizione l'etica si è ritrovato improvvisamente incompetente confesso, un'etichetta che ormai è ridotto a sbandierare come una medaglia ogniqualvolta si trova a dover decidere qualcosa (l'ultima occasione è stata ieri in occasione di una pronuncia sul deferimento del procuratore federale in merito alle comunicazioni panchina-tribuna made in Garcia).

Una discesa in picchiata, questa, che nessuna pronuncia della Cassazione potrà fermare. L'italico pallone rimarrà il solito carrozzone da circo pieno di dinosauri impegnati in beghe di potere alla conquista della poltrona migliore e, nel contempo, di nascondigli sicuri per gli scheletri che tengono nell'armadio; con una Lega fattasi pollaio i cui galli ormai hanno perso anche le penne e si illudono che le creste che arrogantemente innalzano nascondano le loro spelacchiature.

Aspettiamo e vedremo quali scenari si apriranno dopo, soprattutto in prospettiva Juve.
Quel che è certo che i danni fatti non sono riparabili.
Nessuno ridarà alla Juve quello che la retrocessione in serie B le ha tolto: anni di successi, che le si aprivano davanti, non solo in Italia; sottratti, complice il fuoco amico, ai bianconeri e dirottati su altri lidi; anche l'eventuale restituzione dei due scudetti, che pur sarebbe il minimo sindacale ma rimane un'impresa di una difficoltà colossale, e nemmeno un indennizzo finanziario come da ricorso al Tar (ma anche lì la strada è molto molto impervia)  compenserebbero gli anni di buio seguìti al 2006.
E soprattutto niente  e nessuno potrà ripagare i danni  professionali, economici, morali, nell'immagine e nella salute psicofisica patiti da quanti sono rimasti impligliati nella rete di Calciopoli.
E, state tranquilli, NESSUNO chiederà scusa.