Gli eroi in bianconero: Giovanni VARGLIEN

Pionieri, capitani coraggiosi, protagonisti, meteore, delusioni; tutti i calciatori che hanno indossato la nostra gloriosa maglia
16.05.2015 10:05 di  Stefano Bedeschi   vedi letture
Gli eroi in bianconero: Giovanni VARGLIEN
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Anni Trenta: c’era una volta la Juventus e l’altra Italia, una 520 Torpedo può essere acquistata con 10.000 lire, le prime immagini sonore arrivano nei cinematografi, una copia di un quotidiano costa 25 centesimi, un pasto al ristorante 5 lire. Mumo Orsi sale sul tram in corsa, ha un morbido Borsalino in testa, le scarpe lucide di vernice, il cappotto di panno blu. L’Italia freme per Mussolini ed il ciclismo. Peppin Meazza sta riempiendo stadi, cuori e reti, l’Ambrosiana deve accettare il comando della “Signora” di Edoardo Agnelli e del barone Mazzonis. L’avventura comincia il 28 settembre dal 1930 alle 15:30 campo di via Marsiglia, Juventus-Pro Patria con la prima partita di campionato.
«Noi non andavamo in ritiro», precisa Nini Varglien, infervorandosi, «sapevamo controllarci. Anche alla domenica ognuno di noi poteva pranzare a casa e raggiungere lo stadio. Eravamo organizzati, la Juventus era l’unico club che disponeva di un magazziniere con tre valigie piene di indumenti e di scarpe da gioco, nessuno di noi doveva fare il facchino nelle trasferte. Vincemmo otto partite consecutive senza accorgercene, i giornali di Torino scrivevano che stavamo confermando le attese, quelli di Milano ci snobbavano. lo ero giovane, presi il posto di Barale sul finire di stagione, per non mollarlo più. Quella Juventus era una famiglia, un gruppo compatto. Se non c’è spirito di corpo uno squadrone si trasforma presto in una squadretta. Eravamo amici, ci vedevamo spesso fuori dal campo».
Giovanni Nini Varglien, nasce a Fiume, il 16 maggio 1911. Ha giocato in vari ruoli, soprattutto come mediano, indossando la maglia bianconera (insieme al fratello Mario) dal 1929 al 1947. Giocatore dal fisico imponente, raggiungeva i 183 centimetri (un vero colosso, per la sua epoca) e sapeva disimpegnarsi ottimamente sia in difesa che a centrocampo. Cresce nella squadra della sua città natale, la Fiumana, con la quale esordisce, il 6 gennaio 1929 contro il Napoli, nella Divisione Nazionale, nonostante non fosse ancora diciottenne.
Nell’estate del 1929 passa alla Juventus. «Mumo Orsi è stato il più grande», continua, «poteva fare tutto e tutto faceva, come Platini. Combi fu un portento, Rosetta era fortissimo ma pelandrone, Caligaris lanciò la moda della fascia alla testa, per ripararsi dalle cuciture del pallone. Lo imitò immediatamente Bertolini. Barale era, come Rier, un modesto giocatore, Mosca ed io togliemmo loro il posto in fretta. Cesarini incantava in una partita e faceva dannare in un’altra, non era tipo da campionato ma da gara. Vecchina era già anziano, Gioanin Ferrari era il maestro d’orchestra, bravo in difesa ed a centrocampo, ma non segnava molti goal, Mumo lo ricordo in una partita a Brescia, quaranta gradi all’ombra, un milite svenne per la canicola, noi eravamo cotti. Mumo sembrava una rondine, volava nell’aria. Io? Bravo, più di mio fratello. Ho fatto di tutto, terzino, mediano, mezzo destro e interno sinistro. Edoardo Agnelli era il presidente ed il barone Mazzonis l’uomo che decideva ogni affare. C’era una commissione tecnica che faceva la cernita dei migliori giocatori del campionato, poi i dirigenti e l’allenatore sceglievano i nomi. La spesa veniva ripartita in sedicesimi tra gli Agnelli, le famiglie Mazzonis, Levi, Tapparone ed altri ancora. Costruirono una Juventus fortissima in difesa, che è stata poi la caratteristica di sempre, l’ambiente societario garantiva a noi tutti sicurezza anche finanziaria. Per lo scudetto prendemmo un premio di 5.000 Lire, ne furono esentati Combi, Rosetta e Caligaris che avevano firmato un contratto particolare, 60.000 Lire a testa all’anno, compresi gli eventuali premi».
Rimane a Torino anche durante la seconda Guerra Mondiale, giocando il campionato bellico del 1944; lascia la Juventus nel 1947, dopo aver vestito per ben 389 partite la maglia bianconera e realizzato 43 reti. Nel suo palmares, figurano anche i cinque scudetti consecutivi e le due Coppa Italia del 1938 e del 1942.
«È importante quello che succede nello spogliatoio, undici assi che non si parlano o che litigano formano una squadretta. In questo sì, la Juventus è sempre forte, è il suo stile».