Giampiero Timossi: "Se Conte non brinda alla vittoria della Juventus"

19.09.2014 10:30 di  Andrea Antonio Colazingari  Twitter:    vedi letture
Giampiero Timossi: "Se Conte non brinda alla vittoria della Juventus"
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Così Giampiero Timossi, giornalista de "Il Secolo XIX", dalle pagine elettroniche di "calciomercato.com":

"Antonio Conte, commissario tecnico, non ha brindato alla prima vittoria casalinga della sua (per sempre) Juventus. La storia è questa: sabato scorso l’ex giocatore e capitano e allenatore bianconero ha seguito la sfida tra Juve e Udinese davanti alla televisione, in una saletta del ristorante da“Claudio”, vista mozzafiato sulla baia di Bergeggi, una manciata di chilometri da Savona. Pure il ristorante è stellato, come la squadra più scudettata d’Italia. Conte negli ultimi anni è solito frequentare la località ligure, pare stia cercando una villa tra Bergeggi e Spotorno. Claudio il proprietario (strettissima fede genoana) era in vacanza alle Baleari, ma è stato avvisato del ritorno nel suo locale dell’illustre ospite, accompagnato dalla moglie e da una coppia di amici. Conte & C non sono riusciti a trovare una camera nel bell’hotel sopra il ristorante e allora  Claudio gli ha trovato un’adeguata sistemazione nel confortevole residence sempre di sua proprietà. Poi, per la serata, l’esperto ristoratore e albergatore ha dato disposizioni telefoniche che a Conte e ai suoi commensali venisse offerta una delle migliori bottiglie di champagne conservate nella fornita cantina del ristorante. Cantina dove la bottiglia è tornata (piena), a fine serata. “Il ct ha ringraziato, ma non ha aperto la bottiglia, quindi l’amico ci ha spiegato che è praticamente astemio”, spiega una gola profonda al servizio tra i tavoli di Bergeggi. Questa inedita storiella mi fa venire in mente certi pranzi e certe cene che ho consumato con diversi allenatori. Con Conte pranzai parecchi anni fa,  all’aperto, in un ristorantino di Arezzo. Lui mangiò insalata e bevve acqua naturale. La cosa mi colpì e fui pronto a scommettere che uno così “quadrato” a tavola non avrebbe fatto una grande carriera come allenatore, non sarebbe mai stato il nuovo Nereo Rocco. Evidentemente mi sbagliavo, mi accade spesso con le previsioni del pallone.



Ho mangiato spesso con il mio amico Serse Cosmi, che divorava la focaccia come faceva con gli avversari in campo.  E  che alla focaccia attribuiva alcune stravaganti colpe della sua non fortunata presenza a Genova. Cosmi sbagliava: la focaccia non sarà mai una colpa e lui al Genoa fece benissimo, il pasticcio che seguì non fu colpa sua. Altro genere Claudio Ranieri. A me Ranieri piace, moltissimo, come tecnico e come uomo di grande intelligenza. La prima volta pranzammo insieme al Cambio, il più elegante ristorante di Torino, quello preferito da Cavour. Lui conversò amabilmente con il sottoscritto e con i nostri vicini di tavolo, Montezemolo e il re delle automobili indiane, Tata. Parlò in inglese perfettamente (alla faccia di Mou), non sbagliò un vino e mangiò con l’eleganza che tutti conoscono. Ma assaggiando un meraviglioso gazpacho mi disse: “Mazza quanto è bono”. Ecco, anche per questo adoro Ranieri, in lui c’è tutto, il sacro e il profano, Chelsea e Testaccio.

Un altro amico, Gian Piero Gasperini a tavola si comporta come nella vita: familiare, equilibrato, innovativo nelle scelte. E soprattutto sempre capace di rimanere se stesso, un uomo perbene, qualsiasi squadra alleni o non alleni. Poi c’è lui,  Alberto Malesani. Il nostro primo incontro, a Genova, finì con una straordinaria litigata. Il secondo pure. Idem il terzo. Poi un nostro comune amico, Roberto Perrone (penna raffinatissima sulle strade dello sport e della gastronomia) ci disse: “Vedetevi in un ristorante, due come voi devono piacersi”. Aveva ragione Perrone. Malesani a tavola è uno spettacolo. Ora mi dicono stia anche producendo un Amarone straordinario (ne aspetto sempre una bottiglia, ma le promesse dei viticoltori sono peggio di quelle dei marinai). Vi dirò di più: a me piace anche il calcio di Malesani. Ma se lo rivedo a tavola, se ripenso alla sua gioia nel divorare le trenette al pesto, ecco che ho subito un dubbio.  Il dubbio è questo: che Albertone sia troppo vivo per il morente calcio italiano? Credo proprio di sì, ma ora basta discorsi, che la pietanza si fredda. E buon appetito".