Ricordate quel giorno? PARMA-JUVENTUS

La rivisitazione di alcune partite giocate dalla Juventus; storie di vittorie e di sconfitte per riassaporare e rivivere antiche emozioni
19.12.2020 10:33 di  Stefano Bedeschi   vedi letture
Ricordate quel giorno? PARMA-JUVENTUS
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© foto di Daniele Mascolo/PhotoViews

8 gennaio 1995 – Stadio Tardini di Parma
PARMA – JUVENTUS 1-3
PARMA: Bucci (Galli dal 31’); Di Chiara (Benarrivo dal 48’), Minotti, Apolloni e Couto; Sensini, D.Baggio e Crippa; Branca, Zola ed Asprilla. In panchina: Castellini, Caruso e Pin. Allenatore: Scala.
JUVENTUS: Peruzzi; Ferrara, Torricelli, Fusi, (Jarni dal 60’) e Carrera; Paulo Sousa (Marocchi dall’84’), Tacchinardi e Conte; Vialli, Del Piero e Ravanelli. In panchina: Rampulla, Orlando e Di Livio. Allenatore: Lippi.
Arbitro: Ceccarini di Livorno.
Marcatori: Baggio al 57', Paulo Sousa al 63', Ravanelli al 70' e al 74' su rigore.

Quindicesima giornata del girone di andata del campionato 1994-95. Il Parma di Nevio di Scala è in testa alla classifica; non è una sorpresa, perché è già da qualche stagione che il presidente Tanzi ha allestito una squadra in grado di competere con le grandi. La Juventus segue ad un punto. È la Juventus della triade Moggi, Giraudo e Bettega. Soprattutto, è la Juventus di Marcello Lippi, appena arrivato dal Napoli per cercare di rilanciare la squadra piemontese, a secco di vittorie da troppo tempo. Quella fra gialloblu e bianconeri sarà una lotta infinita e per gli avversari rimarranno solamente le briciole. La Juventus festeggerà lo scudetto e la Coppa Italia, vinta in finale contro il Parma. La squadra emiliana alzerà la Coppa Uefa, conquistata proprio a spese dei bianconeri. La partita del Tardini è di importanza fondamentale. Una vittoria della compagine di Scala, significherebbe mettere una pesante ipoteca sulla vittoria finale. Al contrario, se a spuntarla fosse il sodalizio bianconero, sarebbe la rampa di lancio per una stagione ricca di soddisfazioni.

“IL CORRIERE DELLA SERA”
Cercate Scala. È lui, e la cervellotica formazione allestita con le sue mani, la causa principale della sconfitta del Parma contro la Juve: il tecnico ha improvvisamente corrotto il gioco e frantumato senza motivo l’equilibrio complessivo eludendo, con il sacrificio di Pin, la funzione del centrale di centrocampo. Infine, ha chiesto ad Asprilla di non essere nemmeno l’ombra di sé. Il colombiano non ha tardato ad accontentarlo.
Ma la glorificazione della Juve non merita di essere intaccata: è completo ed esclusivo patrimonio di proprie virtù (quinto successo esterno). Siamo certamente al cospetto di una squadra che ha imparato a crescere senza Roberto Baggio, in ragione di una lievitante personalità collettiva e di conoscenze felicemente mediate tra il calcio tradizionale e quello moderno: fondo, velocità e preparazione atletica hanno stabilito le prioritarie distanze tra emiliani e torinesi, determinando un gruppo bianconero in grado oramai di sprigionare il pressing con costanza e di mantenere lo schieramento corto e stretto.
L’inizio dell’anno, dunque, fa coincidere la conferma di una tendenza già espressa con la fine del piccolo luogo dei buoni sentimenti parmensi, il ridimensionamento di molti protagonisti a dignitosi comprimari. Per lo scudetto, un’unica iscritta: la Juve di Marcello Lippi. Non è una formula, ma un’etichetta: vince con Roberto Baggio (goal al Milan), ma soprattutto senza di lui. Vince con Vialli (due reti alla Fiorentina), ma vince anche quando le resta solo Del Piero (doppietta alla Lazio).
Contro il Parma, in casa di un avversario che vi aveva sempre vinto, la Juve si è presentata in piena sottrazione di talento e forza: ancora assente Roberto Baggio, assente anche Kohler, stropicciato Fusi, malconcio Vialli. Stavolta ha vinto con Ravanelli e la decisiva prestazione di Torricelli, ecco il marchio di Lippi: annullato Asprilla, assicurata propulsione alla fascia.
La Juve ha subito un goal al 12’ della ripresa, nel secondo tiro in porta del Parma (diagonale destro di Dino Baggio, smarcato da un tocco di Asprilla). Reagire a questa palese ingiustizia del calcio non era facile. In cinque minuti la Juve l’ha riparata ed è stato l’unico momento della gara in cui la fortuna l’ha assistita. Non è di tutti i giorni trovare un goal del portoghese Sousa (il primo in Italia) grazie alla duplice collaborazione di Couto e, soprattutto, di Giovanni Galli. Il dodicesimo si trovava in campo dal 31’, cioè quando Bucci si era arreso ad una distorsione del ginocchio sinistro. L’infortunio era conseguenza di un’uscita immolatrice dello stesso Bucci su Torricelli.
La partita non è stata bella, ma ha avuto spruzzate fascinose proprio quando si determinava lo spazio per attaccare (Juve quasi sempre, Parma quasi mai) e la velocità iniettava la manovra, rendendola spigliata. Bello e coerente è stato il raddoppio di Ravanelli (solo otto minuti dopo il pareggio di Sousa), perché il gesto, già di per sé meritevole (tuffo di testa ad anticipare la scarpa di Sensini), è stato propiziato da un cross di Vialli, a sua volta capace di smarcarsi senza palla, seguendo l’invito di uno straripante Torricelli. E non dissimile è il movimento che caratterizzava la ricerca della profondità di Vialli, atterrato in area da Apolloni al 29’, stavolta su assist di Ravanelli.
La trasformazione premia la giornata di chi ha ormai riscattato una condizione di perenne mediocrità dovuta spesso (e lo diciamo con colpevole partecipazione) alla cecità della critica. Non solo Ravanelli, comunque. Come detto, anche tantissimo Torricelli, tanto Sousa, un buon Vialli, una difesa di certezze. Quel che si dice, una squadra. Penalizzati i singoli. Non è stata, come era lecito attendersi, la sfida Zola-Del Piero (superati nel male solo da Asprilla e, forse, da Couto), né poteva essere Bucci-Peruzzi, o Couto-Sousa. Il calcio è il tutto. L’individuo è una parte. Non può essere che così . Perciò, non poteva che essere Juve.