Tutti sono Koulibaly, ma nessuno è Kean: quando la discriminante si chiama Juventus

Razzismo e indignazione a chiamata: la discriminante non è il colore della pelle, ma quello della maglia che il calciatore indossa.
15.01.2019 11:00 di Enrico Danna   vedi letture
Tutti sono Koulibaly, ma nessuno è Kean: quando la discriminante si chiama Juventus
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© foto di Insidefoto/Image Sport

Cantava Elio, in una sua famosa canzone “Ditemi perché se la mucca fa mu, il merlo non fa me”. Gli juventini si stanno ponendo questa domanda ormai da anni, nei confronti della giustizia sportiva. Perché il processo di Farsopoli venne celebrato in fretta e furia (per non compromettere la regolarità del campionato, ci venne detto) mentre nell’estate scorsa, il procedimento relativo alle plusvalenze fittizie che riguardava il Chievo Verona, si è concluso a campionato iniziato? Perché il 27 dicembre dovevamo essere tutti Koulibaly, mentre nessuno, ieri, doveva essere Kean (o Matuidi nella primavera scorsa)? Perché gli ispettori federali, l’altra sera a Bologna, non hanno sentito nulla (in merito ai cosiddetti “buu razzisti”) , mentre all’Allianz Stadium riescono a percepire anche solo se uno singolo degli oltre 40.000 spettatori pensa alla parola “Napoli?”. Perché dopo la gara Inter-Napoli, si è sollevata l’indignazione generale, con titoloni sui giornali, giornalai che pontificavano sui loro quotidiani e sui social, richiesta di sospensione delle gare, solidarietà al giocatore del Napoli “destabilizzato” da quanto accaduto, mentre per Kean (così come per Matuidi, etc..) nessuno si è indignato, ma anzi, si è cercato di minimizzare il tutto, derubricando alla voce “Malinteso”? (abbiamo imparato che, se dopo aver fatto un “buuu” ad un giocatore di colore lo fai anche a uno bianco, non è razzismo; che è razzismo solo se il diretto interessato lo percepisce come tale, etc, etc; e una miriade di altre castronate simili). Non è che la discriminante, a questo punto, non sia la pelle, non sia l’offesa in sé e per sé, ma il colore della maglia che il giocatore indossa o della sciarpa che il tifoso porta al collo? Quando la Juventus fece ricorso avverso la squalifica della curva sud proponendo misure intelligenti, non solo venne derisa, ma addirittura le venne raddoppiata la pena. Ora, a qualche mese di distanza, abbiamo scoperto che quelle idee forse non erano poi così strampalate, che quella di colpire il singolo, anziché la massa, dovrebbe essere la regola. Certo, fino a quando si trattava di colpire il tifo juventino, non fregava niente a nessuno; ora invece….. Qualcuno, poi, vorrebbe spiegarci perché, se la Società Napoli è stata la più multata per comportamenti non regolamentari della propria tifoseria all’interno del San Paolo, perché se detta tifoseria si è resa protagonista di atti di vandalismo in altri stadi negli anni (e così via), non sia mai stata comminata alcuna squalifica della curva o divieto di trasferta? Perché questa sorta di impunità? Le regole non dovrebbero essere uguali per tutti? Oppure qualcuno gode di una sorta di impunità per motivi trasversali? Parole, moralismi da quattro soldi, isteria: da una parte si piange e dall’altra si fotte. Come mai Ancelotti i cori li ha sentiti solo a San Siro, mentre a Bergamo no? Sarà mica perché a Bergamo la partita è finita con una vittoria della sua squadra? Suvvia, basta con questa ipocrisia, basta con la discriminazione a chiamata, basta col finto perbenismo. A partire dai vertici federali. Servono misure efficaci e certe, così come pene severe e certe. Il razzismo va combattuto e debellato ovunque, così come i cori che inneggiamo a morti, tragedie, etc. Chiunque violi le regole, deve sapere che andrà incontro ad una punizione e a quale punizione andrà incontro (singolarmente), qualunque sia la sua fede calcistica. Certo, parlare di telecamere, di tecnologia, di misure all’avanguardia con personaggi che preferiscono parlare di complotti e cercare alibi, anziché tentare investire su strutture efficienti e moderne, non è proprio semplice. C’è chi è abituato alle parole e chi ai fatti. Grazie a Dio, Andrea Agnelli è il mio PresidenteCantava Elio, in una sua famosa canzone “Ditemi perché se la mucca fa mu, il merlo non fa me”.

Gli juventini si stanno ponendo questa domanda ormai da anni, nei confronti della giustizia sportiva. Perché il processo di Farsopoli venne celebrato in fretta e furia (per non compromettere la regolarità del campionato, ci venne detto) mentre nell’estate scorsa, il procedimento relativo alle plusvalenze fittizie che riguardava il Chievo Verona, si è concluso a campionato iniziato? Perché il 27 dicembre dovevamo essere tutti Koulibaly, mentre nessuno, ieri, doveva essere Kean (o Matuidi nella primavera scorsa)? Perché gli ispettori federali, l’altra sera a Bologna, non hanno sentito nulla (in merito ai cosiddetti “buu razzisti”) , mentre all’Allianz Stadium riescono a percepire anche solo se uno singolo degli oltre 40.000 spettatori pensa alla parola “Napoli?”. Perché dopo la gara Inter-Napoli, si è sollevata l’indignazione generale, con titoloni sui giornali, giornalai che pontificavano sui loro quotidiani e sui social, richiesta di sospensione delle gare, solidarietà al giocatore del Napoli “destabilizzato” da quanto accaduto, mentre per Kean (così come per Matuidi, etc..) nessuno si è indignato, ma anzi, si è cercato di minimizzare il tutto, derubricando alla voce “Malinteso”? (abbiamo imparato che, se dopo aver fatto un “buuu” ad un giocatore di colore lo fai anche a uno bianco, non è razzismo; che è razzismo solo se il diretto interessato lo percepisce come tale, etc, etc; e una miriade di altre castronate simili). Non è che la discriminante, a questo punto, non sia la pelle, non sia l’offesa in sé e per sé, ma il colore della maglia che il giocatore indossa o della sciarpa che il tifoso porta al collo? Quando la Juventus fece ricorso avverso la squalifica della curva sud proponendo misure intelligenti, non solo venne derisa, ma addirittura le venne raddoppiata la pena. Ora, a qualche mese di distanza, abbiamo scoperto che quelle idee forse non erano poi così strampalate, che quella di colpire il singolo, anziché la massa, dovrebbe essere la regola. Certo, fino a quando si trattava di colpire il tifo juventino, non fregava niente a nessuno; ora invece….. Qualcuno, poi, vorrebbe spiegarci perché, se la Società Napoli è stata la più multata per comportamenti non regolamentari della propria tifoseria all’interno del San Paolo, perché se detta tifoseria si è resa protagonista di atti di vandalismo in altri stadi negli anni (e così via), non sia mai stata comminata alcuna squalifica della curva o divieto di trasferta? Perché questa sorta di impunità? Le regole non dovrebbero essere uguali per tutti? Oppure qualcuno gode di una sorta di impunità per motivi trasversali? Parole, moralismi da quattro soldi, isteria: da una parte si piange e dall’altra si fotte. Come mai Ancelotti i cori li ha sentiti solo a San Siro, mentre a Bergamo no? Sarà mica perché a Bergamo la partita è finita con una vittoria della sua squadra? Suvvia, basta con questa ipocrisia, basta con la discriminazione a chiamata, basta col finto perbenismo. A partire dai vertici federali. Servono misure efficaci e certe, così come pene severe e certe. Il razzismo va combattuto e debellato ovunque, così come i cori che inneggiamo a morti, tragedie, etc. Chiunque violi le regole, deve sapere che andrà incontro ad una punizione e a quale punizione andrà incontro (singolarmente), qualunque sia la sua fede calcistica. Certo, parlare di telecamere, di tecnologia, di misure all’avanguardia con personaggi che preferiscono parlare di complotti e cercare alibi, anziché tentare investire su strutture efficienti e moderne, non è proprio semplice. C’è chi è abituato alle parole e chi ai fatti. Grazie a Dio, Andrea Agnelli è il mio Presidente