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A tutto Giaccherini: "Potevo tornare, la mia esperienza e la vittoria più grande. La mia Juve operaia e di provincia, vi dico come la vedo. Locatelli? E' pronto per il grande salto"

18.06.2021 13:30 di  Mirko Di Natale  Twitter:    vedi letture
ESCLUSIVA TJ - A tutto Giaccherini: "Potevo tornare, la mia esperienza e la vittoria più grande. La mia Juve operaia e di provincia, vi dico come la vedo. Locatelli? E' pronto per il grande salto"
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© foto di Giuseppe Celeste/Image Sport

E' arrivato tra lo scetticismo generale in un caldo pomeriggio di agosto, ma Emanuele Giaccherini non ha mai deluso le attese. Anzi. Le sue prestazioni nella Juve di Conte, quella degli invincibili e quella della riconferma, valgono ancora oggi la stima e la gratificazione dei tifosi incontrati per strada. E nei due anni trascorsi a Torino con indosso la maglia bianconera, il centrocampista di Talla ha dimostrato al mondo intero di che pasta era fatto. Fino alla fine di questo mese sarà un giocatore del Chievo Verona, poi ripartirà alla ricerca di una nuova avventura. La nostra redazione lo ha contattato telefonicamente, in esclusiva, per parlare approfonditamente di Juventus e non solo:

Partendo dalla nazionale, quale è il tuo giudizio sulla compagine di Mancini?

"La nazionale in questo momento è diventata una certezza, è un piacere vederla giocare. Ho la sensazione che la squadra possa far gol in qualsiasi momento, oltre alla grande solidità difensiva che non permette agli avversari di trafiggere Donnarumma. Sta andando tutto bene, c'è entusiasmo, fiducia e consapevolezza in questa squadra, la speranza è che l'Italia sia all'altezza come oggi nel momento in cui arriveranno gli esami più importanti".

Avresti voluto far parte di questa spedizione? Lo puoi confessare.

"Mi sarebbe piaciuto, non posso negarlo, ma ho avuto le mie occasioni. Ho giocato due Europei di cui uno siamo andati vicini a vincerlo (quello del 2012 ndr) e l'altro siamo arrivati ad un passo dalla semifinale. Ci è mancato solo un pizzico di fortuna in Francia".

Forse quel pizzico di fortuna in più poteva esser rappresentato anche dal tabellone, nella vostra parte c'erano tutte le squadre più forti. C'è il rimpianto, a distanza di anni, di non essere arrivati secondi? Quella era la parte dell'Ungheria, del Galles e del Portogallo poi diventato campione.

"Sicuramente il calendario non era dalla nostra parte, il primo posto conquistato con Belgio e Svezia ci ha dato l'opportunità di sfidare tutte le più grandi del calcio europeo. Da calciatore, però, sogni di poter affrontare tutte le più forti. Un po' di rammarico c'è, perché non so come sarebbe andata con la Francia. Ci hanno condannato purtroppo i rigori con la Germania, ma lì è una lotteria e può sempre succedere di tutto".

Quindi niente calcoli per questa nazionale? Nella stessa situazione, cinque anni dopo, è meglio arrivare primi?

"Sì, nella maniera più assoluta. Le vittorie portano sempre entusiasmo e fiducia, per questo non si deve mai fare calcoli in queste manifestazioni. Qui il valore tra una squadra e l'altra è sempre molto sottile, poiché battere Spagna o Ungheria è sempre difficile. Addirittura c'è il rischio che batti la prima e perdi con la seconda, dipenderà sempre da come la squadra interpreta la partita. L'Italia sulla carta è inferiore solo ad un paio di squadre, ma poi c'è il campo ed è lì che si decide sempre tutto. Lo spirito del gruppo permette di dimezzare il gap tecnico con squadre, ad esempio, come la Francia".

L'Italia è stata strutturata da Mancini esaltando sia la gioventù che l'esperienza. In tal senso, infatti, conosci molto bene sia Bonucci che Chiellini.

"Per prima cosa spero che Giorgio non si sia fatto troppo male, l'augurio è che possa saltare solo la prossima partita. Lui è un leader ed è un giocatore fondamentale, insieme a Bonucci è parte integrante del gruppo a livello di esperienza. Il gruppo, comunque, è costituito dal giusto mix, tutti parlano giustamente di Locatelli che è un '98 ma non bisogna dimenticare di Barella e Chiesa che possiedono partite di Champions alle spalle. Sono giovani ma esperti nello stesso momento, e questo è un gran bene".

Come vedresti, eventualmente, Manuel Locatelli con la maglia bianconera?

"Lo vedrei bene perché è un giocatore che ha già dimostrato di essere importante nelle ultime stagioni disputate a Sassuolo. Ed ora sta facendo molto bene all'Europeo, per cui credo sia arrivato il momento di fare il grande salto e di andare in un top club come la Juve. Non so se saranno proprio i bianconeri ad acquistarlo, ma sicuramente deve ambire alle grandi piazze".

Il ritorno di Allegri fa tanto di back in time (colonna sonora della trilogia di Ritorno al Futuro), quale è il tuo pensiero a riguardo?

"Prendendo Allegri non sbagli mai, è un allenatore vincente e che conosce benissimo l'ambiente. Anche lui dovrà ripartire un po' da zero, perché la squadra ha vissuto due allenatori diversi ed è stata un po' cambiata in questi due anni. Sicuramente ci sarà da lavorare, ma il valore di Max è indiscutibile. E' una garanzia per la Juventus".

Che cosa è cambiato nella Juventus degli ultimi dieci anni? Il parallelo, inesorabilmente, nasce dalla tua prima Juve del 2011 e arriva fino all'ultima del 2021 che è, obiettivamente, molto differente.

"La prima Juventus, quella dei tre scudetti di Conte, era più operaia e che vinceva le partite con il lavoro, il sacrificio, il gruppo e l'allenamento. I primi due anni sono stati i più belli dal punto di vista del gioco. In seguito è stato alzato il livello, la dirigenza ha iniziato ad acquistare giocatori di un certo target come Tevez, Higuain, Ronaldo. E' cambiato un po' quello, il fatto che nell'organico sono stati inseriti i top che riuscivano a vincere le partite con una giocata individuale. Nei primi anni, invece, a venir prima era il gruppo, più che l'esaltazione del singolo. I campioni come Pirlo, Vidal, Vucinic erano presenti ugualmente, ma non c'era un CR7 in grado di segnare 40 gol a stagione".

Per tornare ad esser vincente come prima, la Juve potrebbe essere di nuovo operaia?

"Non è questa la chiave di lettura, se guardiamo con la rosa della Juve ci sono giocatori di un certo livello e non i Giaccherini della situazione. Per operaia intendevo che nella Juve di Conte c'era chi veniva dalla provincia, non Ramsey o Rabiot che hanno un ingaggio di un certo livello e arrivano da top club. Non si può vincere tutti gli anni, anche perché mantenere lo stesso livello non è semplice. Quest'anno ha vinto l'Inter meritatamente, ma la Vecchia Signora non molla mai. Fino alla fine. Le batterie si sono ricaricate, per questo i bianconeri proveranno subito a rivincere".

Ci puoi raccontare come è stato il tuo passaggio dalla provincia? Ti aspettavi l'approdo alla Juve?

"Avevo fatto un gran campionato con il Cesena ed era quasi tutto fatto con la Fiorentina, poi è arrivata la chiamata inaspettata della Juve e non pensavo che una società così gloriosa potesse essere interessata alle mie qualità. Antonio Conte, che già mi aveva richiesto a Siena, mi ha voluto fortemente ed è stato l'artefice del mio passaggio a Torino. Poi è chiaro che toccava a me dimostrare di essere un giocatore che meritava questo palcoscenico. Sono arrivato tra lo scetticismo di molti e sono andato via nel rimpianto di tanti, perché significa di aver lasciato un qualcosa di importante. Ancora oggi i tifosi mi fermano per strada e ricordano i miei due anni qui. Per me questa è la vittoria più bella".

Un altro bel riconoscimento arrivò da Antonio Conte che ti ribattezzò come "Giaccherinho" per esaltare le tue doti nei confronti della stampa.

"Assolutamente, tra l'altro ringrazierò sempre il mister perché l'arrivo alla Juve è stata la grande svolta. Lui disse questo per prendermi d'esempio per ribadire il concetto che ero un giocatore da Juve, con un altro nome si sarebbe parlato diversamente di me. Io sono sempre stato un po' sottovalutato dalla stampa, alcuni giornalisti non mi volevano in nazionale e si sono poi ricreduti. Ho fatto molto bene sia i due Europei e sia la Confederations Cup, purtroppo in tanti non volevano Giaccherini con la maglia azzurra. Ho sempre fatto parlare il campo".

Penso siano infiniti, ma che ricordi possiedi nei due anni vissuti sotto la Mole?

"Qui ho vinto tanto e ho conosciuto grandi campioni che, prima di tutto, sono uomini importanti. Sono stato da Dio con il gruppo italiano sia dentro che fuori dal campo, ancora oggi mi sento con Bonucci, Chiellini, Marchisio e sono dei ragazzi straordinari. Condividevamo spesso i nostri momenti liberi, ad esempio la sera nel momento in cui andavamo a cena. Essere arrivato alla Juventus dal Cesena ed esser trattato come uno di loro, per me è stata una cosa indimenticabile".

Uno dei più grandi momenti vissuti con la Juve fu il gol con il Catania che ipotecò di fatto il secondo scudetto. Che cosa provasti dopo quel gol?

"E' stata una emozione indescrivibile, col Catania sembrava che la palla non volesse mai entrare. Quella rete rappresenta un pezzo di scudetto, per il vantaggio accumulato sul Napoli e per il grande abbraccio tra Agnelli, Nedved, Marotta e Paratici. Esser stato determinante per la Juve è un qualcosa che mi porterò sempre dietro, viene ricordato quel gol ma anche quello al Genoa fu fondamentale ai fini del risultato. Sono stati due anni fantastici e ringrazierò per sempre la Juve per questa opportunità".

Poi come mai è terminata l'avventura alla Juve?

"Il rapporto è terminato per l'arrivo di una grande offerta da parte del Sunderland. La grande Confederations Cup aveva spinto gli inglesi a propormi un ingaggio importante e un progetto ambizioso dove ero il numero 10 della squadra, mi stuzzicava l'idea di andare a giocare nel campionato più bello del mondo. La scelta è stata dolorosissima, perché sapevi quel che lasciavi ma non sapevi quel che trovavi. La Juve fece plusvalenza, per cui possiamo dire di averci guadagnato un po' tutti eccetto mister Conte che non voleva cedermi. L'esperienza in Inghilterra è andata molto bene, le strutture sono all'altezza delle nostri grandi squadre e l'organizzazione era al top. Alla fine, la scelta è stata quella corretta".

E' vero che qualche anno più tardi, precisamente nel 2017, saresti potuto tornare alla Juventus?

"Sì è vero, lo posso confermare. La Juve mi voleva nuovamente ed io avevo già detto di sì, solo che il Napoli non riuscì a trovare il mio sostituto anche se non ero un titolare. E i partenopei non aprirono mai la trattativa".

Si ringrazia Emanuele Giaccherini per la cortesia e la disponibilità dimostrata in occasione di questa intervista.