Tutto molto bello Thiago, ma solo a parole. Sarebbe ora di finirla di autoreferenzialità, ma di fare punti

Ammaliante. Con questa parola potremmo descrivere il Thiago Motta delle prime settimane. Perché finalmente, dopo anni di Massimiliano Allegri, c'era l'intenzione di dominare il gioco. Di farlo con le idee, con l'innovazione, basta l'oscurantesimo del cortomusismo, quello che machiavellicamente mira solo al risultato. Perché bisogna essere belli, risplendere, dominare ma con garbo, con stile. Tutti quanti ne sono rimasti entusiasti per un allenatore che ha portato il Bologna in Champions League sessant'anni dopo l'ultima volta. Peccato che sei decenni prima servisse arrivare primi, adesso è bastato un quinto posto con Zirkzee e Orsolini, giocando un calcio molto mirato alla difesa.
Perché - ed è strano che molti non se ne siano accorti - il Bologna di Thiago aveva una grande difesa. Poi sfruttava anche le debolezze altrui, giocando con un centravanti che è più un regista offensivo che non un grande terminale, facendo infilare tutti i vari trequartisti, centrocampisti, spesso anche difensori. Ecco, non avere Bremer è un problema perché avrebbe mascherato moltissimi difetti di questa Juve. Così come non avere mai avuto un vice Vlahovic, arrivato solo a fine gennaio quando la lacuna era chiara già da tempo immemore.
Tutte belle le parole di Thiago Motta, sin dall'inizio. Un calcio fatto di duttilità, di giocatori che devono essere bravi in più ruoli, puntando quasi un calcio totale. Cresciuto sì con l'esperienza di Gasperini, ma evoluto in qualcosa che gli permette di saltare dal Bologna alla Juventus con l'autorità dei Marcello Lippi e dei Fabio Capello, con la possibilità di epurare come fece Guardiola con il suo Barcellona: Ronaldinho - benino - ed Eto'o (male, visto che poi perse la Champions proprio contro di lui), ma lì arrivarono due vittorie in Champions e un'epoca di straordinarie conquiste. Qui stiamo marcando decisamente molto peggio.
Quindi, dopo il periodo dell'autoreferenzialità, è il tempo del cortomusismo (di nuovo) e del vincere anche senza brillare. E visto che ci siamo, magari evitare di epurare chi, come Danilo, ha fatto il meglio negli anni peggiori della Juve degli ultimi tre lustri.