Supercoppa a Gedda, la retorica a orologeria. Bravo Malagò. Ramsey per giugno, Pjaca verso il ritorno. Trincao, Mendes e il sogno estivo
''Sul caso della Supercoppa a Gedda c'e' il trionfo dell'ipocrisia da parte di tante persone’’. Bene, bravo, bis. Così ha parlato Giovanni Malagò, presidente del CONI, sulla polemica relativa alla Supercoppa Italiana. Di fronte, a Gadda, Juventus e Milan. Sugli spalti, niente donne. O niente donne se non accompagnate. O anche le donne, ma solo in alcuni settori. Sulla questione non ci abbiamo capito in realtà molto, perché le fonti sono disparate e neanche chiarissime. Quando si toccano determinati temi, peraltro, il rischio di scadere nella retorica è dietro l’angolo. Però Malagò ha ragione su tutta la linea. E su più di un fronte.
Piccola premessa: che la Supercoppa Italiana si giochi lontano dal Belpaese può risultare stonato. La Community Shield a Roma, per esempio, non la vedrete mai. Però è già successo nel corso della storia della competizione, per esempio in Cina, dove non ci si è soffermati in modo particolare sulle condizioni dei lavoratori impiegati nell’organizzazione dell’evento. O in Libia ai tempi di Gheddafi, stendiamo un velo pietoso. O ancora in Qatar, su cui torneremo. E il fatto che si giochi in Arabia Saudita, e che questo Paese abbia leggi molto diverse dalle nostre, non è una scoperta recente. Si sapeva da luglio, appunto. Per contestabile che la decisione possa essere, non è la prima volta. Si giocherà in un Paese, ancora, con cui l’Italia ha continui e proficui scambi economici. Di cui questa gara è soltanto una minima parte. Ci potevamo indignare molto tempo fa, per la Supercoppa giocata all’estero, o per i rapporti con Gedda. Abbiamo aspettato che facesse presa sull’opinione pubblica, strano.
Il Qatar, dicevamo. Come ha ricordato Malagò, in diversi settori ha una legislazione ancora più repressiva dell’Arabia Saudita. Ci giocheremo un mondiale. Tra l’altro a dicembre. Prepariamoci alla levata di scudi, ma solo alla vigilia dell’evento. Al momento non è ancora di moda. È la retorica a orologeria. La stessa che si applica in tanti altri settori, predicando bene e razzolando male. Si potrebbe aggiungere, ancora, che l’idea di andare a giocare in un Paese e pretendere solo per questo di cambiarne le regole puzza tanto di capitalismo. Giochi a Gedda, regole di Gedda. Eravamo liberi di non giocarci, ma pecunia non olet, dice il latino. Oppure puzzano, i denari, ma li intaschiamo lo stesso. Soltanto, con la convinzione di sentirci un po’ più puliti nella nostra coscienza per due frasi urlate sui social o gettate in pasto all’elettorato.
Passiamo alle cose di casa Juventus, cioè al mercato? A gennaio niente botti. Ramsey è vicinissimo, forse non quanto certi titoli fanno immaginare, ma è comunque lì. A giugno, per la cronaca: a gennaio è quasi impossibile, anche perché, con tutto il rispetto per il gran giocatore che è, non si saprebbe dove metterlo. In estate si vedrà, e magari sarà fugato qualche dubbio. L’ultimo britannico a fare bene in Italia è stato Platt, e non alla Juve. Vedremo. Partirà Benatia? Via social ha lanciato bordate, ma la dirigenza non ci sente molto da quel punto di vista, la squadra non si tocca se non arrivano offerte da strapparsi i capelli, e non pare il caso. Attenzione a Spinazzola: ha tempo per convincere Allegri, per la verità già favorevole all’idea, a tenerlo in squadra. Però devono esserci garanzie sul suo impiego. Da entrambi i lati: dal suo, che abbia recuperato. Da quello della Juve, che ci sia spazio. Per ora, tanto per fare un esempio, in lista Champions non ci potrebbe andare.
Tornerà Pjaca, ma probabilmente solo per salutare: a Firenze ha fatto male, quello stop mancato in finale a Russia 2018 rischia di essere la miglior fotografia del suo stato di forma attuale. Tra lui e Kean, dovendo tenere un attaccante di riserva in più, meglio il vercellese, che ha tanto da imparare e può farlo all’ombra dei mostri sacri bianconeri. Pjaca ha bisogno di giocare, anche se può sembrare un luogo comune. Capitolo Trincao: alla fine arriverà, puntiamoci con grande calma. In Portogallo ne parlano bene ma col Braga non ha giocato quasi mai, pur avendo 19 anni. Aggregarlo alla seconda squadra può andare bene per l’ambientamento, spendere 15 milioni per aggregarlo alla seconda squadra meno. È parte del pacchetto Mendes: fin qui sono arrivati Cancelo e Ronaldo, non ci si può lamentare, ma la relazione con il super-agente fa tenuta nell’ambito del do ut des. Un favore a me, uno a te. Quello per l’estate si potrebbe chiamare Mbappé.