Pecoraro torna di moda per un nuovo buco nell’acqua. Serie A, più stop che ripresa. Spadafora dove vive?

05.05.2020 00:00 di Ivan Cardia Twitter:    vedi letture
Pecoraro torna di moda per un nuovo buco nell’acqua. Serie A, più stop che ripresa. Spadafora dove vive?
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Tocca occuparsi ancora dell’ex procuratore federale Pecoraro. Che domenica mattina ha fatto discutere mezza Italia, allegando un nuovo buco nell’acqua ai tanti già centrati in passato, dalla sostanziale assoluzione di Andrea Agnelli e della Juventus legato alla presunta infiltrazione ndranghetista nella tifoseria bianconera fino (soprattutto) a quel colossale flop che è stato Money Gate. Roba passata? Vero. Ma il passato è importante, non si può dimenticare, serve a ricordarci e contestualizzare.

Domenica in edicola, dicevamo, l’ex procuratore federale Pecoraro decide di tornare su Inter-Juve del 2018. All’epoca ha cercato, assicura, l’audio della conversazione tra Orsato e il VAR sul mancato secondo giallo a Pjanic, chiedendosi perché mancasse. Ecco, perché mancasse ce l’hanno spiegato in tanti, più bravi di chi scrive: l’audio non è stato trovato perché non è mai esistito. E, regolamento alla mani, non sarebbe mai potuto esistere: se quella conversazione fosse avvenuta, sarebbe stato un errore colossale e una violazione macroscopica del protocollo. Che il procuratore federale dell’epoca l’abbia cercato dà ulteriori conferme circa il perché di tanti e tali flop: ignorare completamente le regole del gioco, per chi deve giudicare sul loro rispetto è un fatto gravissimo. Ancora peggio tornare sull’argomento a distanza di due anni, per sollevare una polemica che non si capisce quali finalità abbia. Non è neanche una questione di merito, perché Orsato in quella partita ha oggettivamente arbitrato malissimo. Se la cultura del sospetto nasce da chi ricopre, o in questo caso ricopriva, cariche istituzionali, allora abbiamo un problema molto serio. Lo lo abbiamo avuto.

Arriviamo all’attualità. Strepitano tutti. Il calcio, cioè la Lega Serie A, che difende la propria voglia di ricominciare la stagione. Il ministro Spadafora, ma merita un capitolo a parte. Il calcio che fa? Aspetta il governo, in un clima di incertezza che è comprensibile ma giorno dopo giorno rischia di fare sempre più danni, se non sarà pronto un piano B concreto e ben ragionato. Mercoledì può arrivare lo stop definitivo, o forse no. Aspettiamo la Bundesliga o magari la Premier. In questo momento, tutto fa pensare che lo stop sia più probabile della ripresa: ha senso anche sportivamente parlando. Non ci raccontate che giocare ogni 72 ore sia una cosa davvero fattibile. Il calcio si fermerà perché in questo momento ha capito che forse è inevitabile farlo, ma aspetta che sia il governo a prendersi questa responsabilità. E forse non è neanche tanto sbagliato: in Francia è andata così. In Spagna no, e i calciatori non vogliono giocare.

Arriviamo al ministro Spadafora. Siamo ancora allibiti dal pressappochismo della comunicazione di domenica sera. Forse vive su Marte, forse in un Paese dove il calcio non è l’unico sport davvero importante. Belli i centri danza, belle le palestre, belle le piscine. Vanno avanti, senza calcio? No, e questo il ministro dello Sport dovrebbe saperlo, o altrimenti converrebbe chiederne le dimissioni immediate. Sia Spadafora che la Lega Serie A, in questo momento, mancano il bersaglio: il punto non è giocare o non giocare ora. Il punto è avere le idee chiare, programmare, fare i conti con i numeri e le cifre di un movimento che fa girare l’Italia a livello economico e non solo. Quando il ministro fa i capricci sul calcio, parla di altri sport, non sta sputando in faccia a Cristiano Ronaldo o alle star patinate della Serie A. Sta sputando in faccia a migliaia di calciatori e allenatori professionisti e non, a magazzinieri, massaggiatori, cameraman, steward, medici, preparatori fotografi, giornalisti (sì ci siamo anche noi), edicolanti, ristoratori, camerieri, maestri di calcio. L’elenco è lungo? No, c’è molto di più: è un elenco ancora approssimativo. Un po’ come il ministro.