Nervosismo e attesa, Allegri tra equivoci e un futuro da tripla chance: arriva l’atteso incontro. Scossa? Ridateci le righe
Si litiga anche nelle migliori famiglie, figuriamoci quando non ci si sta molto simpatici. La lite Allegri-Adani, tra diretta tv e poi consueta diffusione virale sui social, ha riaperto la discussione che gravita attorno al tecnico della Juventus. Da un lato chi mette il fine avanti a ogni mezzo, e quindi sposa la filosofia di Allegri, che dà più peso al vincere rispetto a tutto il resto. Dall’altro, chi chiede che la vittoria arrivi tramite la prestazione e pretende che la prestazione arrivi anche a discapito della, o a prescindere dalla, vittoria. Scuole di pensiero diverse: teorici e pratici, diplomati e non diplomati; sono spaccature da salotto, attorno a un concetto che più vago non potrebbe essere. Giocare bene. Nessuno ci ha ancora detto cosa voglia dire. Chi scrive, su TMW qualche giorno fa ha provato a dire la sua: essere coerenti con sé stessi. Giocavano bene sia l’Inter di Mourinho che il Barcellona di Guardiola.
La Juve di Allegri, quest’anno, non ha giocato bene. È stata disomogenea, mai uguale e nemmeno simile a se stessa, soltanto una bozza di quel che avrebbe potuto essere. Insieme di grandi calciatori, ma non grande squadra. Sarà forse per questo, che Allegri un po’ nervoso lo è. Non a torto: uscire ai quarti è una bella mazzata. Farsi spiegare il calcio da chi non si è mai messo in gioco, poi, può anche essere irritante. Togliamo un dubbio, per dovere di onestà: tra Allegri e Adani, stiamo con Allegri. Non per partigianeria o per maglia: anzi, a buona parte dei tifosi della Juve il livornese non è mai stato troppo simpatico. Sarebbe quasi più redditizio dargli addosso. Però stiamo con Allegri, perché ha i fatti dalla sua. Per la prima volta in cinque anni ha salutato l’Europa con (de)merito: le eliminazioni con Bayern e Real erano dettate dall’aleatorietà del gioco, da errori dei singoli, peraltro nei minuti finali. È uscito con demerito in Champions, ma ha vinto in campionato. Ancora una volta. E se tutti siamo intimamente convinti che questa Juve vincerebbe lo scudetto anche con Oronzo Canà in panchina, è altrettanto vero che non abbiamo alcuna controprova. Più che arrivare primo, Allegri non poteva fare. Ci è riuscito sempre, a Torino. Non ha avversari? Non gliene si può fare certo una colpa.
Stiamo con Allegri nel senso in cui accusarlo di allenare capace di squadra che vince da sola sia un equivoco. Alla Playstation ci sono i numeri che indicano i valori dei giocatori. Sui libri ci sono le statistiche. In campo vanno esseri umani, e lì 2+2 non sempre fa 4, perché il calcio non è matematica. Stiamo un po’ meno con Allegri, in tutta onestà, per la scenata riservata alla mix zone dopo la piccola sfuriata su Sky. Lì, si poteva fare meglio, nei confronti di tutti. Però la carne è debole e l’uomo pare nervoso: speriamo non si offenda, ma è quasi un dato di fatto. Morde il freno, per restare nell’ambiente ippico. In attesa, lui come tutti noi, di capire cosa succederà: nei prossimi giorni, perché siamo arrivati davvero alla resa dei conti e l’annunciato incontro con Agnelli andrà in scena prima del previsto.
Cosa ne uscirà? Nel titolo c’è una tripla chance, l’1X2 che da ragazzini barravamo al Totocalcio quando non avevamo idea di come potesse andare la partita. Ammesso che non sia tutto deciso, serve dare un nuovo shock a questa Juve. Quello CR7 non lo definiremmo controproducente, ma al massimo ha rimandato l’ineluttabile. Restiamo fermi ancora alle dichiarazioni post Ajax, anche se tutti gli indizi fanno pensare ad altre strade. La Juve non ha la possibilità, dopo aver portato a Torino uno come Cristiano Ronaldo, di sobbarcarsi un’altra ipoteca sul proprio futuro sportivo. Tra cambiare mezza squadra e cambiare allenatore, la scossa arriva spesso con la seconda scelta. Il nervosismo di Allegri, poi, può anche essere letto in quest’ottica. D’altra parte, di petali sulla margherita ve ne sono pochi. E le parole di Agnelli restano. Una scossa, per dirla tutta, sarebbe anche affidarsi in toto a Max: in Italia il modello Ferguson non ha mai funzionato, anzi non è mai stato provato. La Juve dovrebbe cambiare parecchio, per affidarsi al 100% alle idee del proprio allenatore, e fare i conti con un amore che per usare un eufemismo non è mai sbocciato. Sarebbe un altro elemento di rottura, quasi una novità. Una scossa, appunto. Basta saperlo, il prima possibile. Perché questa stagione non ha già più nulla da dire e sarebbe logico avvantaggiarsi sulla prossima.
Piccola postilla quasi polemica: in assenza di comunicazioni ufficiali, abbiamo visto tutti quale sarà la maglia della Juve nella prossima stagione. Definirla la maglia della Juve è, di per sé, un azzardo neanche piccolo. Va bene modernizzarsi, andare in contro agli altri mercati. Tutto bellissimo. L’abbiamo accettato sul logo, che ormai ci piace. Ma la maglia della Juve, da più di un secolo, ha le righe bianconere. Sono parte della sua identità, della sua storia. E la storia dovrebbe valere qualcosa in più del marketing.