Moby Dick - Il “No” al Real Madrid è una svolta tricolore, un segno di rispetto di Allegri verso la Juventus. Perché andare altrove quando si pensa di poter vincere la Champions con la propria squadra?
Un po’ come Craxi a Sigonella. I contesti appaiono diversi, perché la politica e lo sport sono due aree compatibili ma non certo sovrapponibili, eppure il “No” deciso di Massimiliano Allegri rappresenta una rivoluzione nazional popolare al cospetto della ricca offerta madrilena. Di solito, al Real Madrid, è difficile opporre un diniego. Il primo “No” rende meno traballante la dignità di un calcio, quello italiano, non ancora ai livelli di quello spagnolo.
Il Real Madrid è la prima squadra al mondo per organizzazione, finanze e leadership internazionale riconosciuta. Allegri è un uomo retto, nato e cresciuto nell’allegra e pittoresca Livorno, città nella quale si vedono lussuose navi attaccare lungo il porto per poi far ritorno a casa e raccontare la lieta novella portuale. A Livorno lo stadio è l’Ardenza, la maglia è amaranto ed il cielo è azzurro. Una città forte ed orgoglioso che ride dei propri stereotipi e non soffre di provincialismo.
Allegri rispecchia la genetica popolare che anima la sua terra, adora le scazzottate dialettiche e non disdegna la fedeltà sportiva. Per lui la Juventus vale il Real Madrid, poco importa cosa si dice al di là delle reti dei pescatori della sua Livorno. La sua decisione l’ha presa da tempo: desidera essere il nuovo Lippi, scrivere la storia della società prima di provare a vincere anche con la Nazionale.
Altri allenatori, anche di comprovata fede bianconera, avrebbero speculato sull’offerta del Real Madrid, magari giocando a scacchi con la società. Ha scelto il progetto, ha scelto la Juventus almeno sino al 2020. Non ama cambiare club, Max. Ama cambiare giocatori e provare a vincere, sempre, modificando moduli e schemi, giocatori e talenti. Allegri ha detto “No” al Real Madrid è questo basta per tratteggiarne lo spessore.