Moby Dick - Clamorosa idea di Andrea Agnelli. Moggi torna alla Juventus?

Editorialista del mensile "Calcio 2000" fondato da Marino Bartoletti e collaboratore di Carlo Nesti (Nesti Channel). Conduttore e autore del programma "Parliamo di calcio", in onda su Rtg Puglia. Vincitore del premio "Miglior giornalista di Puglia".
22.09.2010 00:30 di  Alvise Cagnazzo   vedi letture
Alvise Cagnazzo
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Alvise Cagnazzo
© foto di Micri Comunication

Se da un lato la pioggia rende tristi le giornate, dall’altro risulta indispensabile per far crescere i fiori, a garanzia del risveglio delle giornate. Un po’ come il polline, produttore di allergie, quanto fondamentale nell’offrire ristoro alle api, consentendo di generare la vita attraverso quel circuito di impollinazione definito necessario, per la continuazione della specie, persino dal nobel Einstein. Così, nel rispetto della dottrina dei contrari, tale da rendere negativo un aspetto solo al fine di poter garantire l’equilibrio del tutto, la sconcertante manifestazione di mediocrità palesata dalla Juventus nel corso delle prime uscite stagionali non può che rappresentare l’inizio di un percorso obbligato. Sinusoidale, ma non per questo giustificabile a priori. Necessario a garantire, nelle dinamiche di una laboriosa ricostruzione, una lenta e volenterosa presa di coscienza. Subire qualcosa come due reti a partita, che si tratti di modesto ciarpame tecnico dall’impronunciabile domicilio polacco o della violenta manifestazione di un talento incomprensibile, Cassano, questo è certo, non rientra nella ristretta nomenclatura dei segnali di ripresa consoni ad una formazione con ambizioni, assai teoriche, da vertice.

Crogiolarsi nella propria inadeguatezza, additandola come simbolo della fase di ricostruzione, manco fosse una necessità sociale da adempiere obbligatoriamente, come sostenuto a sproposito da Del Neri, non può e non deve rappresentare l’antidoto ad un avvio di stagione impietoso. Il peggiore degli ultimi ventotto anni, riportando la memoria a quando la “Panda” conquistava la galassia automobilistica Fiat e la “Lira” era uno strumento sul quale poter ancora fare affidamento. Un predisposizione alla mediocrità spinta, quella denunciata nelle prime giornate, tale far tirare un sospiro di sollievo persino ai vari Gigi Maifredi, Ranieri e Ciro Ferrara, passati alla storia per la capacità di stabilire nuovi primati negativi nell’ultracentenaria storia della società piemontese. Al netto di una attesa più simile ad un parto, a corredo di doglie e smagliature, e non ad una fioritura dopo la semina, l’attuale situazione della Juventus concede ampi margini operativi al neo presidente Agnelli. Da tempo attratto, nel rispetto di una riservatezza consona ad uno spirito sabaudo, seppur addolcito nella forma da brevi periodi trascorsi negli Stati uniti d’America, dalla possibilità di riportare in società Luciano Moggi. Sempre attento alle vicende bianconere, persino coinvolto in alcune operazioni di mercato all’epoca di Alessio Secco, seppur con una serie di suggerimenti spesso e volentieri mal recepito dall’allievo eclissatosi all’ombra del proprio maestro, Moggi risponderebbe all’identikit ideale tracciato dalla nuova proprietà per rispondere ad una duplice esigenza.

Risollevare e metabolizzare i vagiti di un ambiente immalinconito in un corale attestato di stima nei confronti dell’operato del nuovo presidente, Andrea Agnelli, sconcertato dal crollo verticale di abbonamenti, non registrato nemmeno nell’anomala annata in cadetteria, e garantire serietà e rilancio ad un progetto di fatto mai decollato. La presenza di Beppe Marotta, non sarebbe peraltro di ostacolo all’insediamento dell’ex direttore generale. Il quale, complici alcune disavventure giudiziarie ancora in essere, potrebbe acquisire formalmente un ruolo di contorno, come ad esempio quello di vice presidente, o magari esser nominato nella rosa ristretta del Cda. La funzione di Marotta, verrebbe così pian piano erosa, sino ad un esautoramento, preludio alla scadenza dell’accordo contrattuale. Il passaggio di consegne, privatamente già ipotizzato, non avrebbe nemmeno bisogno di particolari congetture fra le parti. In ragione di una stima reciproca fra le parti e di una cospicua fetta i interessi, anche economici, ancora appetiti da Don Luciano. La presenza del figlio di Giraudo all’interno della società, come se non bastasse, parrebbe confermare, in controtendenza con le mosse della precedente gestione, un riavvicinamento alla politica inaugurata da Umberto e Gianni Agnelli.

Una politica gestionale proiettata si al risparmio ed alla cura del bilancio, ma anche alla “certosina” scelta e selezione del capitale umano migliore sul quale investire. Nella Juventus di Moggi, questo è certo, i vari Pepe, Motta e De Ceglie, per non parlare di Lanzafame e di tanti altri modesti interpreti di un mercato si ricco di quantità, quanto assai povero di qualità. In parte retaggio dei vari scempi commessi nelle precedenti annate, come gli “aborti” Tiago e Jorge Andrade, calciatori acquisiti soltanto per schierare la società, debole ed ingenua, sotto la protezione, mai peraltro palesata, del potente procuratore Mendes. Senza dimenticare lo scempio dell’operazione Poulsen, pagato nove milioni a soli dodici mesi dalla fine del contratto con il Siviglia. Ma se, a partire da Aprile, prendesse slancio l’ipotesi Moggi…


CHI E' ALVISE CAGNAZZO - Giornalista, autore e conduttore televisivo. Vincitore del premio "Miglior giornalista di Puglia" sezione carta stampata - sport, istituito dall'Ordine dei giornalisti. Diventando il primo giornalista non pugliese, oltre che il più giovane, a riceverlo. Collabora con Carlo Nesti, www.carlonesti.it , per il quale è editorialista della rubrica "Punti di vista", sorta dalle ceneri della "Scheda del lunedì".
E' conduttore, oltre ad esserne autore, del popolare programma televisivo "Parliamo di calcio", in onda su Rtg Puglia in prima serata. Collabora con il giornale "Puglia".
E' firma di Calcio2000, mensile nazionale ed internazionale, diffuso in trentadue paesi stranieri, fondato da Marino Bartoletti.